di Federico Arduini
“Io sono ancora qua, eh già” cantava Vasco solo qualche anno fa. Ma potrebbero tranquillamente essere anche le parole di uno storico supporto per l’ascolto della musica che, dato per spacciato, sembrava esser destinato all’estinzione e che invece sta vivendo una vera e propria seconda giovinezza: il vinile.
Dati Fimi alla mano, nel primo trimestre del 2021 per la prima volta da trent’anni il disco a 33 giri in Italia ha venduto più del cd, con un utile di 4,7 mln di euro contro 4,4 mln.
E pensare che solo nel ’93 era addirittura uscito di produzione…
Se il risultato è sorprendente, il fatto che il vinile abbia ripreso piede non è di certo una novità, almeno per chiunque negli ultimi anni sia entrato in una libreria o in un grande negozio di elettronica per vedere coi propri occhi l’inversione di tendenza: interi scaffali di vinili là dove un tempo c’erano i cd. Ma come sempre, non è tutto oro quel che luccica.
Complice la moda, il mercato si è subito fatto trovare pronto, anche troppo. Ed ecco arrivare decine e decine di remastered di classici intramontabili, perfette allo scopo di avvicinare a quei capolavori nuove generazioni o nuovi sperimentatori, ma troppo spesso dalla qualità discutibile e dal prezzo esagerato. Per non parlare dell’assurda idea di vendere in formato vinile giovani artisti (o pseudo tali) la cui produzione sommata raggiunge se va bene l’ora e mezza: musica concepita per un’altra fruizione, per un pubblico che ascolta su altri lidi. Risultato? Gli scaffali delle offerte ne traboccano, pronti alla smentita.
E per strizzare l’occhio a collezionisti incalliti, ecco arrivare dieci versioni di altrettanti colori diversi.
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