Anno IX - Numero 12
La guerra non è mai un atto isolato.
Carl von Clausewitz

martedì 23 ottobre 2018

Federico Caffè. Un economista dalla cultura enciclopedica

Ho sempre amato Federico Caffè, tra i principali divulgatori in Italia della disciplina keynesiana, scomparso misteriosamente alle soglie del pensionamento. Questo breve ricordo di Riccardo De Bonis contribuisce a rafforzare l'immagine di un uomo in possesso di un'intelligenza acuta e superiore ma dominato da un profondo senso di ingiustizia sempre celata dietro la modestia del suo esemplare comportamento. emmeti

di Riccardo De Bonis

La sera Federico Caffè prendeva l’autobus per tornare a casa. Saliva dalla porta anteriore, a una fermata che c’è ancora, davanti al bar che continua ad accogliere studenti e professori della facoltà di Economia della Sapienza. Con alcuni amici prendevamo lo stesso autobus. La soggezione e il timore reverenziale nei confronti di Caffè erano tali da farci salire dalla porta posteriore dell’autobus. Quando l’autista urlava ai passeggeri “Venite avanti” o “Avanti c’è posto”, rimanevamo abbarbicati alla parte posteriore dell’autobus. Preferivamo auto-condannarci agli insulti dell’autista, espressi nel caratteristico vernacolo romano: tale era la paura di dover incrociare, noi poco più che ventenni, lo sguardo del Maestro settantenne, in piedi a pochi metri di distanza.
Che Federico Caffè prendesse lo stesso nostro autobus ci sembrava un evento soprannaturale. Come oggi, per calciatori dilettanti, prendere l’autobus con Cristiano Ronaldo.

La gita a Chiasso 
Federico Caffè è stato un divulgatore senza pari in Italia del pensiero economico straniero. La sua avventura scientifica si svolse in anni in cui la conoscenza dell’inglese era limitata, così come l’accesso a riviste e libri di altri paesi. Caffè si è impegnato nella traduzione e nell’introduzione di lavori di grandi economisti. È stato un programma illuminista.

Il catalogo, solo per i principali volumi curati, è questo: (i) 1954, Saggi sulla moderna economia del benessere, Einaudi.
(ii) 1962, Economisti moderni, Garzanti (nuova edizione Laterza nel 1971).
(iii) 1968, Il pensiero economico contemporaneo. Moneta, interesse e benessere, Franco Angeli.
(iv) 1969, Il pensiero economico contemporaneo. Lo sviluppo economico, Franco Angeli.
(v) 1969, Il pensiero economico contemporaneo. L’impiego delle risorse, Franco Angeli.
(vi) 1975, Autocritica dell’economista, Laterza.
(vii) 1978, Lezioni Nobel di Economia, Bollati Boringhieri.
(viii) 1979, L’economia della piena occupazione, Rosenberg & Sellier.

La lista, molto incompleta, degli economisti tradotti, fatti tradurre e studiati da Caffè comprende Pigou, Hotelling, Kaldor, Hicks, Scitovsky, Little, Bergson, Arrow, Samuelson, Baumol, Chamberlin, Rothschild, Keynes, Lange, Morgenstern, Frisch, Schumpeter, Zeuthen, Johnson, Shackle, Bhagwati, Hahn, Matthews, Dorfman, Simon, Leontief, Phelps Brown, Worswick, Kalecki, Tinbergen, Friedman.

Alberto Arbasino ha scritto “che non si deploreranno mai abbastanza l’isolamento, il provincialismo, l’ignoranza e l’inciviltà dei venti anni fascisti”. Ha però accusato gli intellettuali italiani di non essersi comprati una grammatica straniera e di non aver fatto una gita a Chiasso a procurarsi un po’ di libri importanti. Sarebbe bastato“arrivare fino alla stanga della dogana di ponte Chiasso, due ore di bicicletta da Milano, e pregare un contrabbandiere di fare un salto alla più vicina drogheria Bernasconi e acquistare, insieme a un Toblerone e a un paio di pacchetti di Muratti con filtro”, i libri – indisponibili in Italia ma disponibili in Svizzera – di, tra gli altri, Wittgenstein, Husserl, Marx, Ayer, Bachelard, Forster, Leavis.

Caffè scelse una strada simile. La sua Chiasso fu il Regno Unito. Grazie a un soggiorno scientifico a Londra nel 1947-48 e sfruttando una curiosità senza limiti, contrabbandò in Italia la migliore cultura economica anglosassone.

Leggere gli economisti italiani
All’interno dell’ideale illuministico della grande biblioteca universale Caffè inseriva gli economisti italiani. Curò le edizioni critiche di Francesco Ferrara, Francesco Saverio Nitti e Luigi Einaudi. Consigliò la lettura di Gustavo Del Vecchio, Guglielmo Masci, Marco Fanno, Umberto Ricci e, naturalmente, Pareto e Pantaleoni. Sottolineava che in Italia c’era stato un pensiero economico “alto”, di livello internazionale, soprattutto legato ai contributi di Ferrara ed Einaudi. Non cadde mai nell’errore di contrapporre al tipico provincialismo italiano l’errore opposto dell’esterofilia acritica. Un esempio per tutti: le idee di Hayek sulla “strada verso la servitù” e sull’offerta competitiva di moneta da parte di banche private d’emissione erano state anticipate cento anni prima da Ferrara.

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