Anno IX - Numero 11
La morte è il limite di ogni cosa.
Orazio

mercoledì 24 maggio 2017

Euro-crack: Italia in prima linea

Sfumato lo scenario di una conflagrazione “politica” dell’Unione Europea sull’onda di una vittoria elettorale di Marine Le Pen, tornano alla ribalta le forze centrifughe di natura economica: l’Italia si trova adesso in prima linea. 

di Federico Dezzani

Gli allarmanti dati su debito pubblico, disoccupazione, crescita e sofferenze bancarie, suggeriscono che la situazione, complice la prossima instabilità politica, possa precipitare anche prima del rialzo dei tassi da parte della BCE: è quasi certo che, come nel bollente autunno del 2011, Mario Draghi ed Angela Merkel, spalleggiati dal neo-presidente francese Emmanuel Macron, tenteranno di commissariare l’Italia, spingendola verso un “salvataggio” del FMI/ESM. Rimane da capire se la nostra classe dirigente, incalzata da una società sempre più insofferente, cederà al ricatto.

Un nuovo 2011 alle porte
Le presidenziali francesi rappresentavano la principale, e forse unica, occasione del 2017 per una conflagrazione “politica” dell’Unione Europea: se il Front National, sospinto dalla disoccupazione record e dalle montanti tensioni sociali, avesse conquistato l’Eliseo, l’intera architettura europea sarebbe crollata nel volgere di pochi mesi, travolta dall’esplosione del motore franco-tedesco. La strategia dell’oligarchia finanziaria per insediare l’ex-Rothschild Emmanuel Macron alla presidenza della Repubblica (frantumazione della sinistra, eliminazione di François Fillon attraverso il Penelopegate, strategia della tensione ed appello al “fronte repubblicano” contro la destra) si è però rilevata vincente ed il candidato dell’establishment ha trionfato con ampio margine. Dato per scontato che le prossime legislative tedesche non regaleranno nessuna sorpresa di rilievo (grazie alla provvidenziale chiusura della “via balcanica” nella primavera dello scorso anno ed al conseguente arresto dei flussi migratori verso la Germania), si può dire che il potenziale rivoluzionario del 2017 si è esaurito, perlomeno per quanto concerne l’aspetto elettorale.

Torna quindi alla ribalta la situazione economica-finanziaria dell’eurozona che, insieme all’emergenza migratoria, è la principale fonte da cui i movimenti populistici traggono la loro forza: a distanza di nove anni dall’avvio della Grande Recessione (2008) e di sette dall’inizio dell’eurocrisi (2010), non era azzardato ipotizzare che le forze anti-sistema avessero guadagnato un impeto sufficiente da rovesciare l’oligarchia euro-atlantica con una serie di elezioni decisive. Fallita l’impresa, il focus torna sull’insostenibilità di un regime a cambi fissi come l’euro, sui danni prodotti dalle politiche di svalutazioni interna per riequilibrare l’eurozona, sulla crescente disoccupazione nel Sud-Europa necessaria per abbattere i salari, sulla mole allarmante di debito pubblico che si accumula a causa dell’infinita recessione, sull’esplosione delle sofferenze bancarie generate da una caduta verticale del PIL. Il quesito da porsi oggi è: occorre aspettare ancora altri anni perché i movimenti populistici conquistino un Paese chiave dell’eurozona oppure le forze centrifughe di natura economica prenderanno il sopravvento prima?

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