di Giulio Marcon
Quando si parla di classi dirigenti, tutti pensano alla politica e ai partiti. Troppo comodo, troppo facile. Le classi dirigenti – capaci di condizionare e influenzare le decisioni e di avere potere – attraversano diversi ambiti, dove si annida l’élite di una società: magistratura, chiesa, giornalismo, impresa… Tra i diversi ambiti delle classi dirigenti si stabiliscono alleanze, complicità, mutui affari. In Gran Bretagna (e negli Stati Uniti) si preferisce parlare di establishment, ma più o meno si tratta della stessa cosa.
Gramsci ricordava che in certe epoche della nostra storia le classi dirigenti, quando non riescono a esercitare l’egemonia sulla società, diventano sovversive, ricorrendo al ribaltamento della democrazia e delle regole del gioco per rimanere in sella. Accadde in Italia con il fascismo, ma sta avvenendo in dosi omeopatiche e con forme forse meno drammatiche anche oggi. Quella che lo scrittore jugoslavo Predrag Matvejevic, riferendosi ai paesi nati dalla disgregazione della Jugoslavia, chiamava “democratura” – crasi tra democrazia e dittatura – si potrebbe applicare a diversi altri paesi nel mondo attuale. Si potrebbe parlare ad esempio di Trump, di Orban e di altri.
Le pulsioni autoritarie si avvertono ovunque, anche in Italia. Le tre riforme targate Fratelli d’Italia (premierato), Forza Italia (giustizia) e Lega (autonomia differenziata) vanno in quella direzione. Per non parlare di ciò che succede nel mondo dell’informazione. Quando perdono la calma, le pulsioni autoritarie degli uomini e delle donne al governo tornano a galla come riflessi pavloviani.
Tra le classi dirigenti ci sono anche gli imprenditori che negli anni ’20 del secolo scorso, in gran parte, non ebbero dubbi: si schierarono con il sovversivismo fascista, anzi lo finanziarono. Nel secondo dopoguerra, abbiamo avuto imprenditori illuminati o animati dalla responsabilità sociale e pubblica: Olivetti, Falck, Pirelli, per citarne alcuni.
Oggi abbiamo in gran parte figuranti – non tutti, ci sono anche begli esempi – disposti a vendersi per un piatto di lenticchie (sconti fiscali). La cosa buffa è che molti imprenditori non si sentono “classe dirigente”, dimenticandosi che abbiamo avuto un premier imprenditore - Berlusconi - per 9 anni e una trentina di ministri provenienti dall’establishment imprenditoriale dagli anni ’80 ad oggi.
Tra meno di due mesi (6-8 settembre) una parte di questo mondo si ritroverà a Cernobbio, sulle sponde del lago di Como, in occasione del workshop dello Studio Ambrosetti. Non vogliamo generalizzare: qualcosa di buono potrà venir fuori dall’incontro. Ma sicuramente mancherà un esame critico di come l’establishment negli ultimi 30 anni ci abbia portato al collasso sociale e ambientale, a una crisi strutturale del paradigma insostenibile dell’economia dominante.
Negli stessi giorni dell’evento organizzato dallo Studio Ambrosetti, Sbilanciamoci! terrà il suo Forum a Cernobbio – e a Como – per esprimere un punto di vista diverso, alternativo a un modello di sviluppo insostenibile e ingiusto (https://sbilanciamoci.info/laltra-cernobbio-torna-il-forum-di-sbilanciamoci/). Parleremo di guerre, di giusta transizione, di diritti, di quello che sta succedendo di drammatico al nostro pianeta.
Oggi è in gioco il futuro della nostra amata terra, l’unica che abbiamo.
Giulio Marcon per Sbilanciamoci!
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