Anno X - Numero 13
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Fabrizio De André

sabato 29 marzo 2025

Dove sono i soldi dell’Intelligenza Artificiale?

Nel 2024, OpenAI — la più conosciuta azienda al centro dell’attuale entusiasmo per l’intelligenza artificiale generativa — ha registrato 4 miliardi di dollari di ricavi. Per mantenerne in vita l’infrastruttura, però, ne ha spesi 9. Il conto è semplice: una perdita netta di almeno 5 miliardi, cifra che potrebbe salire ancora se si includono i costi indiretti, come le compensazioni azionarie

di Marco Dotti

Secondo un’inchiesta di Edward Zitron pubblicata il 24 febbraio 2025 sulla newsletter Where’s Your Ed At, l’intero settore dell’IA generativa potrebbe non essere affatto un'industria, ma una costruzione narrativa alimentata da venture capital, media compiacenti e metriche opache.

Un modello economico insostenibile
«Ogni prompt generato da ChatGPT rappresenta una perdita», scrive Zitron. Il motivo è tecnico ed economico: a differenza del software tradizionale, i modelli generativi non scalano con l’aumento degli utenti. Anzi, lo stress computazionale aumenta proporzionalmente ai costi. Servono GPU costose da mantenere, energia in abbondanza, server altamente specializzati. E il dato più impressionante: OpenAI ha speso 3 miliardi solo per l’addestramento dei modelli nel 2024, e altri 2 per farli funzionare in tempo reale.
Non è tutto. I dati di addestramento scarseggiano e i costi salariali per trattenere i talenti superano i 700 milioni di dollari l’anno, senza considerare stock option e benefit. Eppure, nemmeno i 15,5 milioni di abbonati paganti riescono a garantire un pareggio di bilancio. Secondo Zitron, «OpenAI perde soldi su ogni utente, gratuito o pagante».

Il problema non è solo OpenAI
Anthropic, sostenuta da Amazon e Google, ha perso 5,6 miliardi di dollari nel 2024 a fronte di ricavi per 918 milioni. Nonostante ciò, sta cercando nuovi capitali sulla base di una valutazione da 60 miliardi. Per Zitron, siamo di fronte a una distorsione pericolosa: «Anthropic ha meno utenti attivi mensili di un gioco mobile di seconda fascia».

Perplexity, un motore di ricerca “IA-based”, ha generato solo 56 milioni di dollari nel 2024, ma è stata valutata 9 miliardi. Il modello di business è ancora meno chiaro: si tratta, secondo l’autore, di un prodotto altamente sostituibile e non redditizio.

Il paradosso dei giganti
E le big tech? Anche qui, i numeri sollevano più dubbi che entusiasmi. Microsoft prevede di investire oltre 93 miliardi in capital expenditure nel 2025, Google 75. Ma l’adozione dei loro assistenti IA (Copilot, Gemini) è limitata: 11 milioni di utenti mensili per Copilot, 18 per Gemini. Zitron calcola un costo medio per utente che supera, rispettivamente, gli 8.500 e i 4.000 dollari.

Il confronto è impietoso: «Copilot ha dieci volte meno utenti attivi di Microsoft Teams. E, a differenza di Teams, ogni suo utente costa più di quanto renda».

Una bolla che potrebbe esplodere
Secondo Zitron, l’industria dell’IA generativa poggia su una narrazione ben costruita, più che su un reale mercato e dati ben supportati. I suoi prodotti non sono “killer app”, ma demo potenziate. Le metriche — come gli “utenti attivi settimanali” — sono facilmente manipolabili e spesso prive di definizioni chiare.

Alla domanda “dove sono i soldi?”, la risposta sembra essere: non ci sono. O meglio, non ci sono ricavi sufficienti a coprire i costi enormi. «Togliete il venture capital», conclude Zitron, e «l’industria evapora».

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