Il glifosato danneggia la salute umana? Attraverso il caso “Anthony "Lee" Johnson” e un'accurata ricostruzione, rivediamo come i processi alla Monsanto hanno permesso di conoscere le pratiche di malascienza dell’impresa
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«Nel novembre 2014, “Lee” chiamò direttamente la Monsanto dopo aver trovato un numero di telefono dell’impresa su Internet. Una donna che lavorava come specialista in supporto ai prodotti ascoltò Lee descrivere il suo incidente con il contenitore per l’applicazione e la sua preoccupazione che questo potesse essere la causa del suo cancro. Promise di cercare qualcuno che potesse richiamarlo e rispondere alle sue domande, documentando la descrizione di Lee di questo incidente con l’applicatore e le sue lesioni alla pelle in una mail [che mandò] a uno degli esperti medici della Monsanto. «Tutto il suo corpo è coperto di queste [lesioni] e i medici dicono che è un cancro della pelle», scrisse. «Sta solo cercando di verificare se tutto questo potrebbe essere correlato con una così grande esposizione a Ranger Pro… Sta cercando risposte. Lee non fu mai richiamato. Senza prove che supportassero i suoi sospetti, continuò a lavorare come poteva, e continuò a irrorare anche mentre si sottoponeva a trattamenti per il suo cancro.» [Carey Gillam “The Monsanto Papers”].
Il 15 dicembre di quest’anno termina il periodo concesso per l’uso legale nell’Unione Europea (UE) come principio attivo in prodotti fitosanitari dell’erbicida glifosato. Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia sono i 4 Stati designati dalla Commissione Europea come relatori per la prossima valutazione di questo erbicida.
Il Glyphosate Renewal Group è una lobby imprenditoriale con sede legale a Bruxelles creata da Bayer, Syngenta o dalla spagnola Industrias Afrasa, oltre ad altre grandi imprese del settore agroindustriale a livello europeo. Questa lobby ha già iniziato alla fine del 2019 le procedure legali con la Commissione Europea per avviare questo processo di rivalutazione che avrà luogo nei prossimi mesi.
Ma il glifosato è un prodotto sicuro per la salute umana? Quale relazione hanno il glifosato e le sue elaborazioni commerciali con il cancro e i disturbi ormonali negli umani?, Cosa sono i “Monsanto papers” e cosa ci dicono sull’impegno per i diritti umani delle imprese che producono e commercializzano questo erbicida? A queste e altre domande cercheremo di rispondere nelle righe che seguono.
L’estratto di Carey Gillam qui sopra si riferisce alla storia di Dewayne Anthony “Lee” Johnson.
Lee subì un incidente sul lavoro maneggiando il Ranger Pro, preparato commerciale della Monsanto che ha per base l’erbicida glifosato e con un 60% circa di tensioattivi. L’erbicida più commerciale di questa multinazionale, ora parte del gruppo Bayer, è il Roundup che, nelle sue molto diverse forme commerciali, ha anch’esso una gran quantità di tensioattivi. Altri come “Lee” sarebbero venuti dopo il 2014.
Il 15 dicembre di quest’anno termina il periodo concesso per l’uso legale nell’Unione Europea (UE) come principio attivo in prodotti fitosanitari dell’erbicida glifosato. Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia sono i 4 Stati designati dalla Commissione Europea come relatori per la prossima valutazione di questo erbicida.
Il Glyphosate Renewal Group è una lobby imprenditoriale con sede legale a Bruxelles creata da Bayer, Syngenta o dalla spagnola Industrias Afrasa, oltre ad altre grandi imprese del settore agroindustriale a livello europeo. Questa lobby ha già iniziato alla fine del 2019 le procedure legali con la Commissione Europea per avviare questo processo di rivalutazione che avrà luogo nei prossimi mesi.
Ma il glifosato è un prodotto sicuro per la salute umana? Quale relazione hanno il glifosato e le sue elaborazioni commerciali con il cancro e i disturbi ormonali negli umani?, Cosa sono i “Monsanto papers” e cosa ci dicono sull’impegno per i diritti umani delle imprese che producono e commercializzano questo erbicida? A queste e altre domande cercheremo di rispondere nelle righe che seguono.
L’estratto di Carey Gillam qui sopra si riferisce alla storia di Dewayne Anthony “Lee” Johnson.
Lee subì un incidente sul lavoro maneggiando il Ranger Pro, preparato commerciale della Monsanto che ha per base l’erbicida glifosato e con un 60% circa di tensioattivi. L’erbicida più commerciale di questa multinazionale, ora parte del gruppo Bayer, è il Roundup che, nelle sue molto diverse forme commerciali, ha anch’esso una gran quantità di tensioattivi. Altri come “Lee” sarebbero venuti dopo il 2014.
