Di come gli italiani si accingono a mettere le mani avanti per la resa dei conti post pandemia. Suggestioni no-euro da stampatori onirici come abituale fuga dalla realtà
di Mario Seminerio
Sassoli parte da una premessa: ha ragione il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, a sostenere che il Patto di Stabilità non potrà essere reintrodotto “prima del 2023” perché “distruggeremmo l’inizio della ripresa”. Ora, premesso che voler di reintrodurre il Patto di Stabilità il prossimo anno sarebbe il passaporto per la neurodeliri, pensare di saltare direttamente il 2022 e approdare all’anno successivo appare molto simile alla fuga in avanti di una parte assai interessata, l’Italia.
Sassoli rilancia anche l’esigenza di “più Europa”, e stranamente lo fa tirando in ballo le politiche fiscali nazionali:
Abbiamo bisogno che tutti gli Stati membri s’impegnino in riforme fiscali coordinate a livello europeo, in modo da sviluppare politiche redistributive. Molti combattono con la povertà, ma altri hanno guadagnato dalla crisi. Il contributo dei privilegiati è importante per ridurre le diseguaglianze.
Confesso che non mi è chiaro in quale modo le “riforme fiscali coordinate a livello europeo” possano invadere le politiche fiscali nazionali, dettando loro la priorità “della redistribuzione”, con coperture da trovare “tra i privilegiati” che hanno “guadagnato dalla crisi”. Tali privilegiati sono, manco a dirlo “i giganti del web e alcune catene di distribuzione”, ma attenzione: la web tax sarà europea e servirà alle coperture del Recovery Fund. Mentre attendiamo l’una e le altre (Joe Biden permettendo), il presidente del Parlamento europeo precisa di riferirsi
[…] ai privilegi dei quali le grandi industrie godono in alcuni paesi dell’Unione, come i tax ruling.
Il che è decisamente un vaste programme, e non da oggi. Quindi, vediamo: bisogna “fare redistribuzione” con “riforme fiscali coordinate a livello europeo”, che per Sassoli sarebbe l’eliminazione di alcuni tax loopholes in giro per l’Europa. Quello che l’ex giornalista Rai pare non cogliere è che i tax ruling, nell’orientamento europeo, sono da combattere quando ad aziendam. E questo già avviene, vedasi caso Apple-Irlanda, al netto dell’iter giudiziario di appello, in corso.
Quindi, par di capire, obiettivo vero di Sassoli è quello di giungere ad una base imponibile comune europea, altra chimera da tempo evocata e mai perseguita, per evidenti motivi, al netto di qualche ricorrente segnale di fumo tra la coppia Francia-Germania. Per chi fosse interessato alla mia inutile opinione, io sono favorevole a cercare di creare una base imponibile comune ma di certo non a fissare anche aliquote d’imposta comuni sui redditi delle società.
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