Anno X - Numero 10
Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro.
Luis Sepulveda

giovedì 13 marzo 2025

Difesa europea: tra ambizioni politiche e vincoli giuridici

L’Unione europea è davvero pronta per assumere una responsabilità diretta sulla propria sicurezza o resterà prigioniera delle logiche intergovernative? Il vero banco di prova sarà la risposta del Consiglio europeo

di Mauro Varotto

L’annuncio del piano “ReArm Europe” e la lettera inviata dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ai governi degli Stati membri segnano un passaggio cruciale nella costruzione della difesa europea. Per la prima volta, Bruxelles propone un piano che potrebbe mobilitare fino a 800 miliardi di euro per rafforzare la capacità militare degli Stati membri, sostenere l’Ucraina e aumentare l’autonomia strategica dell’Ue.
Questo passo nasce dalla drammatica congiuntura geopolitica: il prolungarsi della guerra in Ucraina e il mutato atteggiamento della nuova amministrazione statunitense guidata da Donald Trump hanno reso evidente la necessità per l’Europa di assumersi una responsabilità diretta nella propria sicurezza. Tuttavia, la scelta di una lettera ai governi nazionali, anziché una comunicazione ufficiale della Commissione, solleva questioni rilevanti dal punto di vista giuridico e istituzionale.

Il quadro giuridico: quali poteri per la Presidente della Commissione?
La difesa europea si muove in un contesto giuridico ibrido, in cui le competenze sono divise tra l’Unione europea e gli Stati membri. Il Trattato sull’Unione Europea (TUE) attribuisce alla Commissione un ruolo centrale nella governance comunitaria, ma con limiti ben definiti in materia di sicurezza e difesa.

L’articolo 17 TUE stabilisce che la Commissione ha il monopolio dell’iniziativa legislativa, ma la Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) rientra in un quadro intergovernativo, disciplinato dagli articoli 42-46 TUE, che assegna un ruolo primario al Consiglio europeo e agli Stati membri. In particolare:
  • l’articolo 42 TUE prevede la graduale definizione di una politica di difesa comune, subordinata a una decisione unanime del Consiglio europeo;
  • l’articolo 42.7 TUE stabilisce un principio di mutua assistenza tra Stati membri in caso di aggressione armata, ma la sua applicazione resta soggetta alle volontà nazionali;
  • l’articolo 46 TUE introduce la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), uno strumento che consente a gruppi di Stati membri di sviluppare progetti comuni nel settore della difesa.
Questi elementi evidenziano come la Commissione non abbia un ruolo diretto nella politica di difesa comune, limitandosi a fornire supporto finanziario e industriale attraverso strumenti come il Fondo europeo per la difesa.

Perché una lettera e non una comunicazione della Commissione?
L’iniziativa della Presidente von der Leyen si colloca in una zona grigia tra il metodo comunitario e il metodo intergovernativo. Se la Commissione avesse adottato una comunicazione formale, avrebbe rischiato di essere percepita come un’ingerenza in un settore dominato dagli Stati membri.

La scelta della lettera risponde, quindi, a tre esigenze principali:
  • riconoscere la natura intergovernativa della difesa europea. Gli Stati membri mantengono il controllo su tutte le decisioni relative alla difesa. Un atto più formale della Commissione avrebbe potuto innescare resistenze politiche;
  • costruire un consenso politico prima di un’iniziativa formale. La Commissione sta preparando un Libro Bianco sulla Difesa Europea, atteso entro il primo trimestre del 2025, che analizzerà cosa manca per arrivare a una difesa comune. La lettera serve quindi come primo passo per sondare il terreno politico.
  • gestire il contesto geopolitico e le relazioni transatlantiche. Il cambiamento nella politica estera degli Stati Uniti e la crescente instabilità alle frontiere dell’UE impongono una risposta rapida e coordinata.
Quali implicazioni per la governance dell’Unione?
La scelta della lettera mette in luce la fragilità istituzionale della difesa europea. Da un lato, la Commissione tenta di giocare un ruolo più incisivo, dall’altro gli Stati membri mantengono il controllo sulle scelte strategiche. Questo solleva una questione cruciale: l’attuale architettura giuridica dell’UE è sufficiente per gestire le nuove sfide della sicurezza?

Se il Consiglio europeo accoglierà positivamente l’iniziativa, si apriranno diverse possibilità di evoluzione della governance della difesa:
  • maggiore utilizzo del bilancio UE per il finanziamento della difesa, superando le attuali restrizioni;
  • ampliamento del ruolo della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per sostenere il settore della difesa;
  • revisione dei criteri del Patto di Stabilità e Crescita, per consentire agli Stati membri di aumentare la spesa militare senza incorrere in sanzioni;
  • riforma dei Trattati per dare all’UE una vera politica di difesa comune, passando dal metodo intergovernativo al metodo comunitario.
Conclusioni: una svolta o un compromesso temporaneo?
L’iniziativa della Presidente von der Leyen rappresenta un passo significativo verso un’autonomia strategica europea, ma senza una chiara revisione dei meccanismi istituzionali, rischia di rimanere un’azione emergenziale. La difesa europea è ancora fortemente dipendente dalla volontà politica degli Stati membri e dalle dinamiche transatlantiche.

Il vero banco di prova sarà la risposta del Consiglio europeo: se i governi nazionali accoglieranno l’iniziativa e sosterranno un maggiore coinvolgimento dell’UE nella difesa, potremmo trovarci di fronte all’inizio di una nuova era per la sicurezza europea. In caso contrario, la lettera rischia di rimanere un episodio isolato, senza reali conseguenze sulla costruzione di una difesa comune.

La domanda fondamentale resta quindi aperta: l’Unione europea è pronta per assumere una responsabilità diretta sulla propria sicurezza o resterà prigioniera delle logiche intergovernative?

Mauro Varotto per Fare lEuropa

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