Il divario retributivo si manifesta in vari aspetti della vita sociale ed economica, dai ruoli di leadership alle opportunità professionali. Ma una delle sue espressioni più evidenti è la persistente disuguaglianza nelle retribuzioni di uomini e donne
di Francesca Ceccato, Marilena A. Ciarallo e Paola Conigliaro
La retribuzione oraria media in Italia si attesta a 16,4 euro secondo la Rilevazione sulla struttura delle retribuzioni (Rcl-Ses) condotta sul 2022, armonizzata a livello europeo: è quanto le imprese e le istituzioni pubbliche con almeno dieci dipendenti erogano per le ore di lavoro ordinario e straordinario ai lavoratori dipendenti che sono stati retribuiti durante l’intero mese di ottobre e include le trattenute fiscali e previdenziali (retribuzione lorda). I dati raccolti tramite la Ses costituiscono la base anche per l’indicatore Eurostat sul divario retributivo di genere.
Nelle retribuzioni ritroviamo differenze significative in base ad alcuni fattori, tra cui età, anzianità lavorativa nell’unità economica, titolo di studio, tipologia di contratto, regime orario e dimensione dell’unità economica, che si manifestano in modo diverso tra uomini e donne.
L’età gioca un ruolo rilevante: in media i dipendenti sotto i 30 anni hanno una retribuzione di 11,9 euro all’ora, con un gap del 36,4 per cento rispetto ai dipendenti over 50 e del 24,7 per cento rispetto a quelli tra i 30 e i 49 anni. All’inizio della carriera lavorativa si occupano posizioni meno qualificate o con contratti precari, mentre con l’esperienza il lavoro diventa più stabile e meglio pagato.
Quanto si guadagna in media all’ora in Italia
I dipendenti con trenta anni di esperienza continuativa presso la stessa unità economica guadagnano 21,6 euro all’ora, un valore circa 1,6 volte superiore a quello dei dipendenti con meno di cinque anni di anzianità. La retribuzione oraria cresce al crescere dell’istruzione: i dipendenti con un titolo di studio secondario inferiore percepiscono 12,4 euro, il 17,3 per cento in meno rispetto ai diplomati e il 43,6 per cento in meno rispetto ai laureati. Anche il tipo di contratto gioca un ruolo significativo: con un contratto a tempo determinato si guadagna in media il 24,6 per cento in meno rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato (12,9 euro contro 17,1 euro). Un altro fattore determinante è il tipo di orario: chi lavora part-time guadagna il 30,6 per cento in meno rispetto a chi lavora full-time (due/terzi dei lavoratori part-time sono donne). La dimensione dell’unità economica presso cui si è occupati influisce sulla retribuzione oraria: nelle unità più piccole (tra i 10 e i 49 dipendenti) si ha la più bassa retribuzione media oraria (12,8 euro l’ora), mentre nelle più grandi (con almeno mille dipendenti) si ha quella più alta (19,2 euro l’ora).
I livelli retributivi medi nascondono ragguardevoli differenze di genere.
Una misura del divario retributivo di genere
Il gender pay gap (Gpg) è un indicatore ampiamente utilizzato a livello europeo appunto per misurare le disparità retributive tra uomini e donne. Sintetizza la differenza percentuale tra la retribuzione oraria media di uomini e donne rapportata a quella degli uomini. La metodologia di calcolo dell’indicatore è complessa: il calcolo è a livello aggregato, risente di effetti di composizione, che celano differenze legate a specificità o dell’unità economica (per esempio, il settore economico) o del lavoratore (per esempio, l’età). Nel 2022, il Gpg in Italia si attesta al 5,6 per cento, con gli uomini che guadagnano mediamente 16,8 euro all’ora, mentre le donne si fermano a 15,9 euro.
Il divario è particolarmente evidente tra i laureati, dove le donne sono più numerose e la differenza retributiva raggiunge il 16,6 per cento. Differenze simili si riscontrano anche tra i meno istruiti, dove il gap è del 15,2 per cento, ma su valori più bassi.
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