Effetti del glifosato: il linfoma di Non-Hodgkin e i disturbi endocrini
Nel 2008, Mikael Eriksson e i suoi colleghi del dipartimento di oncologia dell’ospedale universitario di Lund (Svezia) valutarono la possibilità epidemiologica che diversi prodotti fitosanitari aumentassero la probabilità di ammalarsi di cancro. Per questo, studiarono il livello di esposizione a questi prodotti e li confrontarono con i rispettivi controlli. Utilizzarono anche quello che in statistica si conosce come “odds ratio” o il rapporto di probabilità. Fondamentalmente consiste nel mettere a confronto diversi gruppi di dati che, a priori, sono simili eccetto che nella variabile che si intende studiare: in questo caso variava il livello di esposizione agli erbicidi. Questo rapporto di probabilità era, in media, di 1,72 per tutto l’insieme di erbicidi analizzato e si manteneva inalterato per un periodo superiore a 10 anni. Questo vuol dire che nei gruppi esposti agli erbicidi la probabilità di ammalarsi di cancro era 1,72 volte superiore rispetto ai gruppi non esposti. In concreto, il glifosato dette un rapporto di probabilità un po’ più alto, di 2,02, mentre gli insetticidi, i clorofenoli e l’arsenico, e altri prodotti pesticidi (rodenticidi o funghicidi) davano rapporti di probabilità inferiori all’1,5. Cancerogeni accertati davano rapporti di probabilità per il cancro inferiori a quelli del glifosato.
Un anno dopo, Claudia Bolognesi del dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Centro Nazionale di Ricerca sul Cancro di Genova (Italia), e alcuni colleghi dello stesso centro e di altri posti nel mondo, studiarono gli effetti genotossici del glifosato sui giornalieri che lavorano nelle fattorie dove si utilizza glifosato e sugli abitanti di zone dove si è utilizzato il glifosato per eradicare “colture illegali”.
In alcuni luoghi in America, lo Stato ha irrorato sistematicamente regioni controllate da movimenti e guerriglie in opposizione allo Stato stesso. Uno degli argomenti che si utilizzavano per mettere in atto questo procedimento era il controllo della produzione di droghe. La realtà è che, come dimostra questo studio, stavano facendo molto di più che distruggere “colture illegali”. Sia nei giornalieri delle fattorie dove si utilizza glifosato, sia le persone esposti all’irrorazione tramite aerei, la frequenza di cellule linfocitiche binucleate con micronuclei, un marcatore di danno genetico molto robusto, era significativamente maggiore che, ad esempio, nei giornalieri delle fattorie dove si produceva caffè mediante tecniche di coltivazione organiche. Richiama fortemente l’attenzione il fatto che la conclusione dello studio dia un rischio basso, dato che la presenza di linfociti con due nuclei è una delle principali prove utilizzate in vitro per trovare una connessione causale tra citotossicità/genotossicità e una determinata sostanza. È quello che Eastmond e Tucker hanno definito “ricerca di agenti induttori di aneuploidia”. Aneuploidia significa che il numero di cromosomi non coincide con quello che dovrebbe essere. Se il numero di cromosomi non coincide, come dimostrano gli stessi autori, di quale altro miglior marcatore hanno bisogno?
L’analisi epidemiologica più recente (2020), e di maggior dimensione, è quello che ci fornisce l’équipe guidata da Luoping Zhang, della scuola di salute pubblica dell’Università di Berkeley (Usa). Qui si studia come aumenta fino al 41% la probabilità di ammalarsi di linfoma non-Hodgkin nelle persone che lavorano esposte a glifosato e si raccomanda caldamente lo studio concreto delle diverse formulazioni commerciali del glifosato intuendo che alcuni coadiuvanti che contengono sono problematici.
Ma non è soltanto genotossico e, pertanto, cancerogeno. Vi sono prove schiaccianti negli animali che inducono (quasi obbligano) a pensare al suo potenziale come interferente endocrino. In altre parole, c’è una base solida per ritenere che il glifosato interferisca con il nostro sistema ormonale, producendo una molteplicità di irregolarità e disfunzioni. Studi sui topi hanno dimostrato gli effetti delle preparazioni commerciali del glifosato sul sistema riproduttivo maschile, concretamente sulle cellule di Sertoli e Leydig, replicate in studi sul germano reale Anas platyrhyncos e che, inoltre, mostravano i primi indizi di danno derivante da questi preparati commerciali sull’espressione genica del meccanismo metabolico e dei recettori extracellulari che hanno il compito di agire da interfaccia tra il sistema ormonale sessuale e il sistema metabolico: senza dubbio il glifosato è un interferente endocrino. Ma c’è di più. Ci sono studi su animali pubblicati su Nature che dimostrano anche i suoi effetti sul ciclo ovarico, diminuendo la capacità del sistema ormonale di produrre maturazioni ovariche complete e di produrre endometri adatti all’inserimento di potenziali embrioni. Producono quello che si definisce nel gergo fisiologico una bassa funzione ovarica danneggiando le cellule omologhe a quelle di Sertoli e Leydig: le cellule della teca e della granulosa.
