Anno X - Numero 10
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Luis Sepulveda

mercoledì 12 marzo 2025

Bulgaria: Sofia punta all’euro

Il nuovo governo bulgaro ha rilanciato un rapido ingresso nell’eurozona come priorità strategica per il paese: Sofia rispetta i criteri formali, ma per esperti ed opinione pubblica l’adozione dell’euro resta una questione controversa

di Francesco Martino*

Dopo un significativo rallentamento dovuto alla continua instabilità politica del paese negli ultimi anni, con l’insediamento del nuovo governo la Bulgaria ha nuovamente indicato l’ingresso nell’eurozona come una delle sue priorità strategiche.

«L’adesione della Bulgaria all’eurozona è una priorità fondamentale del nuovo governo, su cui stiamo facendo un grosso lavoro insieme con i nostri partner della Commissione europea», ha dichiarato il nuovo primo ministro Rosen Zhelyazkov poco dopo il suo insediamento il 16 gennaio.

Zhelyazkov, ex presidente del parlamento e figura di spicco del movimento di centrodestra Gerb, guida un esecutivo sostenuto da una coalizione eterogenea, emersa con difficoltà dopo le elezioni dell’ottobre 2024.
La nuova maggioranza, formata da Gerb, dal Partito socialista bulgaro e dal movimento populista “C’è un popolo così”, è frutto della necessità di garantire un governo e porre fine, almeno per ora, all’instabilità politica che nell’arco di quattro anni ha portato la Bulgaria a sei elezioni anticipate.

Com’era prevedibile, l’adesione della Bulgaria all’eurozona è finita in cima alle priorità dell’accordo politico firmato dai partner della nuova maggioranza. Come tutti i paesi dell’Ue che non ne fanno ancora parte (a eccezione della Danimarca), anche la Bulgaria si è impegnata a introdurre l’euro quando le condizioni economiche lo permetteranno.

Tra tutti i paesi dell’Unione europea che ancora utilizzano la propria moneta nazionale, la Bulgaria è quello che ha perseguito l’obiettivo dell’ingresso nell’euro con maggiore costanza. È l’unico a fare attualmente parte del meccanismo Erm II (da luglio 2020), che ha lo scopo di stabilizzare i tassi di cambio ed è uno dei criteri di convergenza per l’ingresso nell’eurozona.

Tuttavia, chi si aspettava che il governo, forse incoraggiato dalla recente ammissione della Bulgaria nell’area Schengen, avrebbe approfittato degli ultimi dati macroeconomici per spingere immediatamente sull’adozione dell’euro, è rimasto almeno in parte deluso.

Nella sua prima intervista pubblica, la ministra delle finanze Temenuzhka Petkova ha smorzato l’entusiasmo di chi voleva che Sofia chiedesse subito, in via eccezionale, alla Banca centrale europea un rapporto sulla convergenza – cioè la valutazione necessaria per certificare che il paese è pronto a diventare il ventunesimo membro del “club dell’euro”.

Petkova ha dichiarato di nutrire ancora grandi speranze che la Bulgaria adotti l'euro l’1 gennaio 2026, ma ha aggiunto che il governo chiederà il parere della Bce solo dopo aver presentato il bilancio del 2025, cosa che dovrebbe avvenire non prima del 18 febbraio.

«Spero che si tratti solo di un breve rallentamento e che il rapporto venga richiesta entro le prossime settimane», ha dichiarato Daniel Smilov, professore di scienze politiche all'Università Sv. Kliment Ohridski di Sofia e direttore del programma presso il Centro per le strategie liberali di Sofia.

«Questa esitazione è strana dal mio punto di vista, dato che Gerb ha sempre considerato l’ingresso nell’euro come una priorità centrale e strategica per il paese». Secondo Smilov, secondo cui la Bulgaria è pronta per la moneta unica, l’esitazione di Gerb potrebbe essere parte di un “teatrino politico” con il quale il partito sta cercando di mettere in cattiva luce la passata gestione delle finanze da parte del principale movimento di opposizione, il partito riformista “Continuiamo il cambiamento” (PP), e presentarsi così come l’entità politica fautrice del risanamento dei conti pubblici.

In un’intervista alla stampa, la ministra Petkova ha parlato di un buco di bilancio di 18 miliardi di lev (circa nove miliardi di euro) e ha dato la colpa all’ex ministro delle finanze del PP, Asen Vasilev.

Tuttavia, non tutti sono convinti che la Bulgaria sia davvero pronta per entrare nella zona euro. Secondo l’economista Garabed Minasian, dell’Istituto di ricerca economica di Sofia, l’adozione della moneta unica non è priva di rischi.

Secondo Minasian, sebbene gli indicatori macroeconomici rispettino ampiamente le condizioni per l’ingresso nell’eurozona, “la Bulgaria è ancora molto indietro in termini di grado di convergenza reale”. «Per esempio - ha detto Minasian - per il 2023, gli ultimi dati Eurostat disponibili, il Pil bulgaro è solo al 38,5 per cento del livello medio dell’Ue, e i prezzi sono solo al 59,2 per cento della media europea».

