di Paolo Rizzo
Javier Milei ha assunto la carica di presidente dell’Argentina nel dicembre 2023. Nei suoi primi dieci mesi di governo è riuscito a rallentare la corsa dell’inflazione, raggiungere il pareggio di bilancio e stabilizzare il mercato valutario. Il rischio paese diminuisce, benché rimanga ancora molto elevato: Buenos Aires deve infatti ancora risolvere numerose fragilità strutturali, affrontare la crisi sociale e rilanciare l’economia.
A settembre, il tasso di inflazione ha raggiunto il 3,5 per cento, su base mensile. Un dato che sarebbe allarmante in altre economie, ma per l’Argentina rappresenta il livello più basso degli ultimi tre anni. Annualizzando i dati degli ultimi quattro mesi, l’inflazione si attesta ora al 61 per cento: un netto miglioramento rispetto agli ultimi quattro mesi del governo precedente, che aveva lasciato un tasso d’inflazione medio annuo pari al 270 per cento, a cui bisognava aggiungere un’inflazione latente dovuta ai controlli sui prezzi, alle restrizioni sulle importazioni e agli effetti di un tasso di cambio artificialmente sopravvalutato.
Primo obiettivo: sconfiggere l’inflazione
Per via dei controlli di capitale, l’Argentina convive ancora con un tasso di cambio ufficiale e uno non ufficiale, il “blue” che riflette la sfiducia di mercati e cittadini. La differenza tra i due tassi si attesta adesso attorno al 20 per cento, mentre negli ultimi mesi del governo precedente superava il 100 per cento.
Sembrava che Milei volesse unificare subito i tassi, ma la decisione è stata rimandata. Riallineare immediatamente il tasso ufficiale al “blue” provocherebbe un picco inflazionistico simile a quello di dicembre 2023 e il governo preferisce invece ridurre gradualmente il divario, per meglio gestire l’impatto sull’inflazione.
La politica economica del governo è infatti interamente orientata alla lotta contro l’inflazione, il male cronico dell’Argentina. Poco importa se ciò richiede di mantenere un doppio mercato dei cambi che scoraggia gli investimenti esteri, o se porta a una contrazione dell’attività economica o a tagliare drasticamente la spesa pubblica: Milei ritiene che il suo mandato sarà giudicato dall’andamento del tasso d’inflazione.
Si spiega così la scelta pragmatica di preferire una limitazione della circolazione di capitali e una recessione a un ulteriore deprezzamento del tasso di cambio che stimolerebbe l’economia ma importerebbe ulteriore inflazione. La scommessa di Milei è che gli argentini siano disposti a sopportare una recessione pur di liberarsi dell’endemica inflazione che, da anni, affligge l’economia e grava sulle classi sociali più deboli. La stabilità sociale si raggiungerebbe, in poche parole, attraverso la sconfitta dell’inflazione. La libera circolazione dei capitali, l’unificazione del tasso di cambio, le riforme e la ripresa dell’economia verranno dopo.
Perché il pareggio di bilancio a ogni costo
Si spiega così anche l’ossessione di Milei di raggiungere il pareggio di bilancio in un solo anno, riducendo drasticamente la spesa pubblica. Storicamente, l’Argentina ha finanziato il proprio deficit con l’emissione monetaria perché da anni le è impedito l’accesso ai mercati finanziari, visti i numerosi default del passato. Eliminare il disavanzo pubblico e, quindi, il finanziamento monetario è cruciale per contenere l’inflazione.
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