Si avvicinano in Argentina le elezioni parlamentari di metà mandato. Il governo Milei ha dalla sua la netta riduzione dell’inflazione. Ma scandali, tensioni sociali e incertezza economica mettono in dubbio il futuro del programma economico del presidente.
di Paolo Rizzo
L’Argentina vive una fase di svolta. L’amministrazione Milei è riuscita dove tutti i governi precedenti avevano fallito: controllare l’inflazione, il male endemico del paese.
La chiave di volta è stata il ritorno immediato al pareggio di bilancio. Javier Milei ha impostato la sua strategia sull’idea che l’Argentina, priva di accesso ai mercati dei capitali, non potesse permettersi un deficit di bilancio. Ogni disavanzo, infatti, avrebbe dovuto essere finanziato con emissione di moneta e avrebbe alimentato nuovamente l’inflazione. Per questo, il presidente ha bloccato qualsiasi iniziativa del Congresso che prevedesse un aumento in deficit della spesa pubblica, arrivando a imporre drastici tagli, dalla sanità alle università, fino alle pensioni.
Il risultato è stato duplice. Da un lato, l’austerità fiscale ha favorito un calo repentino dell’inflazione.
Una popolarità in discesa
Nel primo anno di mandato, il successo contro l’inflazione ha sostenuto la popolarità di Milei. Tuttavia, i tagli alla spesa – uniti alla caduta dei salari reali – hanno fatto via via emergere tensioni sociali che hanno progressivamente eroso il consenso verso il presidente. La rigidità del bilancio ha inevitabilmente creato “sconfitti”: studenti, pensionati, impiegati pubblici, operatori sanitari.
Il governo ha poi dovuto sopportare una ulteriore perdita di consensi prima per uno scandalo legato a una criptomoneta che ha perso valore poche ore dopo essere stata promossa dallo stesso Milei. Si è aggiunto anche un caso di presunta corruzione che ha coinvolto Karina Milei, sorella del presidente e figura centrale del governo. L’immagine di leader “anticasta” che aveva portato Milei al potere ