Sin dal suo concepimento, la Nuova Via della seta – da cui l’Italia si è defilata – è stata accompagnata da fortissime critiche. Una delle più frequenti diretta alla Belt and road initiative riguarda le ricadute ambientali dei grandi progetti infrastrutturali promossi all’estero da Pechino.
Come aveva notato la World bank già nel 2019, le infrastrutture di trasporto – quota importante degli investimenti cinesi all’estero – potrebbero determinare un aumento delle emissioni di anidride carbonica globali dello 0,3 per cento e del sette per cento nei Paesi a basso livello di emissioni man mano che la produzione si espande a settori con emissioni più elevate.
Sono stime che trovano appoggio anche in altre ricerche. Sulla base dei dati raccolti tra il 2005 e il 2015 in cinquantasette Paesi della Bri, i ricercatori Zhu, C.; Gao, D., che hanno lavorato allo studio A Research on the Factors Influencing Carbon Emission of Transportation Industry in “the Belt and Road Initiative” Countries Based on Panel Data, sono arrivati alle seguenti conclusioni: nei Paesi coinvolti nella Bri esiste una correlazione immutabile e duratura tra emissioni di carbonio causate dai trasporti, livello di urbanizzazione, struttura del consumo energetico dei trasporti, Pil pro capite, progresso tecnologico e apertura del mercato.
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