Anno IX - Numero 31
Avere il senso dell'etica è il motivo per cui si diventa quello che diventa.
Soren Kierkegaard

giovedì 5 dicembre 2024

Cronaca di una sconfitta annunciata. Analisi delle elezioni americane

Confrontando i risultati delle recenti elezioni presidenziali in Usa con quelli del 2016 e del 2020, Trump ha ottenuto 2,1 milioni di voti in più rispetto al 2020 mentre Harris ne ha persi 7,2 milioni rispetto a Biden ma ha superato i voti della Clinton e di Obama. Dietro questo exploit, non c’è il  comportamento dei diversi segmenti della società americana ma ci sono l’espansione del corpo elettorale e il ruolo determinante degli Stati contesi

di Massimiliano Massimiliani

Dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni Presidenziali USA, e durante tutta la campagna elettorale, moltissimi commenti ed analisi si sono concentrati sull’orientamento dei vari gruppi elettorali, sul voto femminile e quello dei diversi gruppi etnici, sulla classe sociale, sul livello di istruzione, etc… È però utile ragionare prendendo in considerazione i voti espressi e le loro variazioni rispetto alle elezioni del 2020, e non solo.
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Se il welfare aziendale sostituisce le politiche pubbliche della casa

In attesa del più volte annunciato “piano casa”, la legge di bilancio prevede alcune agevolazioni sui costi delle abitazioni, pensate anche per favorire la mobilità dei lavoratori. Ma si tratta di politiche del lavoro più che di politiche abitative

di Raffaele Lungarella

Se l’articolo 71 del disegno di legge di bilancio 2025-2027 non sarà modificato dal Parlamento, entro la fine del prossimo mese di giugno il governo dovrebbe approvare un piano casa. Il segretario della Lega per Salvini lo annuncia pressoché da quanto è stato nominato al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che ha la competenza sulle politiche abitative.
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Il consumo di suolo continua ad essere troppo elevato

Anche nel 2023 abbiamo continuato imperterriti a consumare suolo: 20 ettari ogni 24 ore, sopra la media decennale, con un costo di oltre 400milioni di euro. Il fenomeno si concentra prevalentemente nelle regioni del Nord Italia a causa dell’espansione dell’indotto produttivo e industriale della logistica

di Giovanni Caprio

La perdita dei servizi ecosistemici legata al consumo di suolo non è solo un problema ambientale, ma anche economico: nel 2023 la riduzione dell’”effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa caro al Paese, un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima.

È quanto certifica l’ultimo rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – Snpa “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, che in questa edizione pubblica le stime per tutte le regioni, le province e i comuni italiani relative al 2023.
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venerdì 29 novembre 2024

Energia verde, un’occasione da non perdere per la Romania

La Romania è posizionata meglio di molti altri paesi Ue per sviluppare le proprie capacità di produzione di energie rinnovabili. Perché si trasformino in realtà, è necessaria però una chiara volontà politica di raggiungere questo obiettivo strategico

di Laura Popa

Dopo anni in cui la Romania è stata un "paradiso" per gli investimenti nelle energie rinnovabili, il governo di Bucarest è riuscito a mettersi nei guai. 

Entro il 2050 i paesi dell’Ue dovranno raggiungere la neutralità climatica. C’è ancora un enorme potenziale per l’energia rinnovabile in Romania, ma il Paese rischia di non sfruttarlo a causa di interessi politici e cattiva gestione. All’inizio di quest’anno, il ministro dell’Energia Sebastian Burduja ha affermato che nel 2023 la Romania ha avuto una capacità di produzione elettrica quasi dieci volte maggiore rispetto al 2022. In realtà, dicono gli esperti consultati da PressOne, gran parte della capacità totale di produzione di energia della Romania esiste solo sulla carta. Questo anche perché i progetti per nuova capacità di generazione di energia elettrica verde sono ancora in attesa di essere firmati, secondo le informazioni ottenute dalle istituzioni competenti.

La Romania si è impegnata con Bruxelles a far sì che il 36,2% del suo consumo energetico provenga da fonti rinnovabili entro il 2030, PressOne ne ha parlato con l’esperta di energia Corina Murafa.

Energia verde con i fondi europei
La Romania potrebbe aumentare la propria capacità di produzione di energia rinnovabile con l’aiuto dei fondi europei, ovvero il National Rural Development Programme (Nrdp) e il Fondo per la Modernizzazione.

Secondo i dati inviati su nostra richiesta dall'Autorità nazionale di regolamentazione dell'energia, oltre il 40% dell'elettricità della Romania nel 2022 è arrivata da fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico, fotovoltaico, biomassa).

In un’intervista a PressOne, l’esperta di energia Corina Murafa afferma che, a differenza di altri paesi europei, "la Romania è posizionata molto meglio per sviluppare capacità rinnovabile", ma affinché ciò accada lo stato deve decidere in quale direzione vuole andare.

"Noi dobbiamo rispondere ad alcune domande chiave, come il ruolo del nucleare e del gas, perché non possiamo seguire due strade contemporaneamente".

Qual è la capacità totale di produzione di energia in Romania e quali sono le fonti di produzione di energia?

