Anno X - Numero 10
Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro.
Luis Sepulveda

giovedì 13 marzo 2025

Il piano di riarmo europeo di fronte a un nuovo ordine mondiale

Il ReArm Europe Plan è concepito soprattutto per gli europei che vivono in paesi confinanti con la Russia e che si sentono minacciati. Non costringe l’Italia, la Spagna o altri paesi lontani dal Fianco Est a riarmarsi e a far debito “per la guerra”, piuttosto dà agli Stati membri che ne avvertono l’urgenza strategica l’opportunità di rafforzarsi militarmente in modo più efficace, ampio e celere

di Gabriele Catania

La dottrina Trump – miscela di isolazionismo, dichiarazioni neoimperialiste, minacce contro gli alleati della Nato, disprezzo per le norme del diritto internazionale e l’Ucraina aggredita, elogi delle dittature eurasiatiche e protezionismo – è riuscita ad atterrire le cancellerie europee più dell’invasione russa del 2022. Come ha scritto Paolo Gentiloni sulla Repubblica del 10 marzo, “[l’]Europa s’è desta, almeno un poco”.

Sembra aver mutato atteggiamento persino la Spagna, che da anni tiene sotto ferreo controllo le spese militari. Nel 2023 Madrid ha dedicato alla difesa un budget pari ad appena l’1,19% del PIL (e l’1,28% nel 2024); recentemente però ha annunciato un’accelerazione nell’aumento delle spese militari. L’obiettivo ora è arrivare a un budget per la difesa pari al 2% del PIL prima del 2029. Di fronte a una platea di militanti galiziani il capo del governo, il socialista Pedro Sánchez, ha dichiarato: “La Spagna deve difendere l'Europa affinché l’Europa possa difendersi da sola”.

Di fronte al disimpegno statunitense dall’Europa, la classe dirigente europea cerca insomma di correre ai ripari (come tentò di fare all’inizio degli anni ’50 con la Ced, di fronte a una Urss staliniana sempre più aggressiva e al divampare della guerra in Corea). Il ReArm Europe Plan proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen il 4 marzo ne è forse l’esempio più cospicuo.
Il piano von der Leyen

Il piano è strutturato in cinque parti. La prima consiste “nel liberare l’uso dei finanziamenti pubblici per la difesa a livello nazionale. Gli Stati membri sono pronti a investire di più nella propria sicurezza se hanno lo spazio fiscale necessario […] Per questo motivo proporremo a breve di attivare la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità e crescita. Essa consentirà agli Stati membri di aumentare in modo significativo le spese per la difesa senza far scattare la procedura per i disavanzi eccessivi”. Si vorrebbe consentire agli Stati membri di allocare un ulteriore 1,5% del PIL in difesa senza rischiare di far scattare una procedura per deficit eccessivo. Quasi 650 miliardi di euro per un lasso di tempo di quattro anni.

La seconda parte del piano punta a fornire “150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nel settore della difesa. Si tratta fondamentalmente di spendere meglio – e di spendere insieme. Stiamo parlando di capability domains paneuropei: ad esempio la difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, i missili e le munizioni, i droni e i sistemi anti-drone, ma anche altre esigenze, come la cibernetica e la mobilità militare. Aiuterà gli Stati membri a mettere in comune la domanda e ad acquistare insieme”. Questo permetterà peraltro di fornire più armi ed equipaggiamenti all’Ucraina aggredita dalla Russia, in una fase della guerra segnata dall'inaffidabilità del sostegno militare statunitense. Secondo Ursula von der Leyen, “[t]ale approccio di approvvigionamento congiunto ridurrà anche i costi e la frammentazione, aumenterà l'interoperabilità e rafforzerà la nostra base industriale di difesa. E può andare a vantaggio dell’Ucraina”.

La terza parte riguarda “l’utilizzo del potere del bilancio della Ue”. Secondo la presidente della Commissione si può fare molto “in questo campo nel breve termine per indirizzare più fondi verso gli investimenti nel settore della difesa […] [P]roporremo ulteriori possibilità e incentivi per gli Stati membri che decideranno, se vogliono utilizzare i programmi della politica di coesione, di aumentare la spesa per la difesa”. Le ultime due parti del Piano vogliono invece “mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione del risparmio e degli investimenti e attraverso la Banca europea per gli investimenti”.

Il ReArm Europe Plan è stato approvato informalmente il 6 marzo dai capi di Stato e governo nel corso di una riunione straordinaria del Consiglio europeo a Bruxelles, ma dovrà ricevere il via libera ufficiale tra il 20 e il 21 marzo, all’unanimità (e la cosa non è scontata). Come è stato osservato dal sito di informazione Politico, il piano per certi aspetti è simile al Next Generation EU; tuttavia a differenza del primo questo non comporta sovvenzioni, ma solo prestiti. No free money, niente soldi gratis.

Il piano potrebbe diventare una pietra miliare nella storia dell’integrazione europea. Si colloca nel solco della Commissione “geopolitica” che Ursula von der Leyen ha cercato di costruire in questi anni con alterne fortune: non a caso lei è la prima ad aver nominato un commissario per la difesa e per lo spazio, il lituano Andrius Kubilius. In ogni caso il ReArm Europe Plan non è stato accolto da un consenso unanime, specie in alcuni paesi della Ue.

Ha generato perplessità, ad esempio, l’assenza di coinvolgimento del Parlamento europeo. Infatti solo l’11 marzo la presidente della Commissione europea è intervenuta alla plenaria dell’Eurocamera, citando Alcide De Gasperi (strenuo sostenitore della Ced) e ottenendo un sostegno cauto da un’aula divisa [nda, il 12 marzo il Parlamento europeo ha votato a favore del Libro Bianco sul futuro della difesa europea, testo con alcuni passaggi di approvazione del ReArm Europe Plan, con 419 voti a favore, 204 contrari e 46 astenuti: il PD si è diviso mentre FdI e Forza Italia hanno votato a favore].

La domanda sorge, come si suol dire, spontanea: di fronte alla peggiore crisi geopolitica europea dal 1945, perché un coinvolgimento così tardivo del Parlamento europeo, cioè l’istituzione che rappresenta tutti i popoli dell’Unione, nonché l’unica a essere eletta direttamente dagli stessi? Non solo perché a pagare il conto saranno – naturalmente – i cittadini europei, ma perché la difesa è materia delicatissima, che va al cuore del concetto stesso di sovranità (e la sovranità, in una democrazia, appartiene al popolo, seppure entro certi limiti).

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