Ma ci sono prove di questo negli umani? Un équipe del Centro di tossicologia e salute ambientale del Ministero dell’Educazione di Bangkok (Thailandia), guidato da Siriporn Thongprakaisang, è riuscito a dimostrare a livello molecolare gli effetti distruttivi del glifosato molecolare (senza additivi commerciali). In questi esperimenti con cellule in vitro si è osservato che, in un tipo di cancro alla mammella sensibile agli estrogeni, i recettori per gli estrogeni hanno visto incrementata la loro espressione genetica da 5 a 13 volte in risposta al trattamento con il glifosato. Questo vuol dire che una donna con questo tipo di cancro alla mammella è molto probabile che veda la sua vita in pericolo se riceve qualche esposizione alla molecola. A quale concentrazione? Secondo questo lavoro stiamo parlando di concentrazioni dell’ordine dei nanogrammi, molto inferiori a quelle che sono state trovate in tessuti e urina di animali e umani.
Nel 2008, Mikael Eriksson e i suoi colleghi del dipartimento di oncologia dell’ospedale universitario di Lund (Svezia) valutarono la possibilità epidemiologica che diversi prodotti fitosanitari aumentassero la probabilità di ammalarsi di cancro. Per questo, studiarono il livello di esposizione a questi prodotti e li confrontarono con i rispettivi controlli. Utilizzarono anche quello che in statistica si conosce come “odds ratio” o il rapporto di probabilità. Fondamentalmente consiste nel mettere a confronto diversi gruppi di dati che, a priori, sono simili eccetto che nella variabile che si intende studiare: in questo caso variava il livello di esposizione agli erbicidi. Questo rapporto di probabilità era, in media, di 1,72 per tutto l’insieme di erbicidi analizzato e si manteneva inalterato per un periodo superiore a 10 anni. Questo vuol dire che nei gruppi esposti agli erbicidi la probabilità di ammalarsi di cancro era 1,72 volte superiore rispetto ai gruppi non esposti. In concreto, il glifosato dette un rapporto di probabilità un po’ più alto, di 2,02, mentre gli insetticidi, i clorofenoli e l’arsenico, e altri prodotti pesticidi (rodenticidi o funghicidi) davano rapporti di probabilità inferiori all’1,5. Cancerogeni accertati davano rapporti di probabilità per il cancro inferiori a quelli del glifosato.
Un anno dopo, Claudia Bolognesi del dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Centro Nazionale di Ricerca sul Cancro di Genova (Italia), e alcuni colleghi dello stesso centro e di altri posti nel mondo, studiarono gli effetti genotossici del glifosato sui giornalieri che lavorano nelle fattorie dove si utilizza glifosato e sugli abitanti di zone dove si è utilizzato il glifosato per eradicare “colture illegali”.
In alcuni luoghi in America, lo Stato ha irrorato sistematicamente regioni controllate da movimenti e guerriglie in opposizione allo Stato stesso. Uno degli argomenti che si utilizzavano per mettere in atto questo procedimento era il controllo della produzione di droghe. La realtà è che, come dimostra questo studio, stavano facendo molto di più che distruggere “colture illegali”. Sia nei giornalieri delle fattorie dove si utilizza glifosato, sia le persone esposti all’irrorazione tramite aerei, la frequenza di cellule linfocitiche binucleate con micronuclei, un marcatore di danno genetico molto robusto, era significativamente maggiore che, ad esempio, nei giornalieri delle fattorie dove si produceva caffè mediante tecniche di coltivazione organiche. Richiama fortemente l’attenzione il fatto che la conclusione dello studio dia un rischio basso, dato che la presenza di linfociti con due nuclei è una delle principali prove utilizzate in vitro per trovare una connessione causale tra citotossicità/genotossicità e una determinata sostanza. È quello che Eastmond e Tucker hanno definito “ricerca di agenti induttori di aneuploidia”. Aneuploidia significa che il numero di cromosomi non coincide con quello che dovrebbe essere. Se il numero di cromosomi non coincide, come dimostrano gli stessi autori, di quale altro miglior marcatore hanno bisogno?
L’analisi epidemiologica più recente (2020), e di maggior dimensione, è quello che ci fornisce l’équipe guidata da Luoping Zhang, della scuola di salute pubblica dell’Università di Berkeley (Usa). Qui si studia come aumenta fino al 41% la probabilità di ammalarsi di linfoma non-Hodgkin nelle persone che lavorano esposte a glifosato e si raccomanda caldamente lo studio concreto delle diverse formulazioni commerciali del glifosato intuendo che alcuni coadiuvanti che contengono sono problematici.
Ma non è soltanto genotossico e, pertanto, cancerogeno. Vi sono prove schiaccianti negli animali che inducono (quasi obbligano) a pensare al suo potenziale come interferente endocrino. In altre parole, c’è una base solida per ritenere che il glifosato interferisca con il nostro sistema ormonale, producendo una molteplicità di irregolarità e disfunzioni. Studi sui topi hanno dimostrato gli effetti delle preparazioni commerciali del glifosato sul sistema riproduttivo maschile, concretamente sulle cellule di Sertoli e Leydig, replicate in studi sul germano reale Anas platyrhyncos e che, inoltre, mostravano i primi indizi di danno derivante da questi preparati commerciali sull’espressione genica del meccanismo metabolico e dei recettori extracellulari che hanno il compito di agire da interfaccia tra il sistema ormonale sessuale e il sistema metabolico: senza dubbio il glifosato è un interferente endocrino. Ma c’è di più. Ci sono studi su animali pubblicati su Nature che dimostrano anche i suoi effetti sul ciclo ovarico, diminuendo la capacità del sistema ormonale di produrre maturazioni ovariche complete e di produrre endometri adatti all’inserimento di potenziali embrioni. Producono quello che si definisce nel gergo fisiologico una bassa funzione ovarica danneggiando le cellule omologhe a quelle di Sertoli e Leydig: le cellule della teca e della granulosa.