Sulla carta, 19.000 MW (megawatt) installati, ma molti MW che compaiono in questa statistica in realtà non esistono più, perché parliamo di centrali elettriche, soprattutto a carbone, che sono state dismesse.
Probabilmente circa 10.000 MW, ma se si guarda alle medie di produzione giornaliera non andiamo oltre i 7-8.000 MW.

Cosa significa, concretamente, una produzione del genere per un paese come la Romania?

È sufficiente per coprire il nostro consumo di elettricità e anche per diventare di nuovo esportatori netti. Tutto quello che si ottiene dalle rinnovabili, dal fotovoltaico, dall'eolico, è consegnato a livello nazionale o esportato. Fondamentalmente, tutte le capacità funzionano al massimo tecnico possibile.

Ora abbiamo un obiettivo europeo da raggiungere per il 2030, secondo cui il 42% del consumo totale di energia, non solo di elettricità, sarà coperto da energie rinnovabili. Abbiamo raggiunto l’obiettivo del 30%, fissato per il 2020, arrivando a circa il 32% del consumo energetico totale. Questo comprende il riscaldamento, che è in gran parte alimentato a combustibili fossili, e il trasporto.

Il Ministero dell'Energia è l'autorità responsabile dell'attuazione e della gestione del Fondo per la Modernizzazione (FM) e delle riforme e degli investimenti attraverso il Pnrr.

Nell’ambito del programma chiave del FM per la costruzione di nuove centrali elettriche basate su fonti energetiche rinnovabili, è stato aperto un bando per progetti tra dicembre 2023 e marzo 2024, del valore di 500 milioni di Euro, secondo una risposta del Ministero dell'Energia. Sono stati presentati complessivamente 1.408 progetti e finora sono stati firmati tre contratti di finanziamento per un valore di circa 1,4 milioni di Euro.

Sul mix energetico, il consumo di energia elettrica arriva per il 70% da fonti rinnovabili, tra cui idroelettrico, eolico, fotovoltaico e biomasse. Per quanto riguarda l'energia in generale è invece inferiore, perché il riscaldamento dipende ancora fortemente dai combustibili fossili, così come i trasporti.

Proprio per questo motivo è problematico che la Romania, nell'ultima versione del Piano nazionale integrato per l'energia e il cambiamento climatico, abbia fissato un obiettivo per il 2030 pari solo al 36%. Proporre solo il 4% in più in sette anni è ridicolo, soprattutto quando l’obiettivo collettivo dell’UE è il 42%.

La Commissione europea probabilmente dirà che entro il 2030 almeno il 50% di tutto il consumo energetico della Romania, non solo di elettricità, dovrebbe provenire da fonti rinnovabili.

Come spiega la differenza tra il 50% della Commissione europea e il 36% previsto dalla Romania?

Ho solo alcune ipotesi. Faccio anche parte di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'Energia.

L’obiettivo è ottenere quanto più carbone possibile, non necessariamente per mantenere posti di lavoro, ma per gli interessi delle aziende statali politicizzate, incarichi, appalti e così via.

Negli ultimi anni abbiamo lavorato ad un progetto che modella la transizione energetica in Romania e, secondo i nostri calcoli, è economicamente fattibile e tecnicamente possibile eliminare completamente il carbone dal mix energetico entro il 2027. Non farlo è semplicemente una scelta politica.

Inoltre, c'è un attaccamento nazionale alle centrali elettriche a gas naturale, come il nuovo progetto Neptun Deep (progetto da 4 miliardi di Euro nel Mar Nero, ndr). Allo stesso tempo, le centrali elettriche alimentate a gas al momento sono davvero buone e utili per bilanciare le energie rinnovabili, ma sono piuttosto costose e servirebbero grandi investimenti per adeguarle ai più recenti standard europei sulle emissioni. Se vogliamo produrre elettricità col gas, dobbiamo comunque farlo con meno di 200 grammi di CO2/MWh, il che è molto difficile.

Non ultimo, parliamo anche di un forte attaccamento al nucleare. Vogliamo costruire Cernavodă 3 e 4, e questo non lascia molto spazio alle energie rinnovabili. Esistono studi che dimostrano che le energie rinnovabili come quella eolica, fotovoltaica e lo stoccaggio tramite batterie sono più economiche del petrolio e, in alcuni casi, anche del gas.

Dal mio punto di vista, economicamente e tecnologicamente, siamo anche molto più ambiziosi, ma siamo frenati da alcuni attaccamenti legati ad alcune costellazioni socio-politiche.

Tuttavia, abbiamo problemi reali anche quando pensiamo alla quota delle energie rinnovabili nel mix energetico. Dobbiamo aumentare la capacità di backup, che può avvenire tramite lo stoccaggio. Al momento, lo stoccaggio è costoso, ma il prezzo sta diminuendo. E devi avere la capacità di gas naturale per bilanciare quando il vento non soffia e il sole non splende.

In che modo la crescita della capacità di produzione di energia verde è stata sostenuta dai fondi europei?

