Anno IX - Numero 18
Non indugiare sul passato, non sognare il futuro, concentra la mente sul presente.
Buddha

venerdì 28 giugno 2024

Fascicolo sanitario elettronico: le cose da sapere e il dibattito intorno

Fino al 30 giugno è possibile opporsi alla condivisione dei dati sanitari precedenti al maggio 2020 con vari enti della pubblica amministrazione, e se ne sta parlando per questioni di privacy

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Negli ultimi giorni diversi esperti di privacy e di sanità hanno commentato in modo più o meno favorevole il fascicolo sanitario elettronico, il sistema che archivia i dati sanitari delle persone e li mette a disposizione di medici, ospedali e ambulatori previo consenso dei pazienti. Il confronto riguarda in particolare la possibilità per i cittadini di opporsi all’inserimento nel fascicolo dei dati sanitari registrati prima del 19 maggio 2020, negandone di conseguenza la possibilità di condividerli con gli enti della pubblica amministrazione. Dallo scorso 22 aprile è possibile chiedere al ministero della Salute di non condividere i propri dati: la scadenza per farlo è il prossimo 30 giugno, tra tre giorni, ma finora si è parlato pochissimo di questa possibilità e delle sue implicazioni.

Il fascicolo sanitario elettronico (Fse) contiene tutti i dati relativi alla storia sanitaria di una persona: quante e quali vaccinazioni ha fatto, quante e quali visite, che ricette le sono state prescritte, se ha fatto esami specialistici od operazioni e i relativi referti. Viene alimentato continuamente dalle informazioni registrate dal servizio sanitario nazionale, ma deve essere aperto – solo con il consenso delle persone interessate – dalle regioni, a cui in Italia è affidata la gestione della sanità.

In alcune regioni il fascicolo sanitario elettronico funziona da tempo, come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e la Lombardia, mentre altre sono molto indietro come l’Abruzzo, la Basilicata e la Calabria, ma anche il Lazio, la Liguria, la Sicilia e la Campania. Secondo i piani, il fascicolo dovrà obbligatoriamente essere attivo in tutte le regioni italiane entro il 2026.

È uno strumento che serve sia ai pazienti che ai medici. I primi, per esempio, possono usarlo per gestire ricette e appuntamenti per esami e visite molto più velocemente rispetto al passato: quando il medico di medicina generale prescrive una visita bastano pochi passaggi, da svolgere tutti online, per avere l’elenco e il calendario delle strutture sanitarie dove è possibile prenotarla (spesso le liste di attesa sono molto lunghe, ma questo è un altro problema). La funzione di “cassetto digitale” inoltre permette di non doversi più preoccupare dei documenti cartacei, che si possono perdere o dimenticare. Nelle regioni in cui il fascicolo è già attivo sono stati man mano aggiunti diversi servizi come il pagamento dei ticket o la scelta del medico o della medica di medicina generale.

I medici invece potranno ottenere velocemente informazioni sullo stato di salute di un paziente, dato che dentro ci sono dati relativi alle terapie, lettere di dimissioni ospedaliere, verbali di pronto soccorso, prescrizione di visite specialistiche, inviti a screening e i relativi referti, compresi quelli di radiografie o di esami di laboratorio. Si può capire per esempio se una persona è allergica, se ha problemi rilevanti o patologie croniche senza doverglielo necessariamente chiedere, con il rischio tra l’altro di ricevere risposte imprecise o fuorvianti.

Negli ultimi mesi i ministeri della Salute e delle Finanze hanno lavorato per integrare il sistema gestito dalle regioni ed estendere l’accesso al fascicolo sanitario a tutto il servizio sanitario nazionale. Significa principalmente due cose: la prima è che un paziente potrà consentire l’accesso ai suoi dati sanitari anche fuori dalla propria regione; la seconda che i ministeri avranno a disposizione molte più informazioni per capire come sta la popolazione italiana e come viene gestito il servizio sanitario nazionale. Si potranno fare ricerche più approfondite in campo medico ed epidemiologico, oltre a studiare la spesa sanitaria e la cosiddetta appropriatezza prescrittiva (ossia la correttezza delle prescrizioni di farmaci e trattamenti, che spesso vengono richiesti anche quando non servono allungando le liste d’attesa).

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