di Vitalba Azzollini
Il concetto di reato universale sembra piacere molto all’attuale maggioranza di governo. Dopo aver definito come tale, con il cosiddetto decreto legge Cutro (n. 20/2023), l’omicidio o le lesioni derivanti da atti diretti a procurare l’ingresso illegale di migranti in Italia, ora è il momento della surrogazione di maternità, detta anche gestazione per conto di altri (GPA) o, dispregiativamente, utero in affitto. Una proposta di legge, presentata da parlamentari di Fratelli d’Italia, estende la punibilità della condotta, che è già reato quando attuata in Italia (l. 40/2004, art. 12), prevedendo sia perseguito «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità», ciò «anche se il fatto è commesso all'estero». L’autore è sanzionato «con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro».
Ma non basta parlare di reato universale, e scrivere in una norma che sarà punito ovunque sia commesso, per poi poterlo davvero fare.
La giurisdizione universale
In base al principio di territorialità, il diritto penale italiano è applicabile solo entro i limiti dei confini dello Stato (art. 6, c. 1, c.p.). Il principio può essere derogato in una serie di casi, nei quali l’ordinamento consente che la legge italiana punisca il cittadino o lo straniero che commette alcuni reati in territorio estero. I casi possono riguardare, in primo luogo, condotte riconducibili alla lesione di fondamentali interessi dello Stato, indicate espressamente dal codice penale (delitti contro la personalità dello Stato, falsità in monete e in sigilli dello Stato, delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato: art. 7, c. 1, numeri da 1 a 4, c.p.).
In secondo luogo, il principio di territorialità può essere derogato in presenza di beni e valori la tutela dei quali è riconosciuta di interesse dell’intera comunità internazionale (ad esempio, genocidio, pirateria, terrorismo). Il codice penale prevede questa ipotesi nella norma che dispone sia «punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero» un reato per il quale «disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana» (art. 7, c. 1, n. 5 c.p.). Per fare un esempio, basti pensare ai delitti per i quali, di recente, la Corte Penale Internazionale ha incriminato il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin (trasferimento e deportazione illegale di bambini): Putin non solo dovrebbe essere arrestato in qualunque Stato parte dello Statuto di Roma, ma potrebbe essere processato in tale Stato, ove quest’ultimo abbia adeguato il proprio ordinamento interno alle norme dello Statuto stesso.
In terzo luogo, la punibilità di reati commessi fuori dai confini nazionali è possibile quando essi siano considerati gravemente lesivi di diritti e interessi, ciò in base a una norma che conseguentemente li sanzioni con una elevata pena detentiva oppure in base a una valutazione del ministro della Giustizia. È quanto sancito dal codice penale all’art. 9, che prevede la perseguibilità di cittadini italiani per crimini commessi oltre confine che siano punibili con l’ergastolo o con la reclusione nel minimo non inferiore a tre anni oppure, in caso di pena detentiva inferiore, quando ci sia una specifica richiesta del ministro della Giustizia (l’art. 10 c.p. prevede la punibilità degli stranieri alle stesse condizioni, ma la reclusione nel minimo basta non sia inferiore a un anno).
Dunque, è possibile che la giurisdizione penale italiana possa estendersi anche a reati commessi fuori dal territorio nazionale. Ma ricomprendere tra tali reati la surrogazione di maternità è giuridicamente infondato.
La GPA come reato universale
La proposta di legge in esame fa rientrare la GPA compiuta all’estero tra i reati perseguibili universalmente attraverso il richiamo espresso, contenuto nella relazione di accompagnamento, all’art. 7, c. 1, n. 5 del codice penale. La deroga al principio di territorialità prevista da questa norma, come spiegato, si basa sul riconoscimento a livello universale del disvalore della condotta realizzata.
Ma non sembra questo il caso della GPA, che è legale in diversi paesi in Europa e nel mondo. Ad esempio, essa è permessa in Belgio e Grecia, purché non a pagamento, e comunque con restrizioni. In altri paesi - Russia, Ucraina, Armenia, Bielorussia, Georgia ecc., nonché alcuni Stati americani - essa è possibile, gratuitamente o a pagamento, nel rispetto di talune condizioni. Ed è proprio ciò che permette a cittadini italiani di ricorrere a tale tecnica di procreazione medicalmente assistita in una serie di Stati che la consentono, quindi nel rispetto della legge locale, nonostante in Italia essa costituisca reato.
Il fatto che la maternità surrogata sia possibile in molti ordinamenti rende palese che non si tratta di un reato “cosmopolita”. Se così fosse, cioè se la GPA venisse contrastata e punita quasi ovunque, i proponenti il disegno di legge non avrebbero sentito la necessità di prevedere che essa sia sanzionata in qualunque Stato sia commessa, quindi anche in quelli ove invece essa è praticata conformemente alla legge locale. Di conseguenza, siccome la GPA non è una condotta considerata universalmente lesiva di diritti e interessi, non può rientrare nella previsione dell’art. 7, comma 1, n. 5.
