Anno IX - Numero 23
Le parole hanno il valore che dà loro chi le ascolta.
Giovanni Verga

martedì 16 luglio 2024

La macchina della dipendenza

Lo smartphone è stato progettato per rubarci l'attenzione, e il tempo: esiste un modo per disintossicarsi?

di Diego Viarengo

You don’t get cured”. In una battuta di The West Wing, scritta da Aaron Sorkin, c’è una lezione sulle dipendenze. Leo è il capo gabinetto del Presidente degli Stati Uniti, il personaggio che risolve problemi: affronta crisi di stato con incrollabile senso di giustizia, prima di fare colazione segnala al New York Times un errore nelle parole crociate e – in segreto – partecipa alle riunioni degli alcolisti anonimi. La cura non c’è. Le persone dipendenti sono in trattativa perenne con l’oggetto della loro dipendenza. Non si guarisce. Ci sono periodi di astinenza più o meno lunghi. È la situazione in cui ci troviamo con il nostro smartphone.

Scrive Juan Carlos De Martin nel libro-manifesto Contro lo smartphone (add, 2023): “lo smartphone è una macchina che è stata esplicitamente progettata, anche con l’apporto di neuroscienziati e di psicologi, per creare dipendenza”. Nel 2014 l’iPhone era più redditizio delle sigarette Marlboro, un prodotto incessantemente pubblicizzato che contiene una sostanza in grado di dare assuefazione fisica. Le applicazioni dello smartphone sono costruite per non essere abbandonate e, a differenza delle sostanze, si adattano alle modalità d’uso creando un percorso di rafforzamento basato sulle abitudini individuali, osserva lo psicologo Matthias Brand su Science, in un articolo sulla dipendenza da internet. Siamo dipendenti dal telefono e non c’è cura, solo periodi più o meno lunghi di astinenza.

Torno nelle aule in cui seguivo le lezioni all’università con più curiosità che nostalgia: sto andando al Laboratorio di disconnessione digitale, primo piano, aula 22, Palazzo Nuovo, Torino. È la terza sessione del seminario, si discutono le regole dell’esperimento di auto-etnografia condotto da Simone Natale, professore di storia e teoria dei media oltre che autore di Macchine ingannevoli (Einaudi, 2022). Una settimana di disconnessione da cosa? Instagram e TikTok, innanzitutto. Gli studenti hanno l’età di mio figlio e riconosco la dieta priva di Facebook, le mail considerate spam, la navigazione web utile per le ricette della cena. Dopo il giro sull’uso del telefono mi sembra manchi qualcosa e chiedo: e i giochi, le notizie? Sto pensando alle mie dipendenze, alle abitudini che vincono l’autocontrollo. Penso a quando avevo tentato di cambiare comportamenti. Natale me lo aveva spiegato presentandomi il Laboratorio: lo scopo è fare guardare agli iscritti la tecnologia che usano ogni giorno con un occhio diverso, più consapevole. A questo serve la distanza.

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