di Maria Cristina Antoniucci
Prima della pandemia, in linea con questa tendenza, l’Ocse stimava che nel 2050 oltre il 55% della popolazione globale avrebbe vissuto nelle città. Il modello di sviluppo urbano che ha prevalso fino ad oggi è caratterizzato da un’elevata densità della popolazione nei principali punti di snodo e da reti di servizi sempre più ad alta intensità. Ma questo trend è stato messo in crisi dalla pandemia.
Prima della pandemia, in linea con questa tendenza, l’Ocse stimava che nel 2050 oltre il 55% della popolazione globale avrebbe vissuto nelle città. Il modello di sviluppo urbano che ha prevalso fino ad oggi è caratterizzato da un’elevata densità della popolazione nei principali punti di snodo e da reti di servizi sempre più ad alta intensità. Ma questo trend è stato messo in crisi dalla pandemia.
La città post-pandemica
Il confinamento domestico, il coprifuoco, il lavoro da remoto, le chiusure di numerosi settori, la messa in questione dei principali sistemi di trasporto collettivo e il rientro di studenti e lavoratori fuori sede nei borghi di origine hanno modificato in modo rilevante l’aspetto delle città, che appaiono sempre di più come scheletri svuotati dalle funzioni vitali e plurali cui l’evoluzione urbana ci aveva abituato. Questo cambiamento radicale impone una specifica declinazione riferita alle città della pianificazione urbana, delle politiche di sostegno economiche e sociali, del sistema di sviluppo di servizi cittadini, e in particolare dei sistemi di trasporto.
Nel rapporto dell’Ocse dedicato all’impatto del Covid-19 sulla vita delle città e alle relative politiche pubbliche, vengono segnalati sei assi sui quali dovrebbero basarsi gli interventi per una nuova organizzazione urbana: distanziamento sociale; luogo del lavoro; approccio ai gruppi vulnerabili in termini sanitari, economici e sociali; ripensamento del sistema dei servizi urbani cittadini; innovazione nel sistema di sostegno economico di attività tipicamente cittadine; digitalizzazione come strumento per un migliore accesso ai servizi della città.
Su tutti questi assi, le città post-pandemiche sono chiamate a riadattarsi rispetto a una struttura spaziale tipica delle città nel contesto della globalizzazione, ben mostrata nell’iconica “mappa di ogni città” di Chaz Hutton, illustratore e umorista australiano. Nel 2016, Hutton realizzò su un post-it e diffuse via Twitter la pianta di descrizione di una città qualsiasi, immaginata non solo sulla base di punti di riferimento urbani (fiume, ponti, quartieri, parcheggi, centri commerciali, spazi industriali) ma anche in relazione alle esperienze connesse alla vita reale (aree vocate al business, spazi destinati al divertimento, al turismo, allo shopping).
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