In primo luogo, i primi MW di eolico e fotovoltaico installati in Romania non sono stati sostenuti dai fondi comunitari, ma dai certificati verdi. In sostanza, chi installava fonti rinnovabili in Romania e immetteva in rete l'energia prodotta aveva un numero di certificati verdi, a seconda della tecnologia utilizzata. La Romania è così diventata il paradiso delle energie rinnovabili ed è così che si sono sviluppati i grandi parchi eolici.

Nel 2015, tuttavia, il programma è stato interrotto. E se si guardano le statistiche, tra il 2015 e il 2020, la Romania è rimasta costante in termini di capacità installata nel settore eolico e fotovoltaico. Nessuno era incentivato a investire perché la tecnologia era ancora troppo costosa.

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mercoledì 27 novembre 2024

Una nuova commissaria per l'allargamento dell'Unione Europea

L'ex diplomatica slovena Marta Kos guiderà le relazioni tra la Commissione europea e i Paesi che hanno chiesto di aderire all'Unione Europea. Uno sguardo alle priorità politiche dichiarate e alle prime reazioni da Bruxelles e dai Balcani occidentali

di Federico Baccini e Adelheid Wölfl

Sarà la prima commissaria all'Allargamento proveniente da un Paese dell'ex Jugoslavia. La slovena Marta Kos avrà il compito di sovrintendere uno dei portafogli più cruciali per la prossima Commissione guidata da Ursula von der Leyen, con "un'energia uguale a quella nata dallo slancio storico" del grande allargamento dell'Unione di venti anni fa. "Sento la stessa motivazione e impegno", ha confermato Kos nella sua audizione alla commissione Affari esteri del Parlamento europeo, avvenuta il 7 novembre.

Fatta eccezione per la breve parentesi di sei mesi dello sloveno Janez Potočnik nella Commissione Prodi (che tra maggio e novembre 2004 aveva affiancato il tedesco Günter Verheugen dopo l'adesione della Slovenia all'Ue), non era mai accaduto che il portafoglio dell'Allargamento fosse assegnato a un rappresentante di un Paese balcanico.
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I numeri non tornano: il mistero del Pil tedesco

L’Ufficio di Statistica tedesco non riesce a spiegare la discrepanza tra i drammatici dati economici della Germania e i numeri ufficiali sul Pil tedesco che indicano stagnazione ma non recessione

di Heiner Flassbeck

Un’economia in crisi o un’illusione statistica? Il Pil tedesco sembra raccontare una storia diversa da quella percepita dalla maggioranza. Mentre tutti parlano di una crisi economica, l’Ufficio Federale di Statistica registra dati che, trimestre dopo trimestre, minimizzano l’entità del problema. Nel primo trimestre del 2024, l’economia tedesca è cresciuta dello 0,2%. Il secondo trimestre ha inizialmente registrato un lieve calo dello 0,1%, poi rivisto a -0,3%. E nel terzo trimestre? Una nuova sorpresa: il Pil è tornato a crescere dello 0,2%.
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martedì 26 novembre 2024

Sul clima, Trump sta regalando un’opportunità d’oro alla Cina

La Cina, il più grande produttore di sostanze inquinanti al mondo, non perde occasione per chiarire di essere un paese in via di sviluppo soggetto, pertanto, a minori obblighi quando si parla di limitare le emissioni o versare finanziamenti. Quale sarà, allora, il destino della finanza climatica dopo l’elezione di Donald Trump? Il rischio più probabile è che ogni impegno degli Stati Uniti venga indebolito. E i paesi dell’Unione Europea non hanno la forza economica e politica necessaria per andare controcorrente e colmare questo pericoloso vuoto

di Alice Facchini

La finanza climatica è stata al centro dell’agenda della Cop29, cominciata lunedì 11 novembre a Baku, in Azerbaigian, e in corso fino al 22 novembre. La Conferenza delle Nazioni Unite per il contrasto al cambiamento climatico si sta concentrando infatti sui fondi che i paesi più ricchi devono versare a quelli meno sviluppati e più vulnerabili e che storicamente hanno minori responsabilità rispetto al cambiamento climatico, avendo prodotto meno emissioni di gas serra in passato. Ma quale sarà il destino della finanza climatica, ora che Trump è stato eletto presidente?
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Quando la spending review frena i piani del Pnrr

Molti comuni, specie tra quelli che più ne avevano bisogno, hanno rinunciato alle opportunità di compensare i ritardi accumulati e migliorare i propri servizi offerte dal Pnrr. Il motivo è il timore di non poter far fronte alle spese di gestione dei progetti

di Patrizia Lattarulo e Alessandra Scerbo

Dopo un decennio di austerity, che ha impoverito le amministrazioni locali, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha richiesto un considerevole aumento della loro capacità di investimento. Fin dall’inizio, i timori sull’impreparazione degli enti locali sono stati confermati da una scarsa adesione ai bandi competitivi emanati per selezionare i progetti e dal mancato esaurimento dei plafond disponibili, con conseguenti proroghe o riaperture dei termini.
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giovedì 14 novembre 2024