Ma essa non può nemmeno rientrare nell’altra categoria di reati di cui all’art. 9 del codice penale, per i quali è prevista la perseguibilità, se commessi fuori dall’Italia, quando siano punibili con l’ergastolo o comunque con la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, oppure su richiesta del ministro della Giustizia. A parte il fatto che per la surrogazione di maternità la pena detentiva massima è di due anni e, pertanto, servirebbe sempre l’intervento del Guardasigilli, ci sarebbe un’ulteriore condizione da rispettare: la doppia incriminazione. Nonostante l’art. 9 non contenga un’espressa indicazione di questo requisito, autorevole dottrina (tra gli altri, Marinucci, Dolcini, Gatta) ritiene che, per perseguire gli autori di reati consumati all'estero, questi ultimi debbano essere punibili come illeciti penali oltre che dalla legge italiana, pure dall'ordinamento del luogo in cui sono commessi. Quindi, per incriminare chi ricorre alla GPA oltre i confini nazionali, tale pratica dovrebbe essere considerata reato non solo in Italia, ma anche nello Stato ove è compiuta.
Dunque, la norma della recente proposta di legge, non essendo tesa a tutelare un valore riconosciuto come universale, né prevedendo siano rispettate altre condizioni che rendono la GPA perseguibile ovunque - in primis che tale pratica sia almeno qualificata come reato nel paese in cui è posta in essere - sembra viziata da irragionevolezza, quindi a rischio di incostituzionalità.
L’irragionevolezza si rende ancora più manifesta ove si consideri che la norma in questione, prevedendo la punibilità di «chiunque» anche «all’estero», pare riguardare non solo i cittadini italiani, ma anche gli stranieri che concorrano a “realizzare, organizzare o pubblicizzare” la GPA, inclusi medici, infermieri e altri soggetti. Al di là della fattibilità – basti pensare che le autorità estere non sarebbero tenute a collaborare con quelle italiane nella raccolta delle prove, se nel proprio Stato una certa condotta non è reato - la previsione si basa sul presupposto che ogni cittadino straniero debba conoscere la legge italiana, e ciò è un assurdo. Quindi, la proposta di legge viola il principio di colpevolezza, che richiede la percezione, da parte del soggetto agente, del significato antigiuridico del fatto che sta compiendo. Può ipotizzarsi che la nuova norma sia frutto di sciatteria redazionale e non intenda colpire cittadini di altri paesi: ciò sarebbe comunque molto grave, soprattutto in considerazione del principio di tassatività della norma penale.
La scelta italiana del reato universale
La pretesa di incriminare chiunque concorra a una surrogazione di maternità in qualunque paese, anche in quelli nei quali essa è legale, estendendo la giurisdizione italiana a fatti che non costituiscono reato nel luogo in cui sono compiuti, sembra rappresentare il tentativo dell’Italia di imporre la propria “sovranità punitiva” su «tutto il globo terraqueo» espressione che fu usata dalla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa svoltasi a Cutro. In questo modo, l’Italia dimostrerebbe di voler imporre le proprie scelte valoriali, e di conseguenza quelle di politica criminale, anche agli Stati che hanno fatto scelte diverse, finendo per calpestarne gli ordinamenti. E ciò è un assurdo non solo sul piano giuridico, come spiegato, ma anche su quello sostanziale.
C’è anche un altro profilo da considerare. Nel 2021 (sentenza n. 33) la Corte costituzionale ha sollecitato il legislatore ad adottare una disciplina che dia ai bambini nati da GPA maggiori garanzie di quelle offerte dall’adozione in casi particolari, richiamando la necessità di salvaguardare la proporzionalità tra la compressione degli interessi del minore rispetto allo scopo di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità. La nuova legge inasprisce la perseguibilità della GPA, al fine di dissuadere dal ricorso a tale tecnica di procreazione, senza al contempo rafforzare la tutela dei bambini venuti al mondo a seguito di GPA, come chiesto dalla Consulta. Tale opzione normativa rischia non solo di essere priva di efficacia deterrente, ma pure di favorire la clandestinità del ricorso a tale pratica anche all’estero, a discapito delle garanzie per il minore, andando così in direzione opposta a quella indicata dalla Corte costituzionale. Si incorrerebbe così in un ulteriore cortocircuito, che il legislatore nazionale non dovrebbe esimersi dal valutare.
Vitalba Azzollini per Valigia Blu
Nessun commento:
Posta un commento