di Beppe Scienza*
È praticamente certo che coi dati di ottobre l’inflazione tendenziale italiana crollerà dal 5,2-5,1% di agosto-settembre giù giù, fino in area 2,5%. Non in virtù della politica del governo, ma solo per i numeri del passato e le regole applicate.
Tale miglioramento repentino è scontato, salvo disastri travolgenti entro fine mese, per un motivo molto semplice, come vedremo. Ma nessuno ne parla, perché i giornalisti del settore sanno solo parafrasare i comunicati dell’Istat. Basta ragionare sui dati, tutti pubblici, dell’indice Foi del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, calcolati dall’Istat. E conoscere la regoletta con cui viene ricavato il dato più usato come misura del fenomeno, cioè l’inflazione tendenziale annua. Lasciamo correre che il termine tendenziale è infelice, perché essa di per sé non indica nessuna tendenza, ma riporta solo un dato relativo al passato.
Fatto sta che per l’inflazione tendenziale si considera la variazione dei prezzi rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Così ogni mese si tiene conto del nuovo valore dell’indice Foi, relativo al mese concluso, e si scarica quello di 13 mesi prima. Quindi l’inflazione annua dell’ottobre 2023 dipenderà da quella del mese stesso e non conterà più nulla l’ottobre 2022. Vi fu allora un aumento anomalo per la revoca della riduzione delle accise sui carburanti: togliendole, i prezzi salirono di brutto. Ma qui il discorso non verte sulle cause. Il punto è che per l’ottobre 2022 in Italia la variazione fu altissima: +3,3% rispetto al precedente mese di settembre. Proprio qui sta il busillis.
Finora l’inflazione annua tendenziale italiana è stata tenuta alta da quell’impennata. Ma dopo i prezzi sono aumentati in misura contenuta: in tutto solo l’1,8% nell’arco di dieci mesi, da novembre 2022 a settembre 2023, il che spiega pure le ultime cedole basse dei Btp Italia. Essendo semestrali, anche per esse era ormai archiviata l’impennata del 3,3% dell’ottobre dell’anno scorso.
Diverso è il discorso per l’inflazione dell’eurozona, misurata dall’indice CptFemu. In quello stesso mese salì (solo) dell’1,5%; e dopo è stata sopra quella italiana grosso modo di un 1%. Per cui per l’eurozona ci si può attendere un calo, ma non un crollo. Inoltre un risparmiatore deve tenere conto che l’inflazione non si ripercuote sui Btp-i, Oat-ei ecc. come sui Btp Italia. Di semestre in semestre aumenta o al limite diminuisce il valore nominale, ma ciò incide poco sulle cedole di interessi, che il risparmiatore periodicamente incassa. Ma ciò non toglie che i titoli indicizzati all’inflazioni restano fra le alternative d’investimento più prudenti, molto più delle stesse linee cosiddette garantite della previdenza integrativa.
* Beppe Scienza è Professore universitario presso l'ateneo di Torino e saggista. Dal 2001 mette in rete informazioni e denunce sul tema del risparmio e della previdenza attraverso il suo sito: Il Risparmio Tradito®
Tale miglioramento repentino è scontato, salvo disastri travolgenti entro fine mese, per un motivo molto semplice, come vedremo. Ma nessuno ne parla, perché i giornalisti del settore sanno solo parafrasare i comunicati dell’Istat. Basta ragionare sui dati, tutti pubblici, dell’indice Foi del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, calcolati dall’Istat. E conoscere la regoletta con cui viene ricavato il dato più usato come misura del fenomeno, cioè l’inflazione tendenziale annua. Lasciamo correre che il termine tendenziale è infelice, perché essa di per sé non indica nessuna tendenza, ma riporta solo un dato relativo al passato.
Fatto sta che per l’inflazione tendenziale si considera la variazione dei prezzi rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Così ogni mese si tiene conto del nuovo valore dell’indice Foi, relativo al mese concluso, e si scarica quello di 13 mesi prima. Quindi l’inflazione annua dell’ottobre 2023 dipenderà da quella del mese stesso e non conterà più nulla l’ottobre 2022. Vi fu allora un aumento anomalo per la revoca della riduzione delle accise sui carburanti: togliendole, i prezzi salirono di brutto. Ma qui il discorso non verte sulle cause. Il punto è che per l’ottobre 2022 in Italia la variazione fu altissima: +3,3% rispetto al precedente mese di settembre. Proprio qui sta il busillis.
Finora l’inflazione annua tendenziale italiana è stata tenuta alta da quell’impennata. Ma dopo i prezzi sono aumentati in misura contenuta: in tutto solo l’1,8% nell’arco di dieci mesi, da novembre 2022 a settembre 2023, il che spiega pure le ultime cedole basse dei Btp Italia. Essendo semestrali, anche per esse era ormai archiviata l’impennata del 3,3% dell’ottobre dell’anno scorso.
Diverso è il discorso per l’inflazione dell’eurozona, misurata dall’indice CptFemu. In quello stesso mese salì (solo) dell’1,5%; e dopo è stata sopra quella italiana grosso modo di un 1%. Per cui per l’eurozona ci si può attendere un calo, ma non un crollo. Inoltre un risparmiatore deve tenere conto che l’inflazione non si ripercuote sui Btp-i, Oat-ei ecc. come sui Btp Italia. Di semestre in semestre aumenta o al limite diminuisce il valore nominale, ma ciò incide poco sulle cedole di interessi, che il risparmiatore periodicamente incassa. Ma ciò non toglie che i titoli indicizzati all’inflazioni restano fra le alternative d’investimento più prudenti, molto più delle stesse linee cosiddette garantite della previdenza integrativa.
* Beppe Scienza è Professore universitario presso l'ateneo di Torino e saggista. Dal 2001 mette in rete informazioni e denunce sul tema del risparmio e della previdenza attraverso il suo sito: Il Risparmio Tradito®
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