di Mattia Merasti
Il 2 aprile il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato nel Giardino delle Rose la proposta sui dazi nei confronti degli altri paesi. Nell’annuncio, Trump ha parlato di "giorno della liberazione" che avrebbe reso l’America di nuovo grande. Il piano prevede un 10 per cento di dazi sui prodotti importati da tutto il mondo, con percentuali più elevate per i paesi che Trump definisce “worst offenders" ("i trasgressori più gravi"). In un primo momento c’è stato un calo netto delle borse, accompagnato da preoccupazioni diffuse per l’andamento dell’economia mondiale.
Gli altri paesi hanno risposto alle misure imposte dall’amministrazione Trump in maniera eterogenea. La Cina, che aveva già annunciato un’alleanza strategica con Giappone e Corea del Sud per limitare i danni, a sua volta ha risposto con dazi contro i prodotti statunitensi e ha vietato le esportazioni di diversi materiali fondamentali per l’industria. Il Giappone, invece, ha sollevato l’incompatibilità tra le mosse di Trump e le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto). Anche l’Europa si è mossa, anche se in maniera meno aggressiva e in ritardo, varando un pacchetto contro i dazi su Alluminio e Acciaio di metà marzo. La speranza che circola a Bruxelles è che si possa scendere a un compromesso con l’amministrazione Trump per evitare una guerra commerciale.
Il 9 aprile, però, Trump ha dichiarato una pausa di 90 giorni sui dazi specifici, mantenendo quindi i dazi al 10 per cento per tutti. Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, oltre 70 paesi avrebbero cercato di mettersi in contatto per trattare ed evitare una guerra commerciale, anche se la Casa Bianca si è rifiutata di fornire la lista.
Un discorso differente vale per la Cina. Trump ha infatti dichiarato che i dazi imposti sui prodotti provenienti dalla Cina saranno aumentati raggiungendo il 145 per cento, mentre Pechino ha risposto aumentandoli all’84 per cento.
La tragicomica storia dei dazi di Trump
Partiamo dall’evento principale, l’annuncio da parte di Trump dell’imposizione di dazi sui prodotti provenienti da ogni parte del globo. Mentre parlava, il Presidente degli Stati Uniti ha esposto un cartellone che rappresentava, oltre ai dazi imposti dalla sua amministrazione, dei fantomatici dazi reciproci che gli altri paesi imporrebbero sulle merci americane. In un primo momento, si era supposto che questi dazi reciproci fossero calcolati in base a costi, come la regolamentazione, che avrebbero pesato sull’export americano. Quello che invece è emerso da una nota della Casa Bianca offre un quadro ben meno edificante, nonostante ciò sia celato da fantomatici marchingegni matematici.
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