di Ginevra Leganza
Fra prompt engineering e atenei che guardano alla filosofia dell’IA, la tecnologia bussa oggi alle porte del pensiero. E lo fa in virtù del suo essere disruptive – dirompente, sconvolgente, capace di segnare un “prima” e un “dopo”. In questo senso sistemi come ChatGpt incarnano appieno il senso del disruptive, tracciando un solco nel campo dell’innovazione tecnologica.
Ma ChatGpt è pure il frutto di un miglioramento continuo che chiama in causa anzitutto l’umano. E quello che ci sembra un sistema onnisciente è invero un sistema complesso.
“L’Intelligenza artificiale è un lavoro da filosofi”, scrive Marco Consoli sul Venerdì di Repubblica. E se da secoli ci si domanda se il filosofo debba interpretare ovvero modificare la realtà, ecco che oggi, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, quasi ne veniamo a capo. Giacché è tempo di costruirlo, il mondo, e non più di interpretarlo o cambiarlo.
Ma ChatGpt è pure il frutto di un miglioramento continuo che chiama in causa anzitutto l’umano. E quello che ci sembra un sistema onnisciente è invero un sistema complesso.
“L’Intelligenza artificiale è un lavoro da filosofi”, scrive Marco Consoli sul Venerdì di Repubblica. E se da secoli ci si domanda se il filosofo debba interpretare ovvero modificare la realtà, ecco che oggi, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, quasi ne veniamo a capo. Giacché è tempo di costruirlo, il mondo, e non più di interpretarlo o cambiarlo.
Ma facciamo un passo indietro. ChatGpt scrive – o meglio, chatta – come noi. Creando la stessa magica illusione di un pappagallo che risponda alle nostre sollecitazioni (gli esperti definiscono la Chat “complesso di pappagalli stocastici”). In buona sostanza, la Chat non ragiona. È piuttosto un modello basato sull’apprendimento automatico sviluppato da OpenAI, dove Gpt sta per Generative Pre-trained Transformer. È una chat perfettibile, potremmo dire, che si tempra e migliora nella prestazione grazie a un allenamento continuo sinora condotto da operatori di stati anglofoni africani - come riporta il Corriere della Sera - sottopagati e incaricati di trasferire le proprie conoscenze al sistema interagendo con esso e aumentando la mole di conoscenze della Chat. Chat che risponderà ai nostri dubbi esistenziali sulla base di un veloce e quanto più possibile accurato calcolo statistico delle conoscenze acquisite.
Ed è già evidente, a giudicare dal retroscena di un sì potente sistema, quanto l’umano sia da sempre cruciale e quanto la Chat non sia un Jinn venuto fuori dal computer come da una lampada stregata.
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