Contro il falso femminismo

Perché se il femminismo diventa moralismo non è più femminismo, e perché noi veri femministi esaltiamo le potenti e bellissime metafore di “strega” e “puttana”

di Davide Donadio

Da qualche anno mi ero ripromesso di non esprimere più la mia opinione sull’attualità sociale e politica. Avevo preso questa decisione per due motivi. Il primo, è che la società impazzita che si rispecchia nei social media è talmente ricolma di opinionisti, di professione e occasionali, che si può sicuramente fare a meno della mia testimonianza. Nel rumore di fondo, ogni opinione diventa solo altro rumore. Il secondo motivo è che dedicare il tempo a tematiche meno effimere rispetto all’attualità, mi faceva sentire meno superficiale e mi dava l’illusione di contribuire in misura maggiore alla mia crescita personale e – detto con ironia – a quella dell’umanità. Perché allora fare un’eccezione, adesso?
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mercoledì 13 novembre 2024

Tra Italia e Albania: migrazione e responsabilità in appalto

Il cosiddetto protocollo di intesa italo-albanese, siglato quasi un anno fa dai primi ministri d’Italia e Albania, Giorgia Meloni ed Edi Rama ha appena iniziato a funzionare. Sono molti i dubbi e le riserve su questo subappalto della frontiera, in primis i diritti e le condizioni dei migranti

di Giovanni Vale

È passato quasi un anno da quando, il 6 novembre 2023, i primi ministri d’Italia e Albania, Giorgia Meloni ed Edi Rama, hanno annunciato la firma di un protocollo d’intesa per la costruzione, su suolo albanese, di due centri per migranti.

L’accordo, che s’iscrive in una logica più ampia (europea e non solo) di delocalizzazione della gestione dei flussi migratori, avrebbe dovuto concretizzarsi in fretta, con le due strutture nel nord dell’Albania operative già nel maggio di quest’anno.
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Rapporto Draghi e investimento pubblico. Le mani legate dell’Europa

Senza un cambiamento radicale della politica industriale, l’Europa sarà uno spettatore della transizione ecologica e digitale e il divario con Usa e Cina aumenterà. Purtroppo, le nuove regole del Patto di stabilità sono un ritorno al passato: mani legate agli Stati per finanziare gli investimenti e perciò occorre riaprire le discussioni sulla riforma delle regole del Patto

di Floriana Cerniglia e Francesco Saraceno

L’Europa è di fronte all’ennesimo bivio. Mentre molti governi stanno attuando piani di consolidamento di bilancio più o meno draconiani, la pubblicazione del rapporto Draghi ha evidenziato un insieme di priorità completamente diverso. Il rapporto parte dal divario di crescita sempre più evidente tra l’Ue, gli Usa e la Cina, giustamente attribuito a una stagnazione cronica della crescita della produttività.
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Un tagliando europeo per il Pnrr

Prima di imbarcarsi in nuove impegnative avventure sarebbe bene capire cosa e come è già stato fatto

di Istituto Bruno Leoni

Nelle prossime settimane il ministro Raffaele Fitto potrebbe essere confermato commissario europeo, con la responsabilità sull’attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza. Fitto conosce bene il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), di cui ha seguito l’esecuzione e che ha più volte modificato. Questo passaggio potrebbe essere utile per varare, sia a livello nazionale sia a livello europeo, un programma di valutazione del Piano.

Ciò richiede anzitutto un lavoro sui numeri: oggi i dati sulle spese e gli obiettivi sono formalmente disponibili ma nei fatti poco o per nulla fruibili.
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martedì 12 novembre 2024

Cosa significa la vittoria di Trump per il mondo

Cosa farà Trump durante il suo secondo mandato. Dove condurrà gli Stati Uniti nel consesso internazionale? Quale sarà il ruolo che ritaglierà agli Stati Uniti? Terrà fede a quanto accennato nel suo primo mandato e durante la campagna elettorale, sposando una posizione più isolazionista? E se lo farà, questa transizione sarà davvero così semplice come alcuni pensano, o il ruolo internazionale degli Stati Uniti continuerà ad agire da freno? E quali saranno le ricadute nelle altre regioni mondiali?

di redazione Valigia Blu

Madeleine Albright, Segretario di Stato di Clinton, una volta ha definito gli Stati Uniti la “nazione indispensabile” del mondo perché aveva un'influenza e delle responsabilità che superavano di gran lunga quelle di qualsiasi altro Stato.
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Con la popolazione che invecchia, la 104 non basta più

Cresce la quota di lavoratori che usufruisce dei permessi retribuiti garantiti dalla legge 104. Li richiedono in prevalenza le donne. Mentre le differenze territoriali non seguono il tradizionale divario Nord-Sud. Per l’assistenza servono più strumenti

di Maria De Paola e Luca Sommario

Che l’Italia stia diventando sempre più un paese di vecchi ce lo dicono i dati, compresi quelli sull’uso dei permessi a favore di chi ha familiari in condizione di disabilità, disciplinati dalla legge n. 104 del 1992. La normativa prevede diverse forme di sostegno per i lavoratori, tra cui tre giorni di permessi al mese per chi assiste genitori o parenti con disabilità grave, pienamente retribuiti e fruibili sia in modalità oraria che giornaliera.

