di Gioele Urso
La mia riflessione nasce dopo aver letto sul quotidiano La Stampa l’articolo scritto da Silvia Pareschi, traduttrice che dopo un convegno al Senato ha lanciato l’allarme: “L’intelligenza artificiale mi sostituirà, come traduttrice mi restano 5 anni”. È vero? È un rischio concreto? La verità a mio avviso sta a metà.
La mia riflessione nasce dopo aver letto sul quotidiano La Stampa l’articolo scritto da Silvia Pareschi, traduttrice che dopo un convegno al Senato ha lanciato l’allarme: “L’intelligenza artificiale mi sostituirà, come traduttrice mi restano 5 anni”. È vero? È un rischio concreto? La verità a mio avviso sta a metà.
Vi spiego quel che penso partendo dal mio lavoro, guardandola dal mio punto di vista. Io sono un giornalista: ogni giorno seguo evento, incontro persone, vedo cose che accadono, ricevo segnalazioni e, solo dopo aver valutato e riflettuto su quel che ho raccolto, decido come trattare la notizia.
Faccio un video? Scrivo un articolo? Valuto un’intervista? E poi: che titolo è meglio dare? La fotografia migliore da utilizzare è questa o questa? Ma ancora: è più utile seguire questo evento o quell’altro?
In sostanza ogni volta che mi trovo davanti a una notizia che ho trovato, a un’idea che mi è balenata per la testa o a un personaggio che mi racconta una cosa, scatta in me quel processo che porterà alla pubblicazione del pezzo. Questo lavoro potrà essere sostituito dall’intelligenza artificiale? Assolutamente no. Questo vuol dire che il giornalismo non sarà intaccato da ChatGpt e affini? Assolutamente no.
Ci sono una serie di lavori del mondo del giornalismo che l’intelligenza artificiale potrà aiutare a svolgere in modo più snello, preciso e veloce, magari dirottando chi oggi li svolge su altre mansioni. Mi vien da pensare al lavoro di desk che ogni giornale fa, consiste nel pubblicare notizie da comunicati stampa.
Se oggi quel lavoro lo fanno in (sparo un numero a caso) 3 persone, molto probabilmente ne basteranno 2 e una potrà dedicarsi alla ricerca di storie, approfondimenti, notizie. Potrà fare telefonate, incontrare persone, seguire filoni. È un male dunque l’arrivo dell’intelligenza artificiale in certi settori? A mio avviso no e secondo me lo stesso vale per il mondo della traduzione.
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Onestamente, Marco, l'articolo di Urso non merita di essere diffuso: è solo un'accozzaglia di luoghi comuni e banalità. Non dice nulla. Nulla di sbagliato, vero, ma neanche nulla di giusto. Dice nulla e basta.
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