Ma ci sono prove di questo negli umani? Un équipe del Centro di tossicologia e salute ambientale del Ministero dell’Educazione di Bangkok (Thailandia), guidato da Siriporn Thongprakaisang, è riuscito a dimostrare a livello molecolare gli effetti distruttivi del glifosato molecolare (senza additivi commerciali). In questi esperimenti con cellule in vitro si è osservato che, in un tipo di cancro alla mammella sensibile agli estrogeni, i recettori per gli estrogeni hanno visto incrementata la loro espressione genetica da 5 a 13 volte in risposta al trattamento con il glifosato. Questo vuol dire che una donna con questo tipo di cancro alla mammella è molto probabile che veda la sua vita in pericolo se riceve qualche esposizione alla molecola. A quale concentrazione? Secondo questo lavoro stiamo parlando di concentrazioni dell’ordine dei nanogrammi, molto inferiori a quelle che sono state trovate in tessuti e urina di animali e umani.
I “Monsanto Papers”
Il caso “Lee” aprì le porte giudiziarie e giornalistiche dei forzieri del tesoro che Monsanto custodiva nei suoi archivi. Come si è arrivati a sbrogliare questa informazione e come funziona in generale la rendicontazione ambientale e sanitaria delle imprese nelle società occidentali?
Negli Usa si utilizza molto una forma di regolazione dell’attività economica chiamata “regolazione basata sui rischi” insieme a una concezione di questa regolazione come qualcosa di “privato” o che dev’essere “autoregolata” dal settore stesso tramite audit interni e la formulazione dei propri standard di qualità. Sono molti i casi in cui si è prodotto un enorme danno alla salute pubblica mediante questo sistema e in cui solamente lunghi e costosi processi sono riusciti a portare alla luce, mentre l’impresa continuava a ricavare soldi dallo stesso o da un altro ramo produttivo. Questo modo di regolare è legato al concetto di Nuova Gestione Pubblica, che a partire dagli anni ‘80 si è integrato anche nella modalità di regolazione della Ue, e che fondamentalmente raccoglie i concetti neoliberisti e cerca di applicarli alla gestione pubblica; inoltre questa procedura è più forte in certi paesi rispetto ad altri (e anche, detto per inciso, con un maggior controllo regolatorio generale da parte degli organismi competenti).
Carey Gillam nel suo libro cita il caso dell’Oxycontin (Oxicodone), l’oppiaceo con il quale è iniziata intorno al 2000 l’attuale epidemia di overdose che, nel “Paese della libertà”, sta falciando vite nella misura di 100.000 persone all’anno e che attualmente ha come causa un altro oppiaceo denominato Fentanyl; o il caso della General Motors e del suo rifiuto di rinforzare il telaio delle sue auto e camion pur sapendo che non erano sufficientemente resistenti. E aggiungiamo: il film Dark Waters (2019) racconta un processo simile con la produzione di teflon da parte dell’impresa Dupont e come dal suo redditizio uso militare durante la seconda guerra mondiale si passa a un più che lucrativo uso in utensili da cucina e altri strumenti domestici, con esperimenti interni che dimostravano la sua tossicità e scaricando i residui della sua produzione nell’ambiente senza nessun trattamento. Il film narra alla perfezione tutto questo sistema di autoregolazione che è ovviamente sfruttato dal capitale, da un lato per socializzare le “esternalità” del processo di riproduzione del capitale, mentre, dall’altro, è necessaria una dura battaglia giudiziaria per perché il pubblico conosca i documenti interni dell’impresa e renderli accessibili. Proprio il sistema perfetto di trasparenza e onestà che ogni democrazia si merita.
L’équipe legale di “Lee” ha dovuto affrontare battaglie simili intorno al 2016. La Monsanto aveva in suo possesso migliaia di mail, documenti, esami di laboratorio e altre prove che considerava “segreti” perché riguardavano, a quanto dicevano, fatti collegati ai loro brevetti. L’équipe legale riteneva che sapere se i responsabili scientifici dell’impresa sapevano, o no, del possibile potenziale cancerogeno dei loro prodotti commerciali, come il Roundup o il Ranger Pro, non era un segreto commerciale, ma un’informazione essenziale che qualsiasi cittadino degli Usa e del mondo (dato l’uso globale dell’erbicida glifosato) aveva diritto a conoscere. Inoltre, neppure l’informazione relativa allo spionaggio su attivisti per i diritti umani o alla fabbricazione di prove false su riviste scientifiche di prestigio che sostenessero la sicurezza dei preparati commerciali della Monsanto, come appare ovvio, poteva considerarsi “segreto commerciale”.
