di Rony Hamaui
È opinione comune che la Cina abbia un enorme avanzo della bilancia dei pagamenti. Nell’ultimo decennio, tuttavia, l’attivo delle partite correnti cinese si è praticamente azzerato, poiché è passato dal 10 per cento del Pil nel 2007 allo 0,7 per cento di quest’anno. Anche in termini assoluti nel 2018 l’attivo corrente cinese (49 miliardi di dollari) risulta nettamente inferiore a quello tedesco (291 miliardi), giapponese (175 miliardi), coreano (76 miliardi), saudita (72 miliardi) e perfino italiano (51 miliardi).
La fortissima riduzione del surplus corrente cinese è il risultato sia di un robusto ridimensionamento dell’attivo della bilancia commerciale, sia di un notevole appesantimento del deficit dei servizi.
Sul fronte commerciale, nell’ultimo decennio l’attivo cinese si è più che dimezzato nei confronti dell’Europa, degli Stati Uniti e del resto del mondo, mentre le importazioni cinesi superano da tempo le esportazioni nei confronti della Corea, Giappone, Australia e Brasile. Sempre nell’ambito commerciale, se a partire dal 2001, data d’ingresso della Cina nella World Trade Organization, la quota mondiale delle esportazioni cinesi era fortemente aumentata, passando dal 4 al 13 per cento, quel processo si è poi arrestato a partire dal 2015.
Sul fronte dei servizi, le cifre sono ancora più impressionanti: in un decennio nel settore del turismo si è passati da un leggero attivo di 5 miliardi di dollari a un deficit di quasi 250. I cinesi che si sono recati all’estero sono passati da 46 milioni nel 2008 a 162 milioni nel 2018.
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