Questi indicatori, conclude Minasian, mostrano che la Bulgaria «non ha ancora raggiunto un grado accettabile di convergenza reale con l’eurozona e non è pronta per l’adozione dell’euro».

Nel tentativo di agganciarsi alla moneta unica, al momento Sofia sembra sola. La Romania, che negli ultimi anni ha spesso proceduto in parallelo con la Bulgaria sulla via dell’integrazione europea, ha intrapreso una strada diversa sul capitolo euro.

Bucarest ha già posticipato diverse volte l’introduzione della moneta unica e gli analisti finanziari e bancari in Romania prevedono che il paese entrerà a far parte della zona euro nel 2035.

Secondo Valentin Lazea, capo economista della Banca nazionale di Romania, «non è il momento di discutere dell’euro, perché entro il 2027 non raggiungeremo il criterio del 3 per cento del Pil per il deficit di bilancio». All’inizio degli anni dieci del 2000, sostiene Lazea, il paese aveva il potenziale per aderire all’euro, ma questo potenziale è presto svanito a causa dell’aumento della spesa pubblica negli anni successivi, combinato con una mancanza di volontà politica da parte della classe dirigente rumena.

Nonostante l’impegno formale ad adottare la moneta unica, anche altri paesi dell’Europa centrale tentennano: in Repubblica Ceca, il governo, l’opposizione e l’opinione pubblica sono ora allineati contro l’adesione all’eurozona.

I sondaggi in Ungheria, invece, mostrano un atteggiamento molto positivo degli intervistati nei confronti dell’euro, ma l’indecisione del governo e le scarse prestazioni economiche impediscono al paese di considerare l’introduzione dell’euro una prospettiva praticabile.

I sostenitori di un rapido ingresso della Bulgaria nell’eurozona ritengono che, essendo il lev già ancorato all’euro (dopo essere stato ancorato al marco tedesco), l’adozione formale della moneta unica rappresenterebbe un passo senza particolari scosse, soprattutto in termini di inflazione.

I vantaggi attesi sono molti: meno rischi per gli investimenti, meno spese legate ai tassi di cambio, maggiore facilità di fare affari con i partner economici dell’eurozona.

«Con la moneta bulgara ancorata all’euro, il paese segue già le politiche dell’eurozona - sostiene Smilov - mentre con l’adozione della moneta unica, l’unica differenza significativa sarà la possibilità di partecipare anche al processo decisionale».

Le voci critiche sostengono invece che l’adozione dell’euro comporti un rischio di inflazione sostanziale e un ulteriore squilibrio tra le classi sociali, che in Bulgaria è già tra i più profondi dell’Unione europea.

L’ingresso nell’euro non è solo una questione economica, ma anche, ovviamente, politica. In un contesto internazionale sempre più instabile, e con la guerra in Ucraina sull’altra sponda del Mar Nero, una maggiore integrazione nel cuore dell’Unione europea è vista da molti come la migliore strategia in termini di sicurezza, sia economica che geopolitica.

L’idea è rafforzare la fragile stabilità del paese grazie all’entrata nell’eurozona, l’ultimo “club esclusivo” europeo da cui la Bulgaria è ancora tagliata fuori.

Non tutte le forze politiche condividono però questo obiettivo: i nazionalisti filorussi di “Rinascita” hanno messo la difesa del lev al centro di un’accesa battaglia politica. Nella primavera del 2023 il partito ha raccolto 590mila firme (delle 400mila richieste) per indire un referendum per rinviare l’ingresso nell’eurozona almeno fino al 2034.

La proposta di referendum è stata però successivamente annullata dal parlamento di Sofia, con la motivazione che il quesito era incostituzionale, perché non si può indire un referendum sulla rinuncia a un trattato internazionale di cui la Bulgaria è parte. “Rinascita”, oggi terzo partito in Bulgaria, ha annunciato proteste se il processo di adesione all’euro andrà avanti. Nel frattempo, la società bulgara, secondo i vari sondaggi effettuati sull’argomento, continua ad essere divisa a metà tra favorevoli e contrari all’euro.

Per Manisian, la divisione dipende dalle diverse aspettative economiche nei vari settori della società bulgara. «Gran parte della popolazione locale teme che l’inclusione affrettata del paese nell’eurozona porti a una convergenza accelerata dei prezzi e a un impoverimento generale», sostiene Minasian. «Un’altra parte della popolazione crede che l’ingresso nell’eurozona stabilizzerà e consoliderà il benessere materiale di cui gode. È principalmente da qui che deriva la spaccatura sul tema».

Per Smilov, tuttavia, le divisioni sono alimentate soprattutto da forze politiche che, come “Rinascita”, hanno tutto l’interesse a fomentare paure sostanzialmente infondate.

Nonostante questo andamento altalenante, Smilov afferma: «Credo che adottare la moneta unica sia la migliore delle strategie attualmente a nostra disposizione».

Francesco Martino per Osservatorio Balcani Caucaso

* con il contributo di Sebastian Pricop (HotNews, Romania), Petr Jedlička (Denik Referendum, Repubblica Ceca), György Folk (HVG, Ungheria).

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