Fu così che un giudice della California concesse al mondo il diritto di conoscere i “Monsanto Papers”. Inoltre, parallelamente, France2 e Le Monde rivelarono che, durante il 2016, la Monsanto aveva spiato più di 200 personalità politiche, giornalistiche e scientifiche del Paese della rivoluzione più iconica. E ciò per il semplice fatto di essersi schierati contro gli effetti nocivi per la salute dell’erbicida glifosato. La sua rete di spionaggio si è estesa per tutto il mondo, arrivando a organizzare campagne di discredito e controinformazione contro il cantante Neil Young, che si era mostrato molto combattivo contro l’uso di questo erbicida, e contro la stessa Carey Gillam che stava per pubblicare il suo primo libro sui Monsanto papers, “Whitewash: The Story of a Weed Killer, Cancer, and the Corruption of Science” (2017).
La Monsanto aveva già esperienza di spionaggio di attivisti per i diritti umani e per il pianeta. Nel 2010 uno dei settimanali con più storia negli Usa, e che è riuscito a mantenere la sua indipendenza dai grandi gruppi finanziari, The Nation, ebbe accesso a informazioni interne dell’impresa di sicurezza privata più grande del mondo: la Blackwater. In questa documentazione trovarono che “hanno fornito servizi di intelligence, formazione e sicurezza a governi statunitensi e stranieri e a diverse multinazionali, comprese Monsanto, Chevron, Walt Disney Company, Royal Caribbean Cruise Lines e i giganti bancari Deutsche Bank e Barclays”. In concreto, si può leggere in questo articolo firmato da Jeremy Scahill quanto segue:
“La Blackwater, tramite la Total Intelligence, cercò di trasformarsi nel «settore intelligence» della Monsanto, offrendo di fornire operatori per infiltrarsi nei gruppi di attivisti che si organizzano contro l’impresa multinazionale di biotecnologia. (…) Secondo le comunicazioni interne della Total Intelligence, il gigante della biotecnologia Monsanto, il maggior fornitore mondiale di semi geneticamente modificati, contrattò l’impresa nel 2008-2009. La relazione tra le due imprese sembra essersi solidificata nel gennaio 2008 quando il presidente della Total Intelligence, Cofer Black, si recò a Zurigo per riunirsi con Kevin Wilson, dirigente della sicurezza della Monsanto per le questioni globali (…)”.
Questa impresa di mercenari, e le sue filiali, stavano diventando il servizio di intelligence della multinazionale… e la relazione non terminò nel 2009. L’attività di questa impresa sembrò incentrarsi sulla compilazione e l’analisi di informazioni su gruppi di attivisti in America Latina.
Il caso “Lee” aprì le porte giudiziarie e giornalistiche dei forzieri del tesoro che Monsanto custodiva nei suoi archivi. Come si è arrivati a sbrogliare questa informazione e come funziona in generale la rendicontazione ambientale e sanitaria delle imprese nelle società occidentali?
Negli Usa si utilizza molto una forma di regolazione dell’attività economica chiamata “regolazione basata sui rischi” insieme a una concezione di questa regolazione come qualcosa di “privato” o che dev’essere “autoregolata” dal settore stesso tramite audit interni e la formulazione dei propri standard di qualità. Sono molti i casi in cui si è prodotto un enorme danno alla salute pubblica mediante questo sistema e in cui solamente lunghi e costosi processi sono riusciti a portare alla luce, mentre l’impresa continuava a ricavare soldi dallo stesso o da un altro ramo produttivo. Questo modo di regolare è legato al concetto di Nuova Gestione Pubblica, che a partire dagli anni ‘80 si è integrato anche nella modalità di regolazione della Ue, e che fondamentalmente raccoglie i concetti neoliberisti e cerca di applicarli alla gestione pubblica; inoltre questa procedura è più forte in certi paesi rispetto ad altri (e anche, detto per inciso, con un maggior controllo regolatorio generale da parte degli organismi competenti).
Carey Gillam nel suo libro cita il caso dell’Oxycontin (Oxicodone), l’oppiaceo con il quale è iniziata intorno al 2000 l’attuale epidemia di overdose che, nel “Paese della libertà”, sta falciando vite nella misura di 100.000 persone all’anno e che attualmente ha come causa un altro oppiaceo denominato Fentanyl; o il caso della General Motors e del suo rifiuto di rinforzare il telaio delle sue auto e camion pur sapendo che non erano sufficientemente resistenti. E aggiungiamo: il film Dark Waters (2019) racconta un processo simile con la produzione di teflon da parte dell’impresa Dupont e come dal suo redditizio uso militare durante la seconda guerra mondiale si passa a un più che lucrativo uso in utensili da cucina e altri strumenti domestici, con esperimenti interni che dimostravano la sua tossicità e scaricando i residui della sua produzione nell’ambiente senza nessun trattamento. Il film narra alla perfezione tutto questo sistema di autoregolazione che è ovviamente sfruttato dal capitale, da un lato per socializzare le “esternalità” del processo di riproduzione del capitale, mentre, dall’altro, è necessaria una dura battaglia giudiziaria per perché il pubblico conosca i documenti interni dell’impresa e renderli accessibili. Proprio il sistema perfetto di trasparenza e onestà che ogni democrazia si merita.
