di Beppe Scienza*
La faccenda riguarda circa 350 mila risparmiatori titolari di polizze nell’ordine dei 15 miliardi di euro complessivi. Una trentina di società - assicurazioni e banche collocatrici di suoi prodotti - collaborano per puntellare la baracca ed evitare perdite nominali ai clienti. Il salvataggio vero e proprio è in carico ad Allianz, Generali, Unipol, Intesa e Poste. La soluzione viene etichettata come “di sistema” e molto elogiata perché non prevede il ricorso a soldi pubblici, neppure indirettamente come per le cosiddette banche venete.
Un nobile atto di generosità? No, un mero calcolo opportunistico. Le società intervenute sanno di trovarsi sulla stessa barca che ha permesso e continuerà a consentire loro di pescare laute commissioni, provvigioni et similia dalle tasche dei risparmiatori italiani. Eurovita in particolare era generosa coi venditori dei suoi prodotti, cosa che pesa sui bilanci.
È già brutto avere i propri soldi congelati in attesa di una soluzione con ripetuti rinvii, l’ultimo fino al 31 ottobre 2023. Ma una perdita rispetto alle garanzie contrattuali, anche solo parziale, sarebbe una mazzata per il settore che da decenni ripete la tiritera che “assicurazione vuol dire sicurezza” e slogan simili.
L’establishment finanziario-assicurativo deve intervenire perché i risparmiatori e anche qualche giornalista onesto cominciano a porsi qualche domanda. Ovvero, per cominciare, si chiedono se esista un fondo di garanzia per le polizze vita, come c’è per conti e libretti bancari. La risposta è negativa ma il problema viene allegramente taciuto dalla stampa e dalla cosiddetta educazione finanziaria.
Ma c’è anche da interrogarsi sulla spropositata inflazione di polizze prive di senso assicurativo, cioè che non coprono nessun rischio di sinistri quali la malattia, la morte prematura, l’incendio, il furto ecc. Guai se gli italiani capissero che roba rifila il risparmio gestito sotto la veste di assicurazioni sulla vita. Chi mai le sottoscriverebbe più? Ciò vale in particolare per le diffusissime polizze dette a vita intera. Si tratta in realtà di gestioni prive di ogni trasparenza, costose, impacchettate in una forma assicurativa insulsa, sottoscritte di regola senza consapevolezza della loro natura, che per giunta bloccano i soldi versati. Al risparmiatore vengono presentate genericamente come “un prodotto sicuro” o “un’assicurazione e così lei non corre rischi”.
Affermazioni che la vicenda Eurovita ha smentito.
* Beppe Scienza è Professore universitario presso l'ateneo di Torino e saggista. Dal 2001 mette in rete informazioni e denunce sul tema del risparmio e della previdenza attraverso il suo sito: Il Risparmio Tradito®
La faccenda riguarda circa 350 mila risparmiatori titolari di polizze nell’ordine dei 15 miliardi di euro complessivi. Una trentina di società - assicurazioni e banche collocatrici di suoi prodotti - collaborano per puntellare la baracca ed evitare perdite nominali ai clienti. Il salvataggio vero e proprio è in carico ad Allianz, Generali, Unipol, Intesa e Poste. La soluzione viene etichettata come “di sistema” e molto elogiata perché non prevede il ricorso a soldi pubblici, neppure indirettamente come per le cosiddette banche venete.
Un nobile atto di generosità? No, un mero calcolo opportunistico. Le società intervenute sanno di trovarsi sulla stessa barca che ha permesso e continuerà a consentire loro di pescare laute commissioni, provvigioni et similia dalle tasche dei risparmiatori italiani. Eurovita in particolare era generosa coi venditori dei suoi prodotti, cosa che pesa sui bilanci.
È già brutto avere i propri soldi congelati in attesa di una soluzione con ripetuti rinvii, l’ultimo fino al 31 ottobre 2023. Ma una perdita rispetto alle garanzie contrattuali, anche solo parziale, sarebbe una mazzata per il settore che da decenni ripete la tiritera che “assicurazione vuol dire sicurezza” e slogan simili.
L’establishment finanziario-assicurativo deve intervenire perché i risparmiatori e anche qualche giornalista onesto cominciano a porsi qualche domanda. Ovvero, per cominciare, si chiedono se esista un fondo di garanzia per le polizze vita, come c’è per conti e libretti bancari. La risposta è negativa ma il problema viene allegramente taciuto dalla stampa e dalla cosiddetta educazione finanziaria.
Ma c’è anche da interrogarsi sulla spropositata inflazione di polizze prive di senso assicurativo, cioè che non coprono nessun rischio di sinistri quali la malattia, la morte prematura, l’incendio, il furto ecc. Guai se gli italiani capissero che roba rifila il risparmio gestito sotto la veste di assicurazioni sulla vita. Chi mai le sottoscriverebbe più? Ciò vale in particolare per le diffusissime polizze dette a vita intera. Si tratta in realtà di gestioni prive di ogni trasparenza, costose, impacchettate in una forma assicurativa insulsa, sottoscritte di regola senza consapevolezza della loro natura, che per giunta bloccano i soldi versati. Al risparmiatore vengono presentate genericamente come “un prodotto sicuro” o “un’assicurazione e così lei non corre rischi”.
Affermazioni che la vicenda Eurovita ha smentito.
* Beppe Scienza è Professore universitario presso l'ateneo di Torino e saggista. Dal 2001 mette in rete informazioni e denunce sul tema del risparmio e della previdenza attraverso il suo sito: Il Risparmio Tradito®
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