di Andrea Barigazzi e Claudia Zola
Il 13 dicembre scorso l’Inps ha diffuso i dati dell’Osservatorio su lavoratori dipendenti e indipendenti, i quali forniscono una panoramica sul mercato del lavoro italiano dal 2014 al 2022. L’Osservatorio integra i dati degli assicurati presso le gestioni previdenziali dell’Inps, restituendo una rappresentazione di oltre il 95% degli occupati regolari in Italia. Le tre variabili oggetto di analisi sono il numero di lavoratori, le settimane lavorate e i redditi da lavoro. Esaminiamo i dati stock-flusso annuali relativi ai lavoratori che hanno versato almeno un contributo nell’anno di riferimento, focalizzandoci principalmente sui redditi da lavoro medi annuali, ovvero la somma di tutti i redditi (e/o retribuzioni) imponibili previdenziali percepiti nell’anno da ciascun lavoratore.
La Figura 1 mostra l’andamento di tali redditi in Italia dal 2014 al 2022. Dai dati nominali (Panel A), si osserva una crescita costante dal 2014 al 2019 (+7,5%), una brusca interruzione nel 2020 a causa della crisi legata alla pandemia da Covid-19 (-5,6% rispetto al 2019) e una successiva ripresa fino al 2022 (+11,1% rispetto al 2020).
Tuttavia, l’analisi basata solo sulla crescita nominale risulta fuorviante, poiché non tiene conto di un elemento cruciale del sistema economico che non eravamo più abituati a considerare: l’inflazione. Gli effetti sui prezzi e il costo delle materie prime, dovuti alla crisi pandemica e al mutato scenario internazionale a seguito dell’attacco russo in Ucraina, hanno portato l’inflazione nel 2022 a raggiungere livelli mai visti negli ultimi tre decenni. Correggendo quindi i redditi per l’inflazione attraverso l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Eurostat, anno base 2015) emerge come i redditi del 2022 siano addirittura inferiori rispetto a quelli del 2014 (-1,4%), con due picchi negativi, nel 2020 (-5,4% rispetto al 2019) e nel 2022 (-4,4% rispetto al 2021).
La forte spinta inflazionistica ha pertanto completamente annullato la crescita dei redditi degli ultimi anni e il notevole recupero del 2021, con un impatto sui redditi medi del tutto analogo a quello del 2020. È importante inoltre sottolineare che, a differenza del 2020, la contrazione del reddito nel 2022 non è stata accompagnata da una contemporanea riduzione della durata dei rapporti di lavoro. Nel 2020, il numero medio di settimane lavorate è sceso a 40,2, rispetto alla media, tra il 2014 e il 2019, di 42,7 settimane. Nel 2022, al contrario, le settimane medie lavorate sono leggermente aumentate (43,1) rispetto al 2014.
Focalizzandoci sulle diverse caratteristiche dei lavoratori, emerge chiaramente come le crisi, prima quella pandemica e successivamente quella inflazionistica, abbiano inciso sui redditi in modo differenziato. L’analisi dei redditi per fasce di età (giovanissimi: 15-24; giovani: 25-34; lavoratori maturi: over35) mostra che nel 2020 la riduzione percentuale è pressocchè uniforme per tutte le classi considerate (Figura 2). Nel 2022 sono invece gli over 35 ad essere più colpiti (-4,4% del reddito medio rispetto al 2021 e -5,5% rispetto al 2019). Il persistente divario di reddito per classi di età,influenzato anche dal minor numero di settimane effettivamente lavorate (27,2 per i 15-24enni; 40,6 per i 25-34enni; 45,3 per gli over 35 nel 2022) tende a diminuire negli ultimi 3 anni, seppur in modo lieve, a seguito delle crisi, principalmente a causa della riduzione del reddito reale per i lavoratori over 35.
L’analisi per genere rivela anch’essa differenze significative, mettendo in evidenza le già note disparità economiche tra uomini e donne nel mercato del lavoro. Le donne guadagnano in media oltre 6.500 euro in meno all’anno, per effetto della disparità salariale oraria, del minor numero di settimane lavorate (in media 1,6 settimane in meno rispetto agli uomini) e del maggior ricorso al part-time. Le donne sono state più colpite dalla crisi pandemica (nel 2020 -6,6% rispetto al 2019 contro il -4,4% degli uomini), ma sono state meno danneggiate da quella inflazionistica (nel 2022 rispetto al 2021 la variazione è stata del -3,3% per le donne e del -5,0% per gli uomini).
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