L’équipe legale di “Lee” ha dovuto affrontare battaglie simili intorno al 2016. La Monsanto aveva in suo possesso migliaia di mail, documenti, esami di laboratorio e altre prove che considerava “segreti” perché riguardavano, a quanto dicevano, fatti collegati ai loro brevetti. L’équipe legale riteneva che sapere se i responsabili scientifici dell’impresa sapevano, o no, del possibile potenziale cancerogeno dei loro prodotti commerciali, come il Roundup o il Ranger Pro, non era un segreto commerciale, ma un’informazione essenziale che qualsiasi cittadino degli Usa e del mondo (dato l’uso globale dell’erbicida glifosato) aveva diritto a conoscere. Inoltre, neppure l’informazione relativa allo spionaggio su attivisti per i diritti umani o alla fabbricazione di prove false su riviste scientifiche di prestigio che sostenessero la sicurezza dei preparati commerciali della Monsanto, come appare ovvio, poteva considerarsi “segreto commerciale”.
Fu così che un giudice della California concesse al mondo il diritto di conoscere i “Monsanto Papers”. Inoltre, parallelamente, France2 e Le Monde rivelarono che, durante il 2016, la Monsanto aveva spiato più di 200 personalità politiche, giornalistiche e scientifiche del Paese della rivoluzione più iconica. E ciò per il semplice fatto di essersi schierati contro gli effetti nocivi per la salute dell’erbicida glifosato. La sua rete di spionaggio si è estesa per tutto il mondo, arrivando a organizzare campagne di discredito e controinformazione contro il cantante Neil Young, che si era mostrato molto combattivo contro l’uso di questo erbicida, e contro la stessa Carey Gillam che stava per pubblicare il suo primo libro sui Monsanto papers, “Whitewash: The Story of a Weed Killer, Cancer, and the Corruption of Science” (2017).
La Monsanto aveva già esperienza di spionaggio di attivisti per i diritti umani e per il pianeta. Nel 2010 uno dei settimanali con più storia negli Usa, e che è riuscito a mantenere la sua indipendenza dai grandi gruppi finanziari, The Nation, ebbe accesso a informazioni interne dell’impresa di sicurezza privata più grande del mondo: la Blackwater. In questa documentazione trovarono che “hanno fornito servizi di intelligence, formazione e sicurezza a governi statunitensi e stranieri e a diverse multinazionali, comprese Monsanto, Chevron, Walt Disney Company, Royal Caribbean Cruise Lines e i giganti bancari Deutsche Bank e Barclays”. In concreto, si può leggere in questo articolo firmato da Jeremy Scahill quanto segue:
“La Blackwater, tramite la Total Intelligence, cercò di trasformarsi nel «settore intelligence» della Monsanto, offrendo di fornire operatori per infiltrarsi nei gruppi di attivisti che si organizzano contro l’impresa multinazionale di biotecnologia. (…) Secondo le comunicazioni interne della Total Intelligence, il gigante della biotecnologia Monsanto, il maggior fornitore mondiale di semi geneticamente modificati, contrattò l’impresa nel 2008-2009. La relazione tra le due imprese sembra essersi solidificata nel gennaio 2008 quando il presidente della Total Intelligence, Cofer Black, si recò a Zurigo per riunirsi con Kevin Wilson, dirigente della sicurezza della Monsanto per le questioni globali (…)”.
Questa impresa di mercenari, e le sue filiali, stavano diventando il servizio di intelligence della multinazionale… e la relazione non terminò nel 2009. L’attività di questa impresa sembrò incentrarsi sulla compilazione e l’analisi di informazioni su gruppi di attivisti in America Latina.
Le pressioni sulle Organizzazioni internazionali
L’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (Iarc la sua sigla in inglese), un organismo che dipende dall’Oms, ha pubblicato un rapporto nel 2015 dove si classifica l’erbicida glifosato nella sua forma pura (e non mescolato con coadiuvanti come nel caso dei preparati commerciali) come «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani». Tuttavia, già a partire dalla pubblicazione di questo rapporto, diversi organismi all’interno delle stesse Nazioni Unite e di organismi regolatori dell’Ue, hanno cominciato a pubblicare rapporti in contraddizione con il rapporto della Iarc, arrivando anche a ignorare del tutto le prove indicate in quest’ultimo.