Aumentano le richieste di permessi retribuiti per l’assistenza
Analizzando i dati sulle richieste di permessi retribuiti, suddivise per genere e settore, emerge un trend fortemente crescente: la percentuale di lavoratori che ne usufruisce nel settore privato extra-agricolo è passata dallo 0,26 per cento nel 2005 al 2,3 per cento nel 2022. L’aumento può essere attribuito a diverse cause, tra cui l’invecchiamento della popolazione e il peggioramento delle condizioni di salute in età avanzata.
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giovedì 7 novembre 2024

Tanto tuonò che Trump

Vincendo le elezioni, Trump non ha soltanto conquistato la presidenza degli Stati Uniti ma soprattutto un partito che oggi si definisce solo nel suo nome, e ha avuto una impressionante mutazione genetica.
È diventato, tecnicamente parlando, onnipotente. Dopo di lui, se non sarà diluvio certamente saranno strade allagate e panorami sommersi


di Mario Seminerio

Difficile la scelta sul punto di attacco di un commento all’elezione presidenziale americana. Si potrebbe partire con le abituali considerazioni sociologiche su sinistra e destra, globalizzazione e protezionismo, anzi domanda di protezione. Si potrebbe sbertucciare la classe dei sondaggisti ma sarebbe maramaldeggiare, così come farlo con gli opinionisti di inclinazione liberal.
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Harris-Trump: l’economia Usa nei prossimi quattro anni

Il 5 novembre l’America ha votato per eleggere il nuovo presidente. Nonostante tutto, l’andamento dell’economia continua a essere uno dei fattori che determinano le scelte dei cittadini. Vale allora la pena analizzare quali sono stati i programmi economici dei due candidati

di Mario Macis

Dopo un’estate ricca di colpi di scena, primo fra tutti il ritiro di Joe Biden sostituito da Kamala Harris, i candidati alla presidenza Usa hanno avuto l’opportunità di presentare i propri programmi economici durante il dibattito del 10 settembre, così come nei comizi e nelle interviste.

Nonostante persista la sensazione che il risultato delle elezioni, estremamente incerto, sarà influenzato più dalle “vibes” che dai dettagli dei programmi economici, l’economia è considerata la questione più importante per gli elettori americani.

Quanto conta l’economia nel voto americano
Nei progetti dei due candidati sull’economia ci sono differenze notevoli, ma forse proprio per la vicinanza nei sondaggi, emergono alcune somiglianze.
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La Georgia nel limbo post elettorale

Dopo le elezioni politiche dello scorso 26 ottobre, segnate dalla contestata vittoria del Sogno georgiano, la Georgia si ritrova in un vero e proprio limbo internazionale, con molti degli attori regionali restii a riconoscere i risultati ufficiali del voto

di Marilisa Lorusso

Non ci sono certo i presupposti perché la nuova legislatura prenda forma in Georgia, dopo le elezioni politiche dello scorso 26 ottobre. L’opposizione ha aperto la settimana chiamando a raccolta la popolazione a riprendersi i propri diritti politici, dopo le reiterate accuse di brogli elettorali da parte del Sogno georgiano al governo.

Non solo l’opposizione boicotterà il parlamento, ma Nika Melia – presidente del Movimento Nazionale Unito - ha esortato a impedire che venga inaugurata la prima sessione. Una manifestazione tenuta il 4 novembre dovrebbe aprire una nuova mobilitazione della piazza. Questo vischioso limbo non riguarda però solo il quadro interno.
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lunedì 4 novembre 2024

Dai Brics guerra finanziaria al dollaro? Più facile il contrario

Il dollaro è sempre stato utilizzato come arma anche quando non è stato usato come tale dalla Federal Reserve. Anzi, già negli anni ’80 il dollaro era arma per le guerre finanziarie tra entità di mercato che operano nelle borse.

di Silvano Cacciari

“Non stiamo rifiutando né combattendo il dollaro. Ma se non ci viene data la possibilità di usarlo, cosa possiamo fare?” (Vladimir Putin, Kazan, ottobre 2024)

La dichiarazione di Putin a Kazan contiene diversi messaggi ma anche un certo rispetto per l’arma, potente, contenuta nel biglietto verde tipica di chi conosce questo contesto.
Detto questo, viste le crisi globali in atto, le domande corrette sono: il recente summit di Kazan rappresenta un evento di riequilibrio, a favore dei Brics, allo strapotere degli Stati Uniti nella guerra finanziaria?
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I Brics e il ponte immaginario sul fiume dei dollari

Lo scorso anno, durante il vertice tenutosi in Sud Africa, è stata lanciata l’idea di una moneta comune tra i paesi aderenti al Brics e qualche giorno fa sono state presentate delle banconote prototipo alla televisione russa. Ma la realtà è molto più complessa e i ministri delle Finanze di Cina, India e Sudafrica dimostrano di essere più interessati a fare affari bilaterali e a parlare, cosa sempre utile, che spingersi a un livello di fantasie considerato ancora eccessivo

di Mario Seminerio

Durante i lavori del vertice dei paesi Brics, in corso a Kazan in Russia, Vladimir Putin è tornato a fantasticare di un nuovo quadro di pagamenti internazionali, per liberarsi delle sanzioni occidentali e demolire l’ordine finanziario globale costruito dagli Stati Uniti, che usano il dollaro come arma.
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Espansione dei Brics: analisi dei 13 nuovi membri associati

