Le autorità cinesi, nel tentativo di stimolare i consumi e proteggere l’economia dagli effetti dei dazi di Donald Trump, hanno avviato tempo addietro un programma di “rottamazione” di beni durevoli di consumo, dalle auto agli smartphone agli elettrodomestici, finanziato per l’equivalente di 41 miliardi di dollari con emissione di obbligazioni a lunghissima scadenza e assegnando la gestione dei sussidi ai governi locali
di Mario Seminerio
Il successo è stato eclatante, al punto che molte amministrazioni locali hanno terminato i fondi anzitempo. Nel mese di maggio, le vendite di elettrodomestici e prodotti di elettronica sono aumentate del 50 per cento sull’anno precedente.
Il successo è stato eclatante, al punto che molte amministrazioni locali hanno terminato i fondi anzitempo. Nel mese di maggio, le vendite di elettrodomestici e prodotti di elettronica sono aumentate del 50 per cento sull’anno precedente.
Consumi in prestito dal futuro
Queste misure hanno contribuito al rimbalzo delle vendite al dettaglio registrato in maggio, pubblicato nei giorni scorsi, pari al 6,4 per cento tendenziale, miglior risultato da dicembre 2023 e un sostegno al raggiungimento dell’obiettivo di crescita reale al 5 per cento che rappresenta ormai il feticcio del governo cinese, al netto della verosimiglianza dei dati. Ma non c’è propriamente da festeggiare.
Quale è il problema di misure del genere? Che sono semplicemente un “prestito” di consumi dal futuro. Terminato il quale c’è l’effetto-sbornia (hangover) che gela i consumi. Soprattutto considerando che gli indici immobiliari continuano ad evidenziare prezzi in flessione, contribuendo all’effetto ricchezza negativo dei cinesi. I quali sono anche minacciati dai dazi di Trump, oltre che dalla inquietante sovracapacità produttiva della loro industria.
Non stupisce quindi la tendenza deflazionistica dell’economia cinese, sia alla produzione che al consumo. Il governo cerca di contribuire alla fiducia delle imprese sostenendone la liquidità, in modo da incoraggiare investimenti (che tuttavia in alcuni ambiti sono già patologicamente elevati) e le assunzioni o almeno il mantenimento degli organici. In questa direzione vanno le decisioni di accelerare i pagamenti ai fornitori della pubblica amministrazione e la richiesta ai costruttori automobilistici di pagare i fornitori entro sessanta giorni rispetto ad attese oggi doppie o anche triple.
Ma le misure di supporto pubblico hanno un costo. Col crollo degli introiti locali da vendite e affitti di terreni, il governo centrale deve esercitare un ruolo di supplenza nei flussi di risorse, e lo fa indebitandosi. Il deficit fiscale ufficiale è ai massimi da oltre tre decenni, a circa il 4 per cento, oltre il limite “occidentale” del 3 per cento del Pil che il governo si era dato. Ma c’è un’altra grandezza di deficit, quello cosiddetto ampio, che include anche il bilancio dei fondi governativi, che è ormai prossimo al 10 per cento.
Queste misure hanno contribuito al rimbalzo delle vendite al dettaglio registrato in maggio, pubblicato nei giorni scorsi, pari al 6,4 per cento tendenziale, miglior risultato da dicembre 2023 e un sostegno al raggiungimento dell’obiettivo di crescita reale al 5 per cento che rappresenta ormai il feticcio del governo cinese, al netto della verosimiglianza dei dati. Ma non c’è propriamente da festeggiare.
Quale è il problema di misure del genere? Che sono semplicemente un “prestito” di consumi dal futuro. Terminato il quale c’è l’effetto-sbornia (hangover) che gela i consumi. Soprattutto considerando che gli indici immobiliari continuano ad evidenziare prezzi in flessione, contribuendo all’effetto ricchezza negativo dei cinesi. I quali sono anche minacciati dai dazi di Trump, oltre che dalla inquietante sovracapacità produttiva della loro industria.
Non stupisce quindi la tendenza deflazionistica dell’economia cinese, sia alla produzione che al consumo. Il governo cerca di contribuire alla fiducia delle imprese sostenendone la liquidità, in modo da incoraggiare investimenti (che tuttavia in alcuni ambiti sono già patologicamente elevati) e le assunzioni o almeno il mantenimento degli organici. In questa direzione vanno le decisioni di accelerare i pagamenti ai fornitori della pubblica amministrazione e la richiesta ai costruttori automobilistici di pagare i fornitori entro sessanta giorni rispetto ad attese oggi doppie o anche triple.
Ma le misure di supporto pubblico hanno un costo. Col crollo degli introiti locali da vendite e affitti di terreni, il governo centrale deve esercitare un ruolo di supplenza nei flussi di risorse, e lo fa indebitandosi. Il deficit fiscale ufficiale è ai massimi da oltre tre decenni, a circa il 4 per cento, oltre il limite “occidentale” del 3 per cento del Pil che il governo si era dato. Ma c’è un’altra grandezza di deficit, quello cosiddetto ampio, che include anche il bilancio dei fondi governativi, che è ormai prossimo al 10 per cento.
Rosso deficit
Il problema cinese, come evidenziato da agenzie di rating come Fitch, è il crollo delle entrate su Pil, determinato soprattutto dalla crisi del settore immobiliare e che, come detto, costringe il governo centrale ad assumere debito aggiuntivo per tenere in vita le amministrazioni locali. Quanta parte di questo debito sia “sotto la linea”, o contingente, cioè esistente ma occultato oppure potenziale, può solo essere ipotizzato. Servirebbe trovare nuove fonti strutturali di entrata ma il momento non è esattamente dei migliori.
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