Anno X - Numero 2
La libertà esiste se esistono uomini liberi.
Luigi Einaudi

giovedì 21 dicembre 2023

Pensioni, c’era una volta la perequazione automatica

Pur di fare cassa, i governi continuano a calpestare i criteri che la perequazione delle pensioni deve rispettare. Le risorse devono arrivare da un’età media al pensionamento più consona al paese col maggior quoziente di dipendenza old age nell’Ocse. Il sistema contributivo resta una chimera

di Mirko Bevilacqua e Sandro Gronchi

Il sistema contributivo italiano meriterà il nome che porta sol quando ne saranno corretti gli errori e colmate le lacune, come è stato nuovamente ricordato qui e qui. Fra le lacune c’è l’assenza di un meccanismo di perequazione coordinato coi coefficienti di trasformazione, che priva questi ultimi di ogni fondamento attuariale con grave pregiudizio per il senso e le finalità del calcolo contributivo della pensione.

A ventotto anni dalla riforma Dini, occorre ammettere che le intelligenti complessità del modello contributivo sono un passo troppo lungo per le gambe corte della politica italiana, e che la prospettiva di un ravvedimento appare improbabile. Il calcolo contributivo della pensione sembra quindi insensatamente destinato a convivere con una perequazione “indipendente” scelta dai governi. Meno peggio sarebbe se la scelta rispettasse almeno alcuni “buoni criteri”.

La good practice della perequazione
In primo luogo, la perequazione deve essere “automatica”, come si diceva una volta per significare l’annuale ripetizione di una regola certa, stabile nel tempo, su cui pensionati e lavoratori possano programmare il futuro.

In secondo luogo, deve essere uniforme, cioè indipendente dall’importo della pensione. Infatti, la perequazione differenziata, minore per le pensioni più alte, è incoerente con la regola di calcolo perché appiattisce le differenze da questa volute in ragione della definizione di “merito” adottata (che nel sistema contributivo fa riferimento ai contributi versati).

In terzo luogo, la perequazione deve essere positiva in termini reali per contrastare le “pensioni d’annata”, cioè l’impoverimento dei pensionati più vecchi rispetto ai più giovani. Per spiegare il fenomeno, si osservi che (anche nel sistema contributivo) le nuove pensioni tendono a crescere in linea con i salari. In uno scenario di lungo periodo “normale”, in cui questi ultimi aumentano annualmente dell’1,5 per cento oltre l’inflazione, la perequazione ai soli prezzi produce quindi l’effetto che, a parità di carriera lavorativa, le pensioni decorrenti da un anno superano dell’1,5 per cento quelle decorrenti dall’anno precedente. E, fatto 100 il valore delle ultime pensioni liquidate, quelle vecchie di dieci, venti o trent’anni sono condannate a valere, rispettivamente, 86, 74 o 64. Inutile dire che tali disparità inter‑generazionali si aggravano nel caso che la perequazione non garantisca neppure il recupero dell’inflazione.

Se correttamente implementato, il sistema contributivo può rispettare tutti e tre i criteri.

Il panorama internazionale
In base agli ultimi dati disponibili, fra il 2000 e il 2020 i paesi Ocse, diversi dall’Italia, hanno perlopiù rispettato la good practice appena ricordata (Oecd Pensions at a Glance, 2021). Infatti, la perequazione è stata discrezionale solo in Irlanda, dove tuttavia ha continuativamente garantito l’aggancio delle pensioni ai salari, e in Austria dove, in realtà, è stata “semi‑automatica” nel senso che al recupero automatico dell’inflazione si sono discrezionalmente aggiunti incrementi reali riservati alle pensioni più basse.

Inoltre, la perequazione differenziata ha trovato moderata applicazione solo in Portogallo e Lettonia, oltre che in Austria entro i limiti ricordati. Infine, nell’insieme dei paesi Ocse, la perequazione è stata mediamente positiva in termini reali superando l’inflazione di un importo pari della metà della crescita reale dei salari.

Il caso italiano
In Italia, la perequazione non è più automatica da decenni. Infatti, è affidata all’oracolo della legge di bilancio che, alla fine d’ogni anno, rivela ai pensionati la sorte che li aspetta nel nuovo. Inoltre, è sempre più differenziata e, mediamente, sempre più negativa in termini reali.

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