L’espansione dei Brics con l’aggiunta di tredici nuovi membri associati segna un potenziale momento di svolta per la geopolitica globale. Queste economie emergenti, provenienti da diverse regioni, promettono di rafforzare il blocco e ridefinire l’equilibrio del potere mondiale

di Giulio Chinappi

La recente espansione dei Brics, che ha visto l’ingresso di tredici nuovi membri associati al vertice di Kazan’, segna un cambiamento significativo negli equilibri economici e geopolitici mondiali. La decisione di includere nuovi Paesi di Africa, Asia, Europa e America Latina riflette la crescente importanza del blocco nella promozione di un ordine multipolare, capace di rappresentare e sostenere le economie emergenti in risposta a sfide globali come il cambiamento climatico, l’equità economica e l’innovazione tecnologica.
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giovedì 31 ottobre 2024

Volkswagen in crisi: chiusure, tagli e scioperi. Cosa c’è in gioco per il colosso tedesco

Volkswagen è in pieno terremoto e si prepara a un cambiamento epocale. Il colosso tedesco sta affrontando una delle riorganizzazioni più drastiche della sua storia, con chiusure di stabilimenti in Germania e tagli che potrebbero colpire decine di migliaia di posti di lavoro. Ma cosa c’è davvero dietro questa crisi? Vediamo cosa sta succedendo in casa Vw e quali sono le prospettive per i suoi dipendenti.

di

La Strategia di Volkswagen: Riduzione dei Costi e Tagli alla Forza Lavoro
Volkswagen ha annunciato piani per chiudere almeno tre stabilimenti tedeschi, una mossa mirata a ridurre i costi, giudicati troppo alti rispetto a quelli degli impianti internazionali. La Presidente del Consiglio di Fabbrica, Daniela Cavallo, ha reso pubblico il piano durante un’assemblea aziendale a Wolfsburg, e le sue parole sono state chiare: “Nessun impianto è al sicuro!”. Vw sembra intenzionata a trasferire all’estero intere divisioni, mentre in Germania l’obiettivo è un taglio dei costi del 25-50% rispetto alle attuali previsioni.
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Che fine ha fatto il Green Deal?

Sembra passato un secolo da quando l’Europa sbandierava il Green Deal per superare il neoliberismo in direzione di una società più ecologica. La corsa alle armi ha messo una pietra tombale su quella enorme riforma. Il fallimento dell’operazione non sta nella sua eccessiva radicalità, ma al contrario nella sua titubanza. Una autentica transizione energetica ed ecologica si può affermare solo nel quadro di un superamento delle regole del gioco del mercato, ovvero dei paradigmi sociali capitalistici: modi di produzione, stili di vita, sistemi di valori

di Paolo Cacciari e Aldo Femia

Nel breve arco di una legislatura il Green Deal ha attraversato i cieli d’Europa come una meteora. A provocarne l’inabissamento sono stati, prima, l’emergenza sanitaria generata dalla pandemia da Covid, poi la crisi delle forniture di combustibili fossili, quindi l’inflazione, la recessione produttiva e persino le accise sul diesel dei trattori, infine è arrivata la chiamata generale alle armi contro la nuova “minaccia esistenziale”: la Russia. La crisi climatica e – tanto più – quella ecologica sono scese dalla prima all’ultima delle preoccupazioni dei governanti.

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mercoledì 30 ottobre 2024

Ue e Usa spingono per un'indagine “trasparente” sulle elezioni in Georgia

I partner occidentali rispondono all'appello della presidente Zourabichvili e si muovono per supportare la ricerca della verità su tutte le segnalazioni di brogli elettorali. Ma il premier ungherese Orbán, in viaggio a Tbilisi per garantire supporto agli alleati di Sogno Georgiano, scava un ulteriore solco con Bruxelles

di Federico Baccini

La cautela diplomatica si sta finalmente dissolvendo. E sul lungo periodo proprio il sangue freddo delle capitali occidentali potrebbe rivelarsi il sostegno più efficace per i cittadini georgiani scesi in piazza a migliaia per protestare contro quanto andato in scena dentro e fuori le urne il 26 ottobre, nel giorno delle elezioni in cui "è stato rubato il nostro voto e il nostro futuro".

Dopo due giorni di temporeggiamento, a Bruxelles e Washington si sta facendo sempre più netta la richiesta di chiarezza sulle centinaia di foto e video che denunciano brogli e violenze, così come sui report delle organizzazioni di osservazione elettorale che stanno presentando i contorni di un ampio schema di frodi elettorali da parte del partito al potere Sogno Georgiano.
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Analisi delle nuove regole fiscali europee

Il nuovo patto di stabilità prevede criteri di spesa rigidi per paesi con deficit eccessivi come il nostro ma, come in un recente studio, è dimostrato che questi criteri rischiano di avere un effetto negativo sulla crescita e quindi controproducente sul debito

di Dario Guarascio e Francesco Zezza 

Nel contesto del nuovo Patto di Stabilità, gli Stati membri saranno a breve chiamati ad inviare alla Commissione Europea (Ce) i propri piani di spesa quadriennali, estendibili fino a sette anni in presenza di investimenti e riforme strutturali coerenti con gli obiettivi trasversali dell’Unione. I piani dovranno muoversi all’interno dei vincoli che la Ce definisce, per ogni Stato membro, a partire dall’analisi di sostenibilità del debito (Dsa) su cui si basa il nuovo sistema di regole fiscali.

