di Guido Moltedo
Zero possibilità di diventare un’alternativa realistica ai due principali sfidanti, eppure il grande filosofo e attivista nero è da prendere sul serio. Se non come candidato, certamente come portatore di un messaggio che l’America progressista farebbe bene ad ascoltare. Come quando, al termine di una bella intervista con Stephen Sackur della BBC, fa una disamina molto severa dell’attuale amministrazione, specie della sua politica internazionale, per concludere con l’allarme di una terza guerra mondiale, con Biden rieletto, o di una nuova guerra civile, con Trump presidente.
Nessuno dei due scenari si realizzerà in termini così netti, eppure è lo stesso Biden a evocare spesso la catastrofe democratica se sarà eletto il suo rivale, presentando il voto di novembre come un referendum sulla democrazia stessa. Ed è Trump, dal canto suo, a darne conferma con una campagna elettorale che è un fiume in piena di odio e di violenza verso gli avversari e di minacce di vendetta nei confronti di tutti coloro che hanno cercato di fermarne abusi di potere e tentativi insurrezionali. Ed è ancora Biden a far temere lo scivolamento verso la terza guerra mondiale, con una politica interventista, conseguenza non di una strategia coerente e comprensibile, e neppure di esigenze, per quanto pretestuose, di “sicurezza nazionale”, ma di una serie incrementale di errori tattici e di una sottomissione incondizionata a un alleato che ne detta le mosse.
Il rischio che il voto del 5 novembre si svolga in un clima di massimo disordine è altissimo, alimentato dalla reiterata intenzione di Trump, peraltro condivisa dai big del suo partito, di lasciare al loro destino gli alleati della Nato, e in quel clima potrebbe avvenire un avventuroso passaggio dei poteri, al cui confronto il 6 gennaio 2021 potrebbe sembrare solo la prova generale.
Nessuno dei due scenari si realizzerà in termini così netti, eppure è lo stesso Biden a evocare spesso la catastrofe democratica se sarà eletto il suo rivale, presentando il voto di novembre come un referendum sulla democrazia stessa. Ed è Trump, dal canto suo, a darne conferma con una campagna elettorale che è un fiume in piena di odio e di violenza verso gli avversari e di minacce di vendetta nei confronti di tutti coloro che hanno cercato di fermarne abusi di potere e tentativi insurrezionali. Ed è ancora Biden a far temere lo scivolamento verso la terza guerra mondiale, con una politica interventista, conseguenza non di una strategia coerente e comprensibile, e neppure di esigenze, per quanto pretestuose, di “sicurezza nazionale”, ma di una serie incrementale di errori tattici e di una sottomissione incondizionata a un alleato che ne detta le mosse.
Il rischio che il voto del 5 novembre si svolga in un clima di massimo disordine è altissimo, alimentato dalla reiterata intenzione di Trump, peraltro condivisa dai big del suo partito, di lasciare al loro destino gli alleati della Nato, e in quel clima potrebbe avvenire un avventuroso passaggio dei poteri, al cui confronto il 6 gennaio 2021 potrebbe sembrare solo la prova generale.
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