Per esempio, nel 2016 il Consiglio della Fao/Oms sui residui dei Pesticidi (Jmpr la sua sigla in inglese) concluse che è poco probabile che questo erbicida comporti un rischio cancerogeno per gli umani relativamente a un’esposizione di tipo alimentare. Nel seno della Ue, e già nel contesto della moratoria per il glifosato che termina alla fine di quest’anno, il Comitato di Valutazione dei Rischi (Rac) dell’Agenzia Europea sulle Sostanze e composti chimici (Echa) ha scartato le solide prove esistenti nel rapporto della Iarc per classificare il glifosato come presunto carcinogeno umano e lo considera completamente sicuro. Un processo simile si è verificato nell’Agenzia Europea per la Sicurezza alimentare (Efsa). Non depone certo a favore della forma di autoregolazione che continua a essere in vigore nella Ue sulla sicurezza nella produzione il fatto che la Efsa sia stata giudizialmente obbligata a mostrare la documentazione sulla quale aveva basato le sue decisioni in relazione al glifosato. E ancora meno che un articolo scientifico, sottoposto a revisione tra pari e firmato da più di 100 persone esperte in materia, che dimostrerebbe la correttezza dell’analisi effettuata dalla Iarc e la disastrosa procedura dell’Efsa.
I processi contro la Monsanto
Il primo dei processi contro la Monsanto, come abbiamo visto, è stato quello di Dewayne Anthony “Lee” Johnson. Nonostante le manovre della multinazionale di cercare di dividere la causa in due processi ed evitare che la giuria potesse vedere la maggior parte dell’informazione disponibile nei Monsanto papers, la giuria dichiarò che il “fattore sostanziale” per lo sviluppo del Linfoma Non-Hodgkin terminale che di lì a poco avrebbe tolto la vita a “Lee” fu il preparato commerciale della Monsanto. Il risarcimento fu fissato in 290 milioni di dollari, poi ridotti dal giudice a 39 milioni. Dopo diverse battaglie giudiziarie da parte dei rappresentanti di “Lee” per incrementare questo risarcimento, e per annullare la causa da parte della Monsanto, la causalità rimase sufficientemente accertata nei ricorsi e la causa restò in piedi. È vero però che il risarcimento non fu mai aumentato. In realtà fu ridotto a un totale di 21 milioni. Che il cancro non impedisca la riproduzione del capitale.
Il secondo processo nel quale la Monsanto affrontava il cancro, e che fu il primo ad arrivare alla Corte Federale Usa, fu quello che intentò Edwin Hardeman, un giardiniere dilettante che utilizzò Roundup per controllare la diffusione di erbe non desiderate nelle sue proprietà per più di 30 anni. La strategia dell’impresa fu simile: cercare in primo luogo di dividere la causa e poi di annullarla. Anche il risultato fu simile: rimase accertato che il prodotto Roundup fu la “causa sostanziale” del Linfoma Non-Hodkin di cui anche Edwin soffriva.
Il terzo processo contro la Monsanto terminò nella sua fase con la giuria nel maggio 2019. Alva Pilliod e Alberta Pilliod avevano irrorato la loro proprietà con Roundup, pensando che fosse sicuro come la compagnia si era incaricata di assicurare per decenni. Entrambe svipupparono un linfoma non-Hodgkin. I risarcimenti iniziali fissati dalla giuria furono elevatissimi, per un totale di 2 miliardi di dollari. E come era successo nei due casi precedenti, il giudice li ridusse a un totale di 87 milioni. Ci sono due questioni diverse in questo caso: I) è ancora aperto alla Corte d’Appello della California, e II) fu condotto dal Consiglio giudiziario sul Roundup della California (Jccp), un équipe legale che si è specializzata in questo tipo di cause.
Conclusione
Attualmente sono ancora aperte molte cause civili in diversi Stati degli Usa contro la Bayer-Monsanto. La stessa impresa ha creato un fondo per pagare risarcimenti per un valore stimato tra i 10 e i 16 miliardi di dollari. Nonostante questo scandalo, sembra che la Ue insista nel rinnovare il permesso per continuare a utilizzare questo erbicida come fitosanitario alla fine di quest’anno. Neppure le sempre più schiaccianti prove del suo potere cancerogeno, neppure il più che dimostrato danno agli ecosistemi e alla biodiversità sembrano sensibilizzare i regolatori o le élites politiche. Il denaro comanda e la “guerra sporca” delle multinazionali contro i movimenti sociali continua. Anche se questa guerra non è nuova, impressiona la relazione tra la Monsanto e i mercenari della Blackwater. Ben lontano dall’impedirlo, il permissivismo dei governi, le ininfluenti multe alle multinazionali e la propaganda firmata da alcuni scienziati hanno permesso di occultare gli effetti del glifosato nella società.
Permetteremo che questo veleno globale continui a essere infiltrato in quello che mangiamo, dove ci bagniamo o nelle vicinanze delle nostre case?
Tratto da El Salto, traduzione italiana di Nello Gradirà per Codice Rosso
L’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (Iarc la sua sigla in inglese), un organismo che dipende dall’Oms, ha pubblicato un rapporto nel 2015 dove si classifica l’erbicida glifosato nella sua forma pura (e non mescolato con coadiuvanti come nel caso dei preparati commerciali) come «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani». Tuttavia, già a partire dalla pubblicazione di questo rapporto, diversi organismi all’interno delle stesse Nazioni Unite e di organismi regolatori dell’Ue, hanno cominciato a pubblicare rapporti in contraddizione con il rapporto della Iarc, arrivando anche a ignorare del tutto le prove indicate in quest’ultimo.