In questo quadro, la Dsa gioca un ruolo cruciale nel definire il perimetro delle politiche fiscali poste in essere a livello nazionale. Definendo i margini di manovra dei singoli paesi lungo un orizzonte pluriennale, il nuovo schema dovrebbe garantire che il rapporto debito/Pil si “collochi su di una traiettoria di riduzione plausibile o rimanga a livelli prudenti, anche in scenari avversi” (Regolamento Eu 2024/1263). I criteri utilizzati per definire le traiettorie di spesa richiedono che, senza ricorrere ad un ulteriore consolidamento fiscale (tagli alla spesa pubblica), il rapporto debito/PIL diminuisca o rimanga al di sotto della soglia del 60% entro la fine del periodo pluriennale di aggiustamento e nei dieci anni successivi; che il medesimo rapporto si riduca con una probabilità ‘sufficientemente’ alta; che il deficit fiscale scenda al di sotto del 3% e vi rimanga nel medio termine.

In uno studio recente, con P. Heimberger, L. Welslau, B. Schütz e S. Gechert, abbiamo tuttavia sollevato seri interrogativi circa il potenziale impatto dell’ondata di consolidamento che le nuove regole si apprestano a imporre. Introducendo all’interno del modello ufficiale ipotesi abituali nella letteratura scientifica e maggiormente realistiche rispetto a quelle formulate dalla Ce, mostriamo come il consolidamento derivante dalla nuova Dsa potrebbe avere un effetto significativamente negativo sulla crescita e sul rapporto debito/Pil a dispetto di quanto previsto dalla Commissione stessa. E ciò risulta essere particolarmente vero nel caso di paesi ad alto debito come l’Italia.

L’analisi si concentra sulle quattro principali economie della Ue: Francia, Germania, Italia e Spagna. Quest’ultime si trovano ad affrontare sfide diverse in termini di riduzione del deficit: mentre Italia, Francia e Spagna devono intraprendere aggiustamenti significativi nel periodo 2025-2028; la Germania necessita di un piano di rientro molto più modesto. Nell’ipotesi che si scelga un piano di aggiustamento quadriennale, per rispettare i nuovi parametri l’Italia è chiamata a migliorare il suo saldo primario strutturale di circa 1,08 percento del PIL all’anno (pari a circa 20 miliardi di euro). Francia e Spagna dovranno invece realizzare un aggiustamento annuo dello 0.94 e 0.89 percento del Pil, rispettivamente, mentre la Germania, in ragione di un rapporto debito/PIL più contenuto, solo dello 0.11.

Un’analisi critica del nuovo sistema di regole fiscali
In aggiunta alle criticità già sottolineate in passato sul Menabò, abbiamo identificato quattro elementi chiave che, nel contesto del modello attualmente in uso presso la Ce, possono condurre a una sottostima degli effetti negativi del consolidamento fiscale. Moltiplicatore fiscale. Il modello della Ce assume un moltiplicatore fiscale – l’indicatore che cattura l’impatto delle politiche fiscali sul Pil – costante, uguale per tutti gli Stati membri e pari a 0,75. Non vengono fornite giustificazioni per tali assunzioni ma si fa semplicemente riferimento a un documento di lavoro pubblicato dalla stessa Ce nel 2015. L’esame di quel documento, tuttavia, non fornisce alcun supporto alle assunzioni della Commissione: gli autori evidenziano come vi sia una considerevole incertezza intorno alle stime puntuali dei moltiplicatori (che comunque vengono inserite in un intervallo compreso tra 0.8 e 0.9, maggiore di quello utilizzato dalla Ce nel suo modello), e che gli effetti del consolidamento sulla crescita possono variare sensibilmente a seconda dello strumento utilizzato (incremento delle tasse o taglio della spesa) e delle condizioni economiche che caratterizzano l’economia oggetto dell’intervento. Ciò è coerente con quanto suggerisce la letteratura e cioè che i moltiplicatori siano più elevati nelle fasi di recessione e tendano a collocarsi al di sopra dell’unità se il consolidamento viene operato dal lato della spesa.

