Anno IX - Numero 16
Non indugiare sul passato, non sognare il futuro, concentra la mente sul presente.
Buddha

mercoledì 26 giugno 2024

Il falò dei finti sgravi fiscali

Per proteggere e migliorare il potere d’acquisto dei lavoratori gli sgravi fiscali e contributivi non appaiono lo strumento più idoneo. Usare la leva fiscale o parafiscale per aumentare i soldi in tasca a lavoratori in un sistema la cui produttività stagna da tempo immemore è una strategia di lento suicidio.

di Mario Seminerio

L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, watchdog indipendente delle omonime politiche, ha presentato il rapporto annuale, che illustra tendenze recenti e prospettive di economia e finanza pubblica italiane, oltre a contenere approfondimenti tematici. Quello di quest’anno è dedicato alla evoluzione della tassazione sulle famiglie e alla devastazione che il legislatore ha inflitto all’Irpef, tra bonus e flat tax, per ritagliarsi fette di elettorato volubile ed irriconoscente.
Illusorio “taglio di tasse”
Upb passa quindi in rassegna gli interventi dal 2014 ad oggi, a partire dal bonus 80 euro (Renzi),

[…] per sostenere il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti con salari medio-bassi, anche a fronte di una dinamica calante delle retribuzioni reali dei primi due quintili della distribuzione. Questo ha ridotto significativamente il prelievo per i contribuenti con redditi più bassi, producendo tuttavia forti irregolarità nell’andamento delle aliquote marginali, che raggiungevano un picco di circa l’80 per cento in corrispondenza dei redditi per i quali il bonus si riduceva rapidamente.

Tradotto: aliquota marginale effettiva ripidissima, che come tale esercita un potente disincentivo all’offerta di lavoro. Ma a parte ciò, di cui ho scritto all’epoca, sarebbe utile considerare che questo intervento, e tutti i successivi sino alla decontribuzione per gli under 35 mila euro lordi annui con cui il governo Meloni si accinge a impiccare la finanza pubblica, sono stati semplici pannicelli caldi per contrastare il sintomo (il calo delle retribuzioni) rispetto alla malattia (l’insufficiente sviluppo della produttività e la contrattazione collettiva).

Malgrado questa palmare evidenza, la politica di maggioranza pro tempore, in questi dieci anni, si è sempre esercitata nel lancio dell’Ansa e nei mini video di 30 secondi per i tg declamando scemenze del tipo “abbiamo ridotto le tasse”. Una truffa intellettuale (e non solo) di prima grandezza.

Al bonus Renzi hanno fatto seguito altri interventi, nel 2017, 2020 e nel 2021, dettati dall’esigenza di correggere le distorsioni sulle aliquote effettive, beneficiando prima i contribuenti con livelli intermedi di reddito (tra 28.000 e 40.000 euro) e poi i redditi oltre i 40.000 euro. Quelli “ricchi”, che come tali meritano il disprezzo del popolo stressato.

Entri il fiscal drag
L’esercizio di Upb va oltre, perché considera l’impatto del drenaggio fiscale (fiscal drag), causato dalla mancata indicizzazione all’inflazione di scaglioni e detrazioni/deduzioni. Esercizio ineccepibile, visto che conta il potere d’acquisto, grandezza reale, e non l’andamento nominale dei redditi. Per lunghi anni, a causa della crisi del debito e della pressione deflazionistica causata da essa ma anche dalla globalizzazione, la questione del fiscal drag è rimasta dormiente. Poi, negli ultimi tre anni circa, la fiammata inflazionistica l’ha riportata di attualità.

Quale è la conclusione dello studio di Upb? Che, prendendo a riferimento un dipendente senza carichi di famiglia, l’aliquota media si è effettivamente ridotta, rispetto al 2014, lungo tutta la distribuzione del reddito. Tuttavia,

[…] se si considera anche l’effetto del drenaggio fiscale, l’aliquota media aumenta per quasi tutti i livelli di reddito (solo per un breve intervallo di redditi immediatamente superiori a 30.000 euro si registra una riduzione dell’aliquota media che raggiunge il punto di aliquota). L’effetto negativo del drenaggio fiscale nei dieci anni considerati più che compensa l’effetto positivo determinato dalle modifiche normative.

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