Per esempio, nel 2016 il Consiglio della Fao/Oms sui residui dei Pesticidi (Jmpr la sua sigla in inglese) concluse che è poco probabile che questo erbicida comporti un rischio cancerogeno per gli umani relativamente a un’esposizione di tipo alimentare. Nel seno della Ue, e già nel contesto della moratoria per il glifosato che termina alla fine di quest’anno, il Comitato di Valutazione dei Rischi (Rac) dell’Agenzia Europea sulle Sostanze e composti chimici (Echa) ha scartato le solide prove esistenti nel rapporto della Iarc per classificare il glifosato come presunto carcinogeno umano e lo considera completamente sicuro. Un processo simile si è verificato nell’Agenzia Europea per la Sicurezza alimentare (Efsa). Non depone certo a favore della forma di autoregolazione che continua a essere in vigore nella Ue sulla sicurezza nella produzione il fatto che la Efsa sia stata giudizialmente obbligata a mostrare la documentazione sulla quale aveva basato le sue decisioni in relazione al glifosato. E ancora meno che un articolo scientifico, sottoposto a revisione tra pari e firmato da più di 100 persone esperte in materia, che dimostrerebbe la correttezza dell’analisi effettuata dalla Iarc e la disastrosa procedura dell’Efsa.
I processi contro la Monsanto
Il primo dei processi contro la Monsanto, come abbiamo visto, è stato quello di Dewayne Anthony “Lee” Johnson. Nonostante le manovre della multinazionale di cercare di dividere la causa in due processi ed evitare che la giuria potesse vedere la maggior parte dell’informazione disponibile nei Monsanto papers, la giuria dichiarò che il “fattore sostanziale” per lo sviluppo del Linfoma Non-Hodgkin terminale che di lì a poco avrebbe tolto la vita a “Lee” fu il preparato commerciale della Monsanto. Il risarcimento fu fissato in 290 milioni di dollari, poi ridotti dal giudice a 39 milioni. Dopo diverse battaglie giudiziarie da parte dei rappresentanti di “Lee” per incrementare questo risarcimento, e per annullare la causa da parte della Monsanto, la causalità rimase sufficientemente accertata nei ricorsi e la causa restò in piedi. È vero però che il risarcimento non fu mai aumentato. In realtà fu ridotto a un totale di 21 milioni. Che il cancro non impedisca la riproduzione del capitale.
Il secondo processo nel quale la Monsanto affrontava il cancro, e che fu il primo ad arrivare alla Corte Federale Usa, fu quello che intentò Edwin Hardeman, un giardiniere dilettante che utilizzò Roundup per controllare la diffusione di erbe non desiderate nelle sue proprietà per più di 30 anni. La strategia dell’impresa fu simile: cercare in primo luogo di dividere la causa e poi di annullarla. Anche il risultato fu simile: rimase accertato che il prodotto Roundup fu la “causa sostanziale” del Linfoma Non-Hodkin di cui anche Edwin soffriva.
Il terzo processo contro la Monsanto terminò nella sua fase con la giuria nel maggio 2019. Alva Pilliod e Alberta Pilliod avevano irrorato la loro proprietà con Roundup, pensando che fosse sicuro come la compagnia si era incaricata di assicurare per decenni. Entrambe svipupparono un linfoma non-Hodgkin. I risarcimenti iniziali fissati dalla giuria furono elevatissimi, per un totale di 2 miliardi di dollari. E come era successo nei due casi precedenti, il giudice li ridusse a un totale di 87 milioni. Ci sono due questioni diverse in questo caso: I) è ancora aperto alla Corte d’Appello della California, e II) fu condotto dal Consiglio giudiziario sul Roundup della California (Jccp), un équipe legale che si è specializzata in questo tipo di cause.
Conclusione
Attualmente sono ancora aperte molte cause civili in diversi Stati degli Usa contro la Bayer-Monsanto. La stessa impresa ha creato un fondo per pagare risarcimenti per un valore stimato tra i 10 e i 16 miliardi di dollari. Nonostante questo scandalo, sembra che la Ue insista nel rinnovare il permesso per continuare a utilizzare questo erbicida come fitosanitario alla fine di quest’anno. Neppure le sempre più schiaccianti prove del suo potere cancerogeno, neppure il più che dimostrato danno agli ecosistemi e alla biodiversità sembrano sensibilizzare i regolatori o le élites politiche. Il denaro comanda e la “guerra sporca” delle multinazionali contro i movimenti sociali continua. Anche se questa guerra non è nuova, impressiona la relazione tra la Monsanto e i mercenari della Blackwater. Ben lontano dall’impedirlo, il permissivismo dei governi, le ininfluenti multe alle multinazionali e la propaganda firmata da alcuni scienziati hanno permesso di occultare gli effetti del glifosato nella società.
Permetteremo che questo veleno globale continui a essere infiltrato in quello che mangiamo, dove ci bagniamo o nelle vicinanze delle nostre case?
Tratto da El Salto, traduzione italiana di Nello Gradirà per Codice Rosso
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