Outsider fan del liberismo, autoproclamatosi nemico della casta, Javier Milei si è imposto alle elezioni primarie in Argentina. Nonostante una forte resistenza della coalizione che sostiene il governo di Alberto Fernández, ultradestra e destra sembrano convincere maggiormente gli elettori. Ma i mercati internazionali non sono dello stesso parere
Maximiliano Ricchini
La reazione dei mercati alla vittoria di Javier Milei non è positiva. È quello che si nota sui titoli di stato argentini sulla piazza americana di New York, aprendo la giornata finanziaria con perdite tra il 10 e il 12 per cento. Come spiagano gli operatori finanziari interpellati dalla stampa argentgina, la prima lettura delle elezioni primarie è di uno scenario di maggiore incertezza e volatilità, almeno fino alle elezioni presidenziali e parlamentari del prossimo ottobre, estendendosi fino al mese successivo. Ugualmente, si è registrato un ulteriore forte deprezzamento del peso argentino sul dollaro, balzando al cambio di 680 pesos, 75 centesimi in più in poche ore.
Al di là del carattere eccentrico e del programma economico di grande rottura anche rispetto a quello del centrodestra legato all’ex presidente Mauricio Macri, i mercati si sono trovati davanti a un esito del voto non previsto e che, del resto, ha sorpreso anche gli analisti politici del paese. Era difatti attesa una vittoria chiara di Juntos por el Cambio, la coalizione macrista, che al contrario è arrivata seconda peraltro solo poco più su degli uscenti peronisti guidati dal ministro dell’Economia, Sergio Massa. Oggi ci sono meno certezze che questo accada, aggiungono.
Maximiliano Ricchini per Gaucho News, Diario Argentino
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