Transitorietà/persistenza degli effetti del consolidamento
Un’altra assunzione chiave su cui si basa il modello della Ce è l’automatica e rapida (3 anni) dissipazione degli effetti del consolidamento. Anche in questo caso, tuttavia, la letteratura mostra come, in particolare in presenza di consolidamento operato simultaneamente in più paesi, tale transitorietà degli effetti (misurata in termini di periodi necessari per la chiusura dello scarto tra il Pil attuale e quello potenziale) non sia affatto garantita. Di fatto, la Ce trascura l’evidenza scientifica e dà per scontato che i tagli coordinati alla spesa pubblica che il nuovo sistema di regole sta per imporre non abbiano effetti strutturali/persistenti.
Assenza di spillover. La Dsa della Commissione trascura completamente le relazioni economiche tra le economie europee. In questo caso, non sarebbe nemmeno necessario richiamare la letteratura per riconoscere che politiche fiscali restrittive adottate in un dato paese possono avere un impatto negativo sui partner commerciali dello stesso: la riduzione della domanda interna si può infatti tradurre in minori esportazioni dei partner. Questo elemento è di particolare rilevanza nel caso europeo, dato il grado di integrazione tra le economie. Non prenderlo in considerazione rischia di condurre a una significativa sottostima degli effetti del consolidamento.
Ipotesi di “no-policy-change”. Il modello della Ce ipotizza che, una volta completato il periodo di aggiustamento, le politiche fiscali rimangano invariate. Nondimeno, la dinamica del debito è spesso influenzata da eventi imprevisti che possono richiedere ulteriori interventi. Da questo punto di vista, eventuali shock, variazioni nei tassi d’interesse o nuovi obblighi di spesa pubblica possono far deragliare i piani di sostenibilità fiscale.

Simulazioni e scenari
Le simulazioni presentate nello studio richiamato in precedenza mettono a confronto le previsioni sul tasso di crescita del Pil e sulla traiettoria del rapporto debito Pil fornite dalla Ce per l’Italia, la Germania, la Francia e la Spagna con scenari alternativi ottenuti modificando le assunzioni di base, sempre in linea con quanto prevede la letteratura di riferimento. Le modifiche riguardano il moltiplicatore fiscale (0,9 contro lo 0,75 previsto dalla Commissione), la dissipazione degli effetti (5 anni in luogo dei 3 previsti per la chiusura dell’output gap) e la presenza di ‘spillover’ (il consolidamento in un paese ha effetto, in ragione del peso dell’interscambio commerciale, anche sui suoi partner). Se si mette a confronto lo scenario combinato (ove sono presenti tutte le modifiche appena illustrate) con ciò che prevede la Ce emerge un quadro preoccupante per quanto riguarda la sostenibilità del debito, in particolare per le economie che oggi mostrano un elevato rapporto debito/Pil.

Per Italia e Francia, il rapporto debito/Pil risulterebbe superiore di 3,9 punti percentuali rispetto alle previsioni della Ce nell’orizzonte compreso tra il 2024 e il 2038. Questo aumento è dovuto principalmente al maggior impatto del consolidamento sulla crescita (effetto moltiplicatore), aggravato dalla trasmissione tra paesi degli effetti negativi. Nel caso spagnolo, il rapporto debito/Pil potrebbe aumentare di 3,1 punti percentuali e anche la Germania, sebbene risulti meno esposta, vedrebbe peggiorare il medesimo rapporto di 1,7 punti percentuali (principalmente a causa degli spillover negativi).

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martedì 29 ottobre 2024

L’Argentina di Milei: bilancio di dieci mesi di presidenza

Con la presidenza Milei, l’Argentina ha intrapreso un faticoso percorso di stabilizzazione economica. Il rallentamento dell’inflazione e la sostanziale tenuta dell’attività economica sono segnali incoraggianti, ma rimangono le fragilità strutturali

di Paolo Rizzo

Javier Milei ha assunto la carica di presidente dell’Argentina nel dicembre 2023. Nei suoi primi dieci mesi di governo è riuscito a rallentare la corsa dell’inflazione, raggiungere il pareggio di bilancio e stabilizzare il mercato valutario. Il rischio paese diminuisce, benché rimanga ancora molto elevato: Buenos Aires deve infatti ancora risolvere numerose fragilità strutturali, affrontare la crisi sociale e rilanciare l’economia.

A settembre, il tasso di inflazione ha raggiunto il 3,5 per cento, su base mensile.
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giovedì 24 ottobre 2024

Stati Uniti: un voto al tramonto dell’impero

Bassa partecipazione, regole incerte, esiti contestati: la democrazia Usa non è mai stata così fragile, tra le falsità e le minacce di Trump e l’immobilismo di Kamala Harris. Le elezioni del 5 novembre mostrano le pericolose derive della politica, che da Washington arrivano fino a noi

di Gian Giacomo Migone

Di ritorno da un ennesimo soggiorno negli Stati Uniti, ove sono ormai in corso elezioni presidenziali e congressuali che si consumeranno il 5 novembre – in molti Stati è in corso un cospicuo voto postale anticipato – mi sforzo per non cadere preda di un sentimento purtroppo universale di sconforto accompagnato da malcelata soddisfazione per le sofferenze di un potere sempre più ingombrante. Il mitico elefante nella cristalleria. Perché queste elezioni segnalano la crisi di una democrazia che si riverbera in ogni parte del mondo, compresa la nostra Italia.

Al massimo livello si contrappongono due candidature entrambi foriere di crescenti tragedie di guerra che si traducono in stragi di innocenti.
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