di Jerome Massiani
L’apertura delle Olimpiadi di Parigi e la prospettiva delle Olimpiadi invernali di Milano Cortina nel 2026 ripropongono il tema dell’impatto socio-economico dei grandi eventi. Sono state pubblicate diverse stime sui due eventi. Per esempio, uno studio del Cdes di Limoges stima un impatto delle Olimpiadi di Parigi di 10,7 miliardi (scenario centrale). Per le Olimpiadi Milano Cortina, invece, una ricerca realizzata dall’Università Ca’ Foscari indica 861 milioni di euro di impatto sul Pil del Veneto e del Trentino-Alto Adige.
L’apertura delle Olimpiadi di Parigi e la prospettiva delle Olimpiadi invernali di Milano Cortina nel 2026 ripropongono il tema dell’impatto socio-economico dei grandi eventi. Sono state pubblicate diverse stime sui due eventi. Per esempio, uno studio del Cdes di Limoges stima un impatto delle Olimpiadi di Parigi di 10,7 miliardi (scenario centrale). Per le Olimpiadi Milano Cortina, invece, una ricerca realizzata dall’Università Ca’ Foscari indica 861 milioni di euro di impatto sul Pil del Veneto e del Trentino-Alto Adige.
I limiti del modello tradizionale
Tali numeri hanno il pregio di avere una certa forza argomentativa e di essere facilmente utilizzabili nel dibattito pubblico. Tuttavia, le cifre disponibili meritano un esame più attento.
Tralasciamo il fatto che, troppo spesso, simili stime sono fornite senza alcune informazioni indispensabili. Spesso non è disponibile un documento metodologico e, molte volte, la nozione di ricadute non è definita, cosicché anche un lettore attento non riesce a determinare se si tratta di impatto sul valore aggiunto o sul fatturato. Ma anche quando si superano questi scogli, si possono continuare a nutrire molti dubbi sulle cifre presentate.
È vero, in particolare, per il modello “input-output” che dominava il campo fino a pochi anni fa. Sono sempre più evidenti i limiti di una metodologia che, applicata in maniera acritica e meccanica, fa perdere l’interesse (reale) dell’impostazione iniziale proposta da Wassily Leontief. In queste applicazioni sono troppo numerose le ipotesi, il più delle volte implicite, che ne alterano il realismo: mancata considerazione degli effetti di sostituzione (la spesa della popolazione locale per assistere all’evento sostituisce, almeno in parte, la spesa per altri consumi), assenza di risposta dei prezzi, inesauribile disponibilità dei fattori di produzione e insostituibilità fra loro.
Fondamentalmente, l’analisi input-output è insufficiente da due punti di vista: una rappresentazione eccessivamente semplificata del funzionamento dell’economia e un’insufficiente considerazione di elementi di economia del benessere e di microeconomia (potremmo dire: una mancanza di microfondazione).
I modelli alternativi
Per questi motivi, l’analisi economica dei grandi eventi si basa sempre di più su altri metodi. In primo luogo, i modelli di equilibrio generale calcolabile. Esplicitano le ipotesi sottostanti all’analisi, le sottomettono a calibrazione (una procedura non perfetta, ma che riduce il peso di apriori non testati) e mirano a una rappresentazione più realistica dei meccanismi dell’economia. Questi studi hanno dato una serie di risultati fra i più convincenti, in particolare nei lavori di James Giesecke e John Madden sulle Olimpiadi di Sydney, che mostravano, col passare del tempo e con risultati sempre più precisi, una riduzione dei benefici netti dell’evento, fino a diventare, negli ultimi studi, negativi.
Di più ampia ambizione sembra essere l’utilizzo dell’analisi costi benefici. A differenza dell’input-output e della maggior parte dei modelli di equilibrio generale calcolabile (non tutti), si concentra sulla soddisfazione della popolazione: a parità di valore aggiunto, un’economia funziona in modo preferibile se soddisfa meglio i bisogni delle persone.
Non possiamo qui entrare nelle numerose questioni teoriche legate alla analisi costi benefici (confrontabilità del benessere individuale, criterio di compensazione, considerazione delle questioni distributive) né presentare i malintesi persistenti sulla disciplina di cui sono testimonianza varie controversie degli ultimi anni. Un aspetto importante è il rispetto di un formalismo microeconomico che evita i cosiddetti doppi conteggi, che, come suggerisce il nome, contabilizzano più volte lo stesso effetto sotto diverse voci. L’analisi costi benefici è stata applicata a più di trenta eventi con esiti spesso meno favorevoli rispetto agli altri metodi. Il campo è ancora in via di consolidamento, come testimonia l’emissione di linee guida metodologiche nei Paesi Bassi e nel Nuovo Galles del Sud. Gli organizzatori di Parigi 2024 hanno comunque scelto di valutare le Olimpiadi con questo metodo.
La via che sembra la più indicata è quella di una convergenza fra analisi costi benefici e di equilibrio generale calcolabile: si tratta, infatti, di due metodi molto compatibili, grazie alle loro comuni basi microfondate. La convergenza si può effettuare adottando alcuni accorgimenti addizionali nell’analisi costi benefici oppure costruendo un modello di equilibrio generale corredato da esternalità, surplus e altre fattispecie proprie della valutazione.
Infine, è difficile trovare esempi di studi economici sufficientemente completi e realistici, pur considerando le centinaia disponibili. Spesso una ricerca ci racconta una parte della storia, non per strategia, ma perché il metodo, ancor di più se applicato in maniera acritica, non è in grado di cogliere molti aspetti di una realtà complessa. Ed è pressoché impossibile testare ex post la validità di una determinata previsione o valutazione: in genere sono mutate le condizioni rispetto a quelle prese in considerazione nello studio e le analisi a posteriori fanno fatica a isolare gli effetti degli eventi, se non per alcune variabili ben circoscritte.
È un campo di ricerca che beneficerebbe dell’interesse di economisti valorosi, pronti a rimettere in discussione la routine nell’applicazione dei loro metodi. L’augurio è che Milano Cortina, dopo Parigi, ne sia l’occasione.
Tali numeri hanno il pregio di avere una certa forza argomentativa e di essere facilmente utilizzabili nel dibattito pubblico. Tuttavia, le cifre disponibili meritano un esame più attento.
Tralasciamo il fatto che, troppo spesso, simili stime sono fornite senza alcune informazioni indispensabili. Spesso non è disponibile un documento metodologico e, molte volte, la nozione di ricadute non è definita, cosicché anche un lettore attento non riesce a determinare se si tratta di impatto sul valore aggiunto o sul fatturato. Ma anche quando si superano questi scogli, si possono continuare a nutrire molti dubbi sulle cifre presentate.
È vero, in particolare, per il modello “input-output” che dominava il campo fino a pochi anni fa. Sono sempre più evidenti i limiti di una metodologia che, applicata in maniera acritica e meccanica, fa perdere l’interesse (reale) dell’impostazione iniziale proposta da Wassily Leontief. In queste applicazioni sono troppo numerose le ipotesi, il più delle volte implicite, che ne alterano il realismo: mancata considerazione degli effetti di sostituzione (la spesa della popolazione locale per assistere all’evento sostituisce, almeno in parte, la spesa per altri consumi), assenza di risposta dei prezzi, inesauribile disponibilità dei fattori di produzione e insostituibilità fra loro.
Fondamentalmente, l’analisi input-output è insufficiente da due punti di vista: una rappresentazione eccessivamente semplificata del funzionamento dell’economia e un’insufficiente considerazione di elementi di economia del benessere e di microeconomia (potremmo dire: una mancanza di microfondazione).
I modelli alternativi
Per questi motivi, l’analisi economica dei grandi eventi si basa sempre di più su altri metodi. In primo luogo, i modelli di equilibrio generale calcolabile. Esplicitano le ipotesi sottostanti all’analisi, le sottomettono a calibrazione (una procedura non perfetta, ma che riduce il peso di apriori non testati) e mirano a una rappresentazione più realistica dei meccanismi dell’economia. Questi studi hanno dato una serie di risultati fra i più convincenti, in particolare nei lavori di James Giesecke e John Madden sulle Olimpiadi di Sydney, che mostravano, col passare del tempo e con risultati sempre più precisi, una riduzione dei benefici netti dell’evento, fino a diventare, negli ultimi studi, negativi.
Di più ampia ambizione sembra essere l’utilizzo dell’analisi costi benefici. A differenza dell’input-output e della maggior parte dei modelli di equilibrio generale calcolabile (non tutti), si concentra sulla soddisfazione della popolazione: a parità di valore aggiunto, un’economia funziona in modo preferibile se soddisfa meglio i bisogni delle persone.
Non possiamo qui entrare nelle numerose questioni teoriche legate alla analisi costi benefici (confrontabilità del benessere individuale, criterio di compensazione, considerazione delle questioni distributive) né presentare i malintesi persistenti sulla disciplina di cui sono testimonianza varie controversie degli ultimi anni. Un aspetto importante è il rispetto di un formalismo microeconomico che evita i cosiddetti doppi conteggi, che, come suggerisce il nome, contabilizzano più volte lo stesso effetto sotto diverse voci. L’analisi costi benefici è stata applicata a più di trenta eventi con esiti spesso meno favorevoli rispetto agli altri metodi. Il campo è ancora in via di consolidamento, come testimonia l’emissione di linee guida metodologiche nei Paesi Bassi e nel Nuovo Galles del Sud. Gli organizzatori di Parigi 2024 hanno comunque scelto di valutare le Olimpiadi con questo metodo.
La via che sembra la più indicata è quella di una convergenza fra analisi costi benefici e di equilibrio generale calcolabile: si tratta, infatti, di due metodi molto compatibili, grazie alle loro comuni basi microfondate. La convergenza si può effettuare adottando alcuni accorgimenti addizionali nell’analisi costi benefici oppure costruendo un modello di equilibrio generale corredato da esternalità, surplus e altre fattispecie proprie della valutazione.
Infine, è difficile trovare esempi di studi economici sufficientemente completi e realistici, pur considerando le centinaia disponibili. Spesso una ricerca ci racconta una parte della storia, non per strategia, ma perché il metodo, ancor di più se applicato in maniera acritica, non è in grado di cogliere molti aspetti di una realtà complessa. Ed è pressoché impossibile testare ex post la validità di una determinata previsione o valutazione: in genere sono mutate le condizioni rispetto a quelle prese in considerazione nello studio e le analisi a posteriori fanno fatica a isolare gli effetti degli eventi, se non per alcune variabili ben circoscritte.
È un campo di ricerca che beneficerebbe dell’interesse di economisti valorosi, pronti a rimettere in discussione la routine nell’applicazione dei loro metodi. L’augurio è che Milano Cortina, dopo Parigi, ne sia l’occasione.
Jerome Massiani per Lavoce.info
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