di Mario Seminerio
Nel terzo trimestre, la crescita tedesca è stata pari a zero, portando la crescita tendenziale, corretta per i giorni lavorati, allo 0,3 per cento, la più debole del G7. Prosegue quindi la stagnazione della Germania, del cui rischio vi avevo ampiamente allertati quando i modelli econometrici insistevano a pronosticare corposi rimbalzi “il prossimo anno”.
Stagnazione tedesca
Il problema è che il modello di sviluppo del paese è rotto, preso nella tenaglia cinese e americana, che stritola la manifattura tedesca, che genera ancora circa un quinto del valore aggiunto lordo, e non verrà ricostruito in una notte di novilunio. Il numero dei disoccupati ha toccato i 3 milioni, massimo da 14 anni. La produzione industriale continua ad affondare, portando con sé quella dei paesi inseriti nelle filiere tedesche, come l’Italia. Gli imprenditori attendono con nervosismo che le promesse elettorali di Friedrich Merz, messe nero su bianco nel programma del governo con i socialdemocratici, vengano mantenute.
Sinora, l’esecutivo ha creato un fondo da 500 miliardi per riarmo e infrastrutture, ma ci sono crescenti evidenze che la spesa per investimenti sta defluendo verso i capitoli di quella corrente. Le priorità sono note: ridurre i costi dell’energia, cosa che nel breve termine può essere fatta solo con sussidi; “ridurre la burocrazia”, che è la frase che le comunità nazionali usano quando la crescita scompare; attrarre talenti dall’estero.
In settimana, la commissione indipendente tedesca che fissa il salario minimo ha disposto per il prossimo biennio un aumento di poco meno del 15 per cento per i 6,6 milioni di destinatari del provvedimento. Esiste il non trascurabile rischio che le imprese, che invocano a gran voce aiuti per ridurre il costo del lavoro (altro topos dei tempi di vacche magre), inizino a contestare la misura e a chiedere deroghe, magari dopo aver messo in chiaro che questi tassi di crescita del salario minimo, e questa sua copertura dei salari mediani, sono destinati a schiantarsi contro la massa salariale di chi guadagna più del minimo. Altro segno di bassa marea, non congiunturale.
Poiché sappiamo che quello che accade alla Germania non resta in Germania, soprattutto in negativo, occorre fermarsi e fare una riflessione su scala europea. Negli Stati Uniti è in corso il boom senza precedenti degli investimenti in intelligenza artificiale. Potrà finire in lacrime per investitori e risparmiatori, in caso di scoppio della bolla degli eccessi. Ma, come già accaduto per quella passata alla storia come bolla delle dotcom, ciò che vi è alla base, e cioè la tecnologia, resterà.
Il problema è che il modello di sviluppo del paese è rotto, preso nella tenaglia cinese e americana, che stritola la manifattura tedesca, che genera ancora circa un quinto del valore aggiunto lordo, e non verrà ricostruito in una notte di novilunio. Il numero dei disoccupati ha toccato i 3 milioni, massimo da 14 anni. La produzione industriale continua ad affondare, portando con sé quella dei paesi inseriti nelle filiere tedesche, come l’Italia. Gli imprenditori attendono con nervosismo che le promesse elettorali di Friedrich Merz, messe nero su bianco nel programma del governo con i socialdemocratici, vengano mantenute.
Sinora, l’esecutivo ha creato un fondo da 500 miliardi per riarmo e infrastrutture, ma ci sono crescenti evidenze che la spesa per investimenti sta defluendo verso i capitoli di quella corrente. Le priorità sono note: ridurre i costi dell’energia, cosa che nel breve termine può essere fatta solo con sussidi; “ridurre la burocrazia”, che è la frase che le comunità nazionali usano quando la crescita scompare; attrarre talenti dall’estero.
In settimana, la commissione indipendente tedesca che fissa il salario minimo ha disposto per il prossimo biennio un aumento di poco meno del 15 per cento per i 6,6 milioni di destinatari del provvedimento. Esiste il non trascurabile rischio che le imprese, che invocano a gran voce aiuti per ridurre il costo del lavoro (altro topos dei tempi di vacche magre), inizino a contestare la misura e a chiedere deroghe, magari dopo aver messo in chiaro che questi tassi di crescita del salario minimo, e questa sua copertura dei salari mediani, sono destinati a schiantarsi contro la massa salariale di chi guadagna più del minimo. Altro segno di bassa marea, non congiunturale.
Poiché sappiamo che quello che accade alla Germania non resta in Germania, soprattutto in negativo, occorre fermarsi e fare una riflessione su scala europea. Negli Stati Uniti è in corso il boom senza precedenti degli investimenti in intelligenza artificiale. Potrà finire in lacrime per investitori e risparmiatori, in caso di scoppio della bolla degli eccessi. Ma, come già accaduto per quella passata alla storia come bolla delle dotcom, ciò che vi è alla base, e cioè la tecnologia, resterà.
Quattro cavalieri dell’Euroapocalisse
E l’Europa appare dominata dalla supremazia tecnologica americana. Un ottimo commento di Martin Sandbu sul FT ci ricorda quali sono i Quattro Cavalieri della tech-pocalisse europea. I quattro cavalieri, descritti nel Libro di Giovanni, erano Conquista, Guerra, Carestia e Morte. Nell’efficace similitudine di Sandbu diventano Sorveglianza digitale, Sabotaggio, estrazione di Rendita e Soft Power, oggi nella versione che definirei maligna. Andiamo con ordine.
- Sorveglianza come conquista è la pervasiva raccolta di dati personali tramite dispositivi connessi, messa a disposizione delle aziende ma soprattutto degli attori statali dietro di esse, in questo tempo di capitalismo di stato. Con tutto ciò che ne consegue.
- Sabotaggio inteso come guerra: l’infiltrazione dall’esterno di tutto ciò che è connesso a internet, e il suo dirottamento. Anche in questo caso, può essere causato da attori maligni non statuali ma anche da stati. Attacchi a infrastrutture, reti elettriche, sistemi di trasporto e così via.
- Estrazione di rendita, come omologo della carestia. I servizi digitali, coi loro imponenti effetti di rete, tendono a creare monopoli. Dove esistono monopoli, a pagare sono i consumatori ma, su scala sovranazionale, anche imprese e governi. Come ricorda Sandbu, negli ultimi anni il tradizionale ampio surplus delle partite correnti della Ue verso gli Usa si è trasformato in un lieve deficit, dovuto alla componente servizi ma anche al conto del reddito, cioè al frutto dei forti afflussi di risparmio verso i mercati finanziari statunitensi. Il deficit dei servizi è soprattutto deficit di servizi digitali, una vera e propria tassa sull’Europa incassata dagli Stati Uniti e dalle loro Big Tech. Un grafico che dice tutto:

- Soft power (maligno) come morte, culturale e democratica. I servizi digitali come veicolo di influenza di preferenze politiche e di esiti elettorali. Quindi come manipolazione dell’agenda democratica. TikTok nelle elezioni presidenziali in Romania, Elon Musk che si mette in testa di causare il regime change in Germania e Regno Unito.
Dipendenza tecnologica è dipendenza geopolitica. Questa è la sentenza per il Vecchio continente, che è soprattutto continente vecchio.
Mario Seminerio per Phastidio.net
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