di Mario Seminerio
Durante i lavori del vertice dei paesi Brics, in corso a Kazan in Russia, Vladimir Putin è tornato a fantasticare di un nuovo quadro di pagamenti internazionali, per liberarsi delle sanzioni occidentali e demolire l’ordine finanziario globale costruito dagli Stati Uniti, che usano il dollaro come arma.
I paesi non occidentali, dopo le sanzioni conseguenti all’invasione russa dell’Ucraina, temono non solo il sequestro di proprie posizioni finanziarie presso il sistema bancario occidentale ma soprattutto di essere estromessi dal sistema di messaggistica Swift, che regge i pagamenti globali.
Dalla moneta comune all’anti Swift
Lo scorso anno, durante il vertice Brics tenutosi in Sud Africa, è stata lanciata l’idea, invero balzana, di una moneta comune tra i paesi del nebuloso raggruppamento, fatto finora di molte chiacchiere e altrettanti distintivi distribuiti durante questi eventi conviviali. Giorni addietro sono persino state presentate delle banconote prototipo alla televisione russa. Forse un gadget a indicare l’obiettivo ideale, chissà. Chiaramente, il fatto che stiamo parlando di economie fortemente eterogenee, con andamenti macro altrettanto divergenti, anche tra paesi che avrebbero il comune denominatore della ricchezza di materie prime, non ha finora consentito di uscire dal folklore.
O meglio, l’uscita è avvenuta lanciando l’idea alternativa di un sistema di messaggistica alternativo a Swift, chiamato Brics Bridge, che dovrebbe fare uso di blockchain, token e valute digitali. Fosse così semplice. Intanto, serve una unità di conto comune, da digitalizzare. Poi servirebbe uno stablecoin rappresentativo di questa unità di conto. Ad oggi, i maggiori stablecoin sono in parità col dollaro, e garantiti da riserve in dollari.
Quale sarebbe, quindi, questa unità di conto comune? Forse l’oro? Possibile. Ma, una volta stabilito ciò, servirebbe una cassa di compensazione e garanzia, e questo ruolo potrebbe svolgerlo la blockchain. Si fiderebbero tutti, oppure si arriverebbe a chiedere periodicamente il regolamento dei saldi debitori e creditori mediante spostamento fisico del metallo giallo? Non comodissimo, si direbbe.
Forse per questo a inizio ottobre i ministri delle Finanze di Cina, India e Sudafrica hanno disertato la plenaria dei loro omologhi Brics. C’è molto interesse a fare affari bilaterali e a parlare, cosa sempre utile, ma spingersi a questo livello di fantasie è ancora considerato eccessivo. E di certo, per chi se lo stesse chiedendo, non c’è modo di usare lo yuan (e il suo sistema di messaggistica Cips) come denominatore comune ai Brics. A voi intuire i motivi.
A necessario complemento del simil-Swift, Putin ha lanciato anche l’idea di un sistema di compensazione e deposito, per lo scambio di valori mobiliari (titoli), tale da sostituire gli occidentali Clearstream ed Euroclear. Anche qui, stesso obiettivo: evitare che sanzioni congelino le posizioni in titoli detenuti presso istituzioni finanziarie occidentali, come accaduto alla stessa Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Ricordiamo che i titoli di proprietà russa congelati presso istituzioni depositarie occidentali producono frutti, cioè interessi e dividendi, che verranno utilizzati per finanziare l’Ucraina.
Ma, anche qui, stessi problemi: un sistema di deposito si basa anche sulla formula “delivery versus payment“, cioè passaggio di titoli regolati a mezzo di movimento di fondi pari al loro controvalore. E se i fondi non si possono muovere perché lo Swift è bloccato e un sistema alternativo non esiste, anche il discorso del deposito titoli made in Brics viene meno.
O meglio, l’uscita è avvenuta lanciando l’idea alternativa di un sistema di messaggistica alternativo a Swift, chiamato Brics Bridge, che dovrebbe fare uso di blockchain, token e valute digitali. Fosse così semplice. Intanto, serve una unità di conto comune, da digitalizzare. Poi servirebbe uno stablecoin rappresentativo di questa unità di conto. Ad oggi, i maggiori stablecoin sono in parità col dollaro, e garantiti da riserve in dollari.
Quale sarebbe, quindi, questa unità di conto comune? Forse l’oro? Possibile. Ma, una volta stabilito ciò, servirebbe una cassa di compensazione e garanzia, e questo ruolo potrebbe svolgerlo la blockchain. Si fiderebbero tutti, oppure si arriverebbe a chiedere periodicamente il regolamento dei saldi debitori e creditori mediante spostamento fisico del metallo giallo? Non comodissimo, si direbbe.
Forse per questo a inizio ottobre i ministri delle Finanze di Cina, India e Sudafrica hanno disertato la plenaria dei loro omologhi Brics. C’è molto interesse a fare affari bilaterali e a parlare, cosa sempre utile, ma spingersi a questo livello di fantasie è ancora considerato eccessivo. E di certo, per chi se lo stesse chiedendo, non c’è modo di usare lo yuan (e il suo sistema di messaggistica Cips) come denominatore comune ai Brics. A voi intuire i motivi.
A necessario complemento del simil-Swift, Putin ha lanciato anche l’idea di un sistema di compensazione e deposito, per lo scambio di valori mobiliari (titoli), tale da sostituire gli occidentali Clearstream ed Euroclear. Anche qui, stesso obiettivo: evitare che sanzioni congelino le posizioni in titoli detenuti presso istituzioni finanziarie occidentali, come accaduto alla stessa Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Ricordiamo che i titoli di proprietà russa congelati presso istituzioni depositarie occidentali producono frutti, cioè interessi e dividendi, che verranno utilizzati per finanziare l’Ucraina.
Ma, anche qui, stessi problemi: un sistema di deposito si basa anche sulla formula “delivery versus payment“, cioè passaggio di titoli regolati a mezzo di movimento di fondi pari al loro controvalore. E se i fondi non si possono muovere perché lo Swift è bloccato e un sistema alternativo non esiste, anche il discorso del deposito titoli made in Brics viene meno.
Sanzioni americane tra le ruote
Ma, a parte gli ostacoli economici e tecnici, la realtà è che gli Stati Uniti restano a stagliarsi all’orizzonte di chiunque collabori col sistema industriale-militare russo, minacciando di tagliare loro l’accesso al dollaro, le famigerate sanzioni secondarie. La prova generale di questa situazione la si è avuta a dicembre dello scorso anno, quando l’Amministrazione Biden ha emesso un ordine esecutivo minacciando sanzioni secondarie contro entità coinvolte nel finanziamento della macchina bellica russa.
La conseguenza è stata una gelata dell’attività delle banche commerciali turche e cinesi. In questo secondo caso, è dovuta intervenire la banca centrale per consentire il regolamento delle transazioni con la Russia. Il ministero dell’economia russo ha rivisto al ribasso le sue previsioni per le importazioni nel 2024 del 9 percento a 295 miliardi di dollari rispetto alla previsione di aprile di 324 miliardi di dollari, il che significa che le importazioni russe totali sono ora destinate a diminuire leggermente rispetto all’anno scorso.
Le sanzioni statunitensi hanno anche escluso le carte bancarie russe dai sistemi di pagamento praticamente in tutti i paesi. Non a caso, un messaggio sul sito web dell’evento Brics di quest’anno consiglia ai delegati di ricordarsi di portare contanti al vertice, preferibilmente in dollari o euro, poiché le loro carte di credito non avrebbero funzionato. Per verifica, leggere qui.
La sintesi è presto fatta: un nuovo sistema di messaggistica che presieda agli scambi transfrontalieri tra paesi Brics non è imminente, per usare un eufemismo. Per il momento, la Russia è diventata uno stato cliente della Cina, e questo ha fatto esplodere il suo utilizzo di valuta non occidentale. Ma per tutti gli altri paesi Brics, vale il principio di base che occorre commerciare con tutti e non schierarsi ideologicamente con un immaginario blocco anti-occidentale, per evitare di farsi molto male.
Commerciare, non schierarsi
Non è un caso che il premier indiano Narendra Modi abbia avvertito che i Brics non devono puntare ad abbattere l’attuale sistema di istituzioni multilaterali globali bensì a riformarlo. Stesso concetto, quello del Trade First, espresso dal ministro degli Esteri indonesiano, assieme al desiderio di entrare nei Brics “non per schierarsi con qualcuno ma per partecipare attivamente in ogni forum”.
Ma questo è noto a tutti i soggetti senzienti. Quindi non a quanti, alle nostre latitudini, stanno salivando copiosamente in attesa che l’Occidente crolli, partendo dal dollaro. Per costoro, vale l’ormai datato consiglio: si fa prima a prendere un aereo e trasferirsi. A meno che una eventuale seconda presidenza Trump acceleri drasticamente l’opera di sgretolamento dell’impero americano, partendo dalla sua moneta.
Mario Seminerio per Phastidio.net
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