Vincendo le elezioni, Trump non ha soltanto conquistato la presidenza degli Stati Uniti ma soprattutto un partito che oggi si definisce solo nel suo nome, e ha avuto una impressionante mutazione genetica.
È diventato, tecnicamente parlando, onnipotente. Dopo di lui, se non sarà diluvio certamente saranno strade allagate e panorami sommersi
di Mario Seminerio
Difficile la scelta sul punto di attacco di un commento all’elezione presidenziale americana. Si potrebbe partire con le abituali considerazioni sociologiche su sinistra e destra, globalizzazione e protezionismo, anzi domanda di protezione. Si potrebbe sbertucciare la classe dei sondaggisti ma sarebbe maramaldeggiare, così come farlo con gli opinionisti di inclinazione liberal. A ben vedere, è tutto un déjà vu ma anche una prima assoluta. E quindi, andiamo in ordine sparso.
Non un accidente della storia
Quando Joe Biden sconfisse Trump, esattamente quattro anni addietro, tra le prime frasi che pronunciò (allora era ancora piuttosto lucido) vi fu una considerazione su Trump come aberrazione della storia, un accidente che l’elezione del vecchio Joe aveva rimesso a posto e consegnato alla discarica della storia e dei suoi incubi. Dopo questa vittoria, il concetto di Trump come aberrazione viene definitivamente archiviato, tra la voce wishful thinking e quella superiorità morale.
Ecco, la superiorità morale. Quella che viene rimproverata alla sinistra in senso lato. Definire despicable o deplorevole più della metà del paese produce, aritmeticamente, una reazione quantitativa ben diversa che ospitare in un evento elettorale un guitto che definisce Portorico “isola di spazzatura galleggiante”. I numeri contano, dopo tutto.
Si è poi detto: quest’anno di Trump e dei suoi elettori si sa tutto, i sondaggi non possono sbagliare, ormai nessuno si nasconde davanti ai microfoni e alle telefonate dei sondaggisti. Eppure pare non essere andata esattamente così. Ora, le contee rosse (cioè Repubblicane) sono diventate ancora più rosse. Ai Dem e ai liberal manco resta il premio di consolazione dei voti popolari, visto che Trump ha vinto anche quelli, ampiamente, ben cinque milioni di persone in più di quelle che hanno votato per Kamala Harris. Quindi, le sacrosante critiche al sistema dei Grandi Elettori sono depotenziate in radice.
«Sarò la vostra voce, vi farò stare meglio, il mondo ci rispetterà, sanzioneremo tutti a colpi di tariffe così alte da sostituire parte dell’imposta sui redditi, torneremo la superpotenza manifatturiera della galassia». E via sognando. Si è detto, allo sfinimento: ecco, vedete? Non basta avere un’economia che cresce in modo molto robusto per vincere le elezioni. Vero. C’è l’inflazione, anzi il livello dei prezzi, che è altro concetto e che è esattamente quello che ha affondato la Bidenomics in senso lato.
Poi ci sono quasi cinque milioni di ingressi nel paese nel quadriennio Biden, contro il milione scarso del primo mandato di Trump. Ottimo catalizzatore di frustrazione e rabbia, da sempre. Vale anche per quanti, dalle nostre parti, insistono a dire “dentro tutti, perché stiamo morendo, ci serve gente”, salvo scoprire, come accaduto al buon Justin Trudeau, che sì, arrivano per pagarci le pensioni (quasi tutti) ma rendono anche impossibile comprare o affittare casa.
Da cosa riparte la sinistra?
E arriviamo alla sinistra, in senso molto lato. Troppo elitari, troppo legati alle loro Ztl. Ci sono Ztl anche in America; in Regno Unito ci sono le Ultra Low Emission Zones, Ulez, altro focolaio di guerra culturale. I progressisti non guardano alla sofferenza del “popolo minuto” mentre intonano i loro salmi alle magnifiche sorti e progressive della globalizzazione che ha tolto miliardi di persone dalla povertà. Miliardi di persone ma non quelle che votano in alcuni posti, evidentemente. Occhio alla statistica: rappresenta la realtà, piaccia o meno.
Ma quindi, che dovrebbe fare la cosiddetta sinistra? Smettere di fare la sinistra, espellere (to deport, in inglese, rende meglio la durezza del concetto) milioni di immigrati, compresi quelli integrati? Fare redistribuzione con tasse feroci sul capitale finanziario? Attenzione: Trump non ha vinto così, anzi. Trump promette meno tasse, quindi ancor maggiore vantaggio per chi i soldi li ha già.
Evitiamo quindi, sconvolti dal fenomeno, di finire in aberrazioni del tipo “la sinistra riparta dal metodo Trump”, non potendo ripartire da Trump medesimo, perché quello è un metodo che sgancia qualche mancia ai lavoratori e fa lievitare i miliardi dell’oligarchia. Anche e soprattutto a quella colta e cosmopolita che simpatizza Dem o magari ci fa pure i fundraiser. La sinistra muta geneticamente e diventa rossobruna, alla Sahra Wagenknecht, subito scimmiottata da quel deprimente fregoli che è il nostro Avvocato del Popolo, Giuseppi CamaleConte.
Che farà, Trump? Intanto ha colto un Red Sweep, cioè Casa Bianca, Camera e Senato dello stesso colore. Ci aggiungerei anche la Corte Suprema ma poi mi accuserebbero di rosicare. Trump è, tecnicamente parlando, onnipotente. Perché ha conquistato un partito che oggi si definisce solo nel suo nome, e ha avuto una impressionante mutazione genetica. Basta conservatorismo fiscale, basta Tea Parties. Ora c’è un deficit talmente grande da badare a sé stesso, per dirla con colui che oggi sarebbe accusato di essere un comunista, Ronald Reagan.
Trump farà quello che vuole, e questo sarà un esperimento che entrerà nella storia. Altro che checks and balances, Montesquieu e Tocqueville. Potrà farlo dall’interno del sistema ma, se qualcosa andrà storto, potrà prendersela con l’immancabile Deep State, che peraltro è atteso a purghe, pardon, spoils system, che si prevedono senza precedenti.
Tra oligarchi e realtà
Trump sarà affiancato dall’Oligarca in Capo, Elon Musk, uomo di collegamento con Pechino e Mosca, grande contractor di Nasa e Pentagono. Se diverrà capo del nuovo Dipartimento per l’efficienza del governo (sic) e taglierà quei famosi duemila miliardi su poco meno di settemila di spesa pubblica federale, lo vedremo: in molti guardano al modello Twitter, quando furono licenziati più di metà dei dipendenti eppure la macchina sopravvisse.
Ma Musk, in quanto grande contractor della spesa pubblica federale, non potrà certo mettere il patrimonio in un blind trust. No, sarà la certificazione del salto di qualità dell’oligarchia americana, come sostengo da tempo. Ma attenzione: se Re Donald e la sua corte pesteranno i piedi a parte dell’oligarchia, si scatenerà una terribile guerra. C’è spesso un proiettile, dietro i tornanti della storia.
Se qualcosa andrà storto, durante il regno di Donald II, anche il suo mito inizierà a vacillare. Ma ci sarà tempo, e questo mio non è un wishful thinking ma solo la banale considerazione che la realtà intrude, per usare un verbo che mi piace molto, forse perché echeggia e allittera corrode. E molte causalità si rivelano neve di correlazioni al sorgere del sole. Da lì in avanti, Trump cercherà disperatamente capri espiatori e li otterrà, dopo aver inferto nuovi colpi di maglio all’edificio della democrazia americana. Dopo di lui, non so se il diluvio: certamente, molte strade allagate e panorami sommersi.
Non parlo dell’Europa bottegaia che oggi dovrebbe risvegliarsi: mi provoca dolore. Temo che non avverrà comunque, anche perché la fu diarchia del continente è a pezzi e in attesa di diventare altro, alle prossime elezioni. L’Europa unita mai è esistita, ora andiamo verso una preminenza di stati nazionali che verranno disarticolati in scioltezza da Washington, Pechino e Mosca.
Né parlo della penisola alla deriva nel Mediterraneo, tra Medio Oriente e Sudamerica. Oggi spiccano due fattispecie di garruli italici falliti: quello che si rallegra per la vittoria dell’uomo che ci sotterrerà di dazi, e quello che ha tifato Trump credendo alla fine dei conflitti e al nostro risparmio nella spesa per armi. Cialtroni si nasce e da noi, modestamente, molti lo nacquero.
Come che sia, è nata la Red Nation ma non sono nativi americani né il trionfo del socialismo. Ora il monarca di Mar-a-Lago può iniziare a picconare con voluttà. Per tutto il resto, c’è e ci sarà la realtà.
Mario Seminerio per Phastidio.net
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