di Stefano Lusa
La Slovenia sarà membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel biennio 2024-2025. A stabilirlo è stata l’Assemblea generale che le ha conferito l’incarico con 153 voti. La maggioranza necessaria era di due terzi, ossia di 128 voti. Lubiana rappresenterà i paesi dell’Europa dell’est e prenderà il posto attualmente occupato dall’Albania.
Sarà la seconda volta che la repubblica ex jugoslava andrà ad occupare una delle 15 poltrone del Consiglio di sicurezza, la prima volta era accaduto nel biennio 1998-1999. Ci aveva poi riprovato nel 2011, quando si era scontrata con l’Azerbaijan. Le cose non andarono benissimo. L’Assemblea generale fu impegnata in una lunga serie di votazioni ed alla fine Lubiana decise di ritirarsi. Fu una delusione enorme. Quella vicenda venne commentata sarcasticamente, dicendo che mentre la Slovenia cercava di convincere gli ambasciatori alle Nazioni Unite con le sue proposte e donando semplici cioccolatini, gli altri offrivano petrolio.
Lubiana questa volta partiva nettamente favorita, ma non era del tutto certa di farcela. A lottare per il prestigioso scranno c’era anche la Bielorussia. Gli alleati della Russia di Putin alla fine hanno racimolato solo 38 voti. L’intenzione della Bielorussia di correre per il Consiglio di sicurezza era stata annunciata già nel 2007. Sarebbe stata la prima volta per questo paese.
La Slovenia era scesa in campo, invece, solo alla fine del 2021. A pochi giorni dal voto nell’Assemblea generale, l’ex premier Janez Janša, aveva precisato che il suo governo aveva deciso di presentare la candidatura su invito degli Stati Uniti. Una sincerità disarmante nel peggior momento possibile, proprio mentre il governo e gli ambasciatori stavano concludendo una laboriosa campagna che li aveva portati a girare praticamente tutto il mondo, con l’obiettivo di spiegare che quella slovena era una proposta credibile ed autonoma. Proprio per questo si era tentato di tenersi il più lontano possibile dai propri alleati occidentali, mettendo in primo piano la questione dei cambiamenti climatici, la lotta per i diritti dell’uomo, per quelli delle donne e naturalmente il rispetto del diritto internazionale.
Far fallire la candidatura slovena, però, sarebbe stata un’ottima carta da giocare in politica interna. La prima ad essere messa sulla graticola sarebbe stata la ministra degli Esteri, Tanja Fajon. Difficilmente avrebbe potuto conservare il suo posto nel governo e probabilmente sarebbe anche potuta saltare la sua leadership tra i socialdemocratici, dove nelle ultime settimane una serie di avvoltoi avevano già cominciato a girare intorno alla sua testa. Probabilmente proprio per questo, quando al Palazzo di vetro hanno annunciato che la Slovenia ce l’aveva fatta, Tanja Fajon è scattata in piedi esultando come se la sua squadra avesse appena vinto una finale di Champions league.
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