Anno X - Numero 9
Libero è colui che è coraggioso.
Seneca

venerdì 7 marzo 2025

Erri De Luca: «Il coraggio di cambiare»

Nel panorama culturale e civile italiano, Erri De Luca rappresenta una figura di riferimento per la sua capacità di coniugare l’impegno letterario con la lotta per i diritti umani, la giustizia sociale e la pace. La sua voce, sempre critica e profonda, ha saputo attraversare i temi più urgenti della nostra epoca: dalla guerra alla discriminazione, dalla questione migratoria alla crisi ambientale.

di Lucia Montanaro

Quando le domande diventano più urgenti, sento la necessità di ascoltare una voce autorevole, quella di un uomo di grande esperienza e integrità, che con il suo impegno e la sua sensibilità è riuscito a toccare le corde più profonde della nostra coscienza collettiva. Per questo, ho scelto di intervistare Erri De Luca, una persona per cui nutro grande stima.
In questa intervista, De Luca ci offre le sue riflessioni su temi che riguardano il nostro presente e il futuro del nostro mondo: dalle guerre alle disuguaglianze sociali, passando per la protezione dell’ambiente e la solidarietà. Le sue parole ci invitano a guardare con speranza al futuro, impegnandoci a costruire una società più giusta e sostenibile.

La guerra in Ucraina ha avuto un impatto devastante, sia a livello umano che politico, con migliaia di persone costrette a fuggire, tra cui molti bambini e donne. Lei ha sempre criticato le guerre, parlando di “violenza inutile”. Cosa pensa del ruolo dell’Europa in questo conflitto? È possibile un’uscita pacifica da una situazione tanto complessa?

Con l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, l’Europa ha avuto un sussulto e una reazione unitaria. L’immediata accoglienza di milioni di profughi e poi il sostegno allo sforzo bellico dell’Ucraina hanno riunito le componenti continentali dell’Europa, Gran Bretagna compresa. La reazione che non c’era stata quando la Russia si era annessa la Crimea stavolta si è manifestata immediatamente, perché costituisce un pericolo grave oltre che un ritorno al 1900. Detto questo, le guerre finiscono tutte e pure questa avrà un suo termine, probabilmente provvisorio come un cessate il fuoco. La nuova presidenza americana è un buon pretesto per le due parti in guerra, esauste dallo sforzo.

I migranti, specialmente quelli che arrivano dalle zone di guerra, sono tra i gruppi più vulnerabili della nostra società. Come vede la crescente discriminazione nei confronti dei migranti in Europa, soprattutto alla luce delle politiche di chiusura delle frontiere? È possibile una vera inclusione o la paura dell’altro continuerà a dominare?

I migranti sono in condizione di estrema necessità, altrimenti non attraverserebbero gli innumerevoli pericoli di viaggi allo sbaraglio. Ma proprio per questo non sono deboli. Non se lo possono permettere: i deboli restano a casa o subiscono la decimazione imposta dagli sbarramenti e dagli ostacoli opposti dai governi. Questi sbarramenti non possono fermare i flussi migratori e infatti riescono solo a omettere soccorsi e favorire naufragi, infamie miserabili ma incapaci di contenimento. Quanto alle paure, esse sono artificiali, gonfiate, ma utili a suscitare sentimenti di ostilità. Sentimenti, non ragioni, come appunto sono le paure. Continueranno a specularci sopra le destre e le imitazioni delle destre, mentre le nazioni approfittano di manodopera a buon mercato disposta ai sacrifici di ogni emigrazione.

La sua lunga carriera è segnata dall’impegno per i diritti umani e la giustizia sociale. Oggi, però, ci troviamo in un contesto dove la disuguaglianza sociale cresce e i diritti delle persone più vulnerabili sono spesso ignorati. Come possiamo, secondo lei, riaccendere la lotta per la giustizia sociale in un’epoca in cui sembra prevalere l’indifferenza?

L’indifferenza è una prima forma di difesa di fronte al malanno altrui, ma è solo un primo tempo. Poi c’è il secondo tempo di chi rompe le fila degli inerti e fa qualcosa per il prossimo in disgrazia. Questi due tempi esistono nel comportamento di ognuno. La politica vuole congelare il primo tempo, quello dell’indifferenza, ma quando si manifesta il secondo tempo della fraternità, del mutuo soccorso, ecco che si ritrova il cittadino e la società, che fino a un momento prima era un passante distratto.

Lei è stato sempre un grande sostenitore delle lotte pacifiste e della resistenza contro la guerra. Qual è la sua opinione sull’attuale movimento pacifista in Italia e in Europa? Pensa che oggi, nel contesto delle guerre e delle tensioni geopolitiche, ci siano ancora spazi per costruire una cultura della pace?

Mi tocca smentire: non posso dichiararmi pacifista, perché credo al diritto di un popolo di insorgere contro un’invasione e contro una tirannia. La mia gioventù politica si è battuta al fianco del Vietnam contro l’occupazione militare americana. Si andava a protestare davanti alle ambasciate e ai consolati di quel paese invasore. Non ho visto manifestazioni contro le ambasciate russe. Allora, essere neutrali di fronte alle disparità di forze e di ragioni comporta un’equidistanza che favorisce l’aggressore.

La crisi ambientale e climatica richiede una trasformazione urgente dei nostri modelli di sviluppo. Quali azioni concrete possiamo adottare, sia a livello individuale che collettivo, per accelerare la transizione verso un futuro più sostenibile ed equo?

I governi del mondo in questo momento stanno agendo ritardando o negando la necessaria transizione ad altre forme di fornitura energetica. Sono così spaventati dalle conseguenze della crisi climatica da rifugiarsi nella prolunga di un passato scaduto. Ma il futuro è inesorabilmente quello che stanno negando e ritardando. Perciò intravedo dietro questo passo indietro la catapulta di uno slancio in avanti.

Lei ha più volte sottolineato l’importanza della solidarietà. In che misurala solidarietà può diventare una risposta concreta alle difficoltà che attraversiamo oggi? Come possiamo coltivare un senso di comunità che vada oltre le frontiere e le divisioni sociali?

La solidarietà, il volontariato, la prestazione gratuita di competenze costituiscono la vera economia e la manifestazione di una società irriducibile alla partita doppia dare/avere. Il cosiddetto PIL non si accorge nemmeno della potenza economica e sociale della fraternità. Questo paese si regge sui milioni di cittadini donatori di tempo e di sostegno.

La sua riflessione sui temi che riguardano la pace, la giustizia sociale e l’ambiente continua ad essere una fonte di ispirazione per molti. Quale messaggio finale si sente di dare alle nuove generazioni, che si trovano a confrontarsi con le sfide globali di oggi?

I giovanissimi di oggi sono sensibili e informati, accumulano competenze e sono già dissociati dall’andazzo del potere adulto. Sono ancora minoranza di loro stessi, ma con potere di contagio a catena. Non spetta a me dare un messaggio a loro, ma a loro dimostrare la possibile confutazione dello stato delle cose attuali e prefigurare il futuro che appartiene a loro. Immagino che le future generazioni considereranno il tempo presente il più barbaro della storia umana.

Desidero ringraziare sinceramente Erri De Luca per aver condiviso con noi la sua riflessione su temi così urgenti e cruciali. Le sue parole, sempre profonde e lucide, ci invitano a non voltare le spalle alle sfide del nostro tempo, ma a impegnarci per un cambiamento positivo. Il suo impegno, sia nella scrittura che nella vita, è una fonte di ispirazione per tutti noi. Un sentito grazie per il tempo dedicato e per la sua visione, che continuerà ad alimentare il nostro impegno e le nostre speranze.

Lucia Montanaro per Pressenza

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