Anno IX - Numero 14
Quando non si vuole fare i conti con le proprie cose si dovrà alla fine farli con i propri fantasmi.
Soren Kierkegaard

venerdì 24 settembre 2021

Mario Mieli, estremo e dimenticato

Storia di un intellettuale provocatore

di Federico Sardo

Se pensiamo a quanto negli ultimi anni si è parlato di gender è incredibile come sia scomparsa dal discorso la figura di Mario Mieli. Se in America il suo testo cardine Elementi di critica omosessuale, dopo qualche edizione carbonara, sta per essere pubblicato ufficialmente con il titolo Towards a Gay Communism, in Italia ci limitiamo a una petizione che invita Feltrinelli (che pubblicò ormai quindici anni fa una seconda edizione, dopo la prima di Einaudi nel 1977) a ristamparlo. Nonostante in Italia abbiamo avuto un assoluto precursore, già negli anni Settanta, delle teorie più rivoluzionarie sul tema, un vero apripista degli studi queer, chi oggi entrasse in una libreria troverebbe il vuoto assoluto. Più facile la ricerca su Internet, dove tra eBay e meritorie opere di divulgazione si riesce a ricostruire per intero il non ampio corpus lasciato dall’autore, morto suicida nel 1983.

Va riconosciuta anche l’opera svolta da un piccolo libro di recente pubblicazione, Mario Mieli – E adesso, a cura di Silvia De Laude per Clichy. Contiene una biografia e una bibliografia, un saggio della curatrice, e molti brani e testi presi dalle sue opere o da altre fonti (lettere, discorsi, interviste). È quella che si può definire un’ottima introduzione, ben curata, essenziale e fatta con amore, nonché l’unica cosa di immediata reperibilità che si possa trovare al momento. Del resto Mieli desta ancora scalpore, come possiamo vedere cercando il suo nome su YouTube e trovando, ancora oggi, decine di persone che si sono prese la briga di cercare i suoi video per commentarli con insulti di ogni tipo. C’è qualcosa in lui di provocatorio e di sparato in faccia al conformismo già a partire dal suo aspetto fisico, dal filo di perle e il rossetto, dai vestiti da signora di buona famiglia, dalla fisionomia simile a quella del Battiato accomodato sul divano Busnelli da Gianni Sassi.
Io sono contento di essere una checca evidente, “femminile”: la sofferenza che ciò, in questa società, comporta è al tempo stesso la misura o, se si vuole, lo specchio della dura e insieme fragile e preziosa bellezza della mia vita. È un grande destino possedere e cercare di vivere con chiara coscienza un’esistenza che la massa regolare, nel suo idiota accecamento, disprezza e tenta di soffocare.

C’è in lui un senso di sfida perenne, continuo, indomito e non soffocato neanche dalla morte. Una sfida a ogni valore tradizionale, a ogni ordine costituito. Ma andiamo con ordine.

Mario Mieli nasce a Milano nel 1952 da una famiglia ebraica estremamente borghese e benestante. Lo scontro con la sua famiglia caratterizzerà tutta la sua vita, Mieli arriverà addirittura – così racconta ne Il risveglio dei faraoni – a cercare di uccidere il padre, avvelenandolo, più volte. Sin da giovane, carismatico studente al liceo Parini, manifesta desideri polisessuali e sappiamo che a diciotto anni frequenta la nota Fossa dei Leoni, luogo deputato al cruising e alla prostituzione maschile milanese, sotto il ponte delle Ferrovie Nord, adiacente al Parco Sempione.

Ma è a Londra, dove è andato come da tradizione familiare per studiare la lingua, che tra feste, happening, sesso e droghe, incontra il Gay Liberation Front, e tornato a Milano a diciannove anni è tra i fondatori del Fuori!, prima associazione del movimento omosessuale italiano (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano).

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