Anno X - Numero 13
Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il diritto di essere liberi.
Charles Evans Hughes

giovedì 3 aprile 2025

Allargamento Schengen, tra opportunità e sfide

L'allargamento dell'area Schengen a Romania e Bulgaria rende più semplice per i lavoratori asiatici che risiedono in quei Paesi trasferirsi altrove nell'UE, dove le condizioni di lavoro sono migliori. Rischia così di aggravarsi la carenza di manodopera

di Lola García-Ajofrín*

Rehan vive a Bucarest dal luglio 2023. Un anno e mezzo prima, quando intraprese il viaggio che dallo Sri Lanka l'avrebbe portato fin nei Balcani, non immaginava che avrebbe guadagnato così poco. Prima in un fast food, poi come camionista e consegnando cibo a domicilio nei ritagli di tempo: «Lavoro, ma non riesco a mettere da parte niente. Non ha senso», dichiara a El Confidencial questo srilankese di 43 anni, padre di un adolescente.
Come Rehan, negli ultimi anni migliaia di lavoratori sono giunti in Romania dall’Asia. Rientrano in una quota annuale stabilita dal governo romeno per far fronte alla carenza di manodopera in alcuni settori economici: dai 20.000 permessi annuali prima della pandemia da Covid-19, si è passati a 100.000 permessi all'anno tra il 2022 e il 2024. I lavori più diffusi sono quelli dell'aiuto in cucina, delle pulizie, ma anche degli operai in fabbrica e dei lavoratori edili. Questi immigrati provengono principalmente dal Nepal, dallo Sri Lanka e dall'India, e in misura minore dal Bangladesh e dalla Turchia.

La quota annuale “è una misura prevista dalle norme europee per garantire un flusso controllato di migranti”, spiega Adelina Dabu, direttrice per le pubbliche relazioni della confederazione imprenditoriale Concordia.

La Romania, come il resto d’Europa, fatica a trovare lavoratori in determinati settori, in particolare nell’ospitalità – “un settore caratterizzato dall’elevato ricambio del personale” e “fortemente colpito dalla pandemia”, spiega Dabu. Anche il settore dell’edilizia, rilanciato dalla crescita economica del paese e dai notevoli investimenti pubblici nelle infrastrutture, è in difficoltà. La situazione è naturalmente aggravata dell’esodo di molti lavoratori: 5,7 milioni di romeni vivono all’estero, dove trovano impieghi meglio retribuiti.

Il meccanismo della quota annuale per i lavoratori stranieri ha prodotto, nella pratica, numerosi abusi. Rehan e molti suoi connazionali hanno pagato somme ingenti – tra i 3.000 e i 5.000 euro – ad agenzie intermediarie per ottenere un'occupazione e permessi per la Romania. Per procurarsi queste somme, alcuni lavoratori si sono indebitati o hanno venduto ciò che possedevano. In alcuni casi poi i permessi arrivano in ritardo: la direttrice di Concordia riconosce che le risorse assegnate dalle autorità “sono ancora limitate”.

Anche a causa dei bassi salari, alcuni lavoratori arrivati di recente in Romania hanno già lasciato il paese. Saman, per esempio, non ha retto e ha fatto ritorno in Sri Lanka, racconta per telefono a El Confidencial. “Dei 25 arrivati insieme a me, siamo rimasti solo in quattro”, spiega Rehan: alcuni sono tornati in Sri Lanka, mentre un altro ha tentato nuovamente la fortuna in Serbia. Altri ancora, prima dell’ingresso della Romania e della Bulgaria nell’area Schengen, hanno tentato di raggiungere l’Italia per vie illegali, pagando fino a 3.500 euro per attraversare le frontiere.

Nuovi scenari con Schengen
Dopo quasi quindici anni di negoziati, consultazioni e frustrazioni e a 17 anni dall’ingresso nell’Unione europea (2007), la Romania e la Bulgaria sono finalmente entrate nell’area Schengen il 1º gennaio 2025. Ora è quindi possibile viaggiare da questi due paesi verso l'Italia, la Germania o la Spagna senza la necessità di mostrare un passaporto – sebbene i controlli a campione rimangano in vigore per un periodo che dovrebbe essere transitorio. Anche la polizia ungherese continuerà per ora a effettuare dei controlli alla frontiera con la Romania.

In Romania, gli imprenditori e i lavoratori si chiedono se e come questa novità cambierà la loro situazione. “Non è realistico aspettarsi che tutti i lavoratori [che arrivano] rimangano, ma alcuni lo faranno e stanno formando delle comunità”, sostiene Adelina Dabu. Ma alcuni lavoratori extracomunitari potrebbero vedere nell’apertura dell’area Schengen un’opportunità: per esempio, dopo l'ingresso della Croazia in Schengen numerosi lavoratori stranieri lasciarono il paese. Se dovesse accadere anche con la Romania, sottolinea Dabu, sarà necessario attrarre altri lavoratori per sostituire chi se ne va – ma sarebbe un processo lento, dato che le procedure burocratiche per i nuovi arrivi durano in media circa nove mesi.

Una situazione simile si ritrova anche in Bulgaria. Secondo l’Ocse, tra il 2015 e il 2020 il Paese ha perso circa 30.000 persone all'anno, e ora si trova a fronteggiare una grave carenza di manodopera. La Bulgaria faceva tradizionalmente affidamento su lavoratori stranieri stagionali nei settori del turismo e dell’agricoltura, ma negli ultimi anni il paese ha iniziato a dipendere sempre più dalla manodopera straniera anche per la costruzione di infrastrutture, oltre che per i trasporti e il commercio.

Salari troppo bassi
La Bulgaria attrae principalmente lavoratori provenienti dall’Asia centrale, in particolare da Paesi come il Kirghizistan e l'Uzbekistan, e dall'Asia sudorientale; di recente sono aumentati gli arrivi anche da paesi come l'India, il Nepal e il Bangladesh. I salari offerti però oscillano tra i 500 e i 600 euro al mese e non sono sufficienti a trattenere i lavoratori, spiega a Mediapool Dobrin Ivanov, direttore esecutivo dell’Associazione bulgara del Capitale Industriale (Bica). Secondo Ivanov, molti lavoratori si trattengono in Bulgaria solo per pochi mesi e poi si trasferiscono in Europa occidentale, dove i salari sono più alti.

Sebbene la carenza di manodopera venga spesso attribuita alla mancanza di competenze, un rapporto dell’Ufficio europeo per l’impiego (Eures) rivela che molte delle posizioni vacanti richiedono competenze relativamente modeste. Gli autori del rapporto sottolineano che in molti casi “il problema deriva dal fatto che i datori di lavoro offrono condizioni lavorative e contrattuali insoddisfacenti”.

A un anno e mezzo dal suo arrivo in Romania, Rehan non ha ancora ottenuto un permesso regolare. Afferma di spedire quasi tutto ciò che guadagna in Sri Lanka, dove vive il figlio: con uno stipendio mensile di 2.500 lei (circa 500 euro), a cui si aggiungono 1.500 lei (300 euro) per cento ore di straordinari, riesce a mettere da parte e inviare circa 2.000 lei (400 euro) ogni mese. “Se i miei amici mi dicono che le frontiere sono aperte e possiamo andare in Italia o in Francia… non so cosa fare”, confessa.

Nel frattempo, il governo romeno spera che l’apertura delle frontiere favorisca la crescita economica, l'occupazione e l’integrazione regionale, attirando lavoratori e imprese in aree industriali come Oradea e Timișoara.

Lola García-Ajofrín per Osservatorio Balcani Caucaso

* con il contribuito di Ana Somavilla (El Confidencial, Spagna), Florin Bărbuță e Sebastian Pricop (HotNews, Romania), Boroka Paraszka (Hvg, Ungheria) e Tsvetelina Sokolova (Mediapool, Bulgaria).

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