di Patrizia Lattarulo e Alessandra Scerbo
Dopo un decennio di austerity, che ha impoverito le amministrazioni locali, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha richiesto un considerevole aumento della loro capacità di investimento. Fin dall’inizio, i timori sull’impreparazione degli enti locali sono stati confermati da una scarsa adesione ai bandi competitivi emanati per selezionare i progetti e dal mancato esaurimento dei plafond disponibili, con conseguenti proroghe o riaperture dei termini. Il caso emblematico è stato quello del bando per gli asili nido (vedi qui e qui), ma difficoltà simili, come riportato nel dossier Anci, sono emerse in altre linee di investimento.
Il tema delle scelte e soprattutto delle rinunce delle amministrazioni di fronte a questa opportunità è cruciale, tanto più che proprio le realtà che più ne avrebbero bisogno rischiano di non assorbire i finanziamenti necessari. Emerge, così, un potenziale trade-off tra equità ed efficienza nell’allocazione dei fondi Pnrr, nonché il rischio di ampliare i divari territoriali e le contraddizioni tra interventi straordinari e gestione ordinaria.
I bandi per le infrastrutture scolastiche
Gli investimenti nell’istruzione sono fondamentali per l’equità e lo sviluppo economico e a essi il Pnrr dedica non poche risorse. Nella assegnazione dei fondi alle amministrazioni locali, il ministero dell’Istruzione ha fatto ricorso ai bandi competitivi articolati in cinque linee di investimento. Solo il 40,93 per cento dei comuni ha presentato almeno un progetto per uno di questi bandi: il 21,50 per cento ha proposto un solo progetto e il 19,43 per cento ha preso parte alla competizione con più di una domanda.
Quanto pesano i vincoli di bilancio
L’analisi della partecipazione dei comuni ai bandi offre una prospettiva interessante su quali aspetti abbiano incentivato o scoraggiato le amministrazioni locali dal cogliere questa opportunità. Uno studio (in “Rapporto sulla finanza territoriale 2024”, in corso di stampa) ha indagato quali caratteristiche dei comuni possono aver inciso sulla probabilità di presentare o meno domanda ai bandi.
Tra i vari elementi considerati, sono i vincoli di bilancio a condizionare di più l’adesione ai bandi. La difficoltà di finanziarsi con risorse provenienti dal proprio territorio offre ai comuni minori spazi di flessibilità anche negli investimenti, riducendo la partecipazione ai bandi. Analogamente, nei comuni dove gran parte del bilancio è destinata a spese obbligatorie, come stipendi e interessi, la partecipazione ai bandi è più bassa. In definitiva, dunque, laddove il bilancio – e le risorse provenienti dai territori – non consente spazi finanziari per la futura gestione, i comuni tendono a essere più restii a impegnarsi in nuovi progetti, poiché temono di non poter sostenere nuovi costi legati ai servizi. L’incertezza finanziaria, alimentata anche dalle prospettive di future spending review, li rende meno propensi ad attivare nuovi servizi nell’insicurezza di poter un domani mantenere l’offerta. Sono le aree più fragili e con minori disponibilità di risorse provenienti dai propri territori a soffrire maggiormente di questi condizionamenti.
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Dopo un decennio di austerity, che ha impoverito le amministrazioni locali, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha richiesto un considerevole aumento della loro capacità di investimento. Fin dall’inizio, i timori sull’impreparazione degli enti locali sono stati confermati da una scarsa adesione ai bandi competitivi emanati per selezionare i progetti e dal mancato esaurimento dei plafond disponibili, con conseguenti proroghe o riaperture dei termini. Il caso emblematico è stato quello del bando per gli asili nido (vedi qui e qui), ma difficoltà simili, come riportato nel dossier Anci, sono emerse in altre linee di investimento.
Il tema delle scelte e soprattutto delle rinunce delle amministrazioni di fronte a questa opportunità è cruciale, tanto più che proprio le realtà che più ne avrebbero bisogno rischiano di non assorbire i finanziamenti necessari. Emerge, così, un potenziale trade-off tra equità ed efficienza nell’allocazione dei fondi Pnrr, nonché il rischio di ampliare i divari territoriali e le contraddizioni tra interventi straordinari e gestione ordinaria.
I bandi per le infrastrutture scolastiche
Gli investimenti nell’istruzione sono fondamentali per l’equità e lo sviluppo economico e a essi il Pnrr dedica non poche risorse. Nella assegnazione dei fondi alle amministrazioni locali, il ministero dell’Istruzione ha fatto ricorso ai bandi competitivi articolati in cinque linee di investimento. Solo il 40,93 per cento dei comuni ha presentato almeno un progetto per uno di questi bandi: il 21,50 per cento ha proposto un solo progetto e il 19,43 per cento ha preso parte alla competizione con più di una domanda.
Quanto pesano i vincoli di bilancio
L’analisi della partecipazione dei comuni ai bandi offre una prospettiva interessante su quali aspetti abbiano incentivato o scoraggiato le amministrazioni locali dal cogliere questa opportunità. Uno studio (in “Rapporto sulla finanza territoriale 2024”, in corso di stampa) ha indagato quali caratteristiche dei comuni possono aver inciso sulla probabilità di presentare o meno domanda ai bandi.
Tra i vari elementi considerati, sono i vincoli di bilancio a condizionare di più l’adesione ai bandi. La difficoltà di finanziarsi con risorse provenienti dal proprio territorio offre ai comuni minori spazi di flessibilità anche negli investimenti, riducendo la partecipazione ai bandi. Analogamente, nei comuni dove gran parte del bilancio è destinata a spese obbligatorie, come stipendi e interessi, la partecipazione ai bandi è più bassa. In definitiva, dunque, laddove il bilancio – e le risorse provenienti dai territori – non consente spazi finanziari per la futura gestione, i comuni tendono a essere più restii a impegnarsi in nuovi progetti, poiché temono di non poter sostenere nuovi costi legati ai servizi. L’incertezza finanziaria, alimentata anche dalle prospettive di future spending review, li rende meno propensi ad attivare nuovi servizi nell’insicurezza di poter un domani mantenere l’offerta. Sono le aree più fragili e con minori disponibilità di risorse provenienti dai propri territori a soffrire maggiormente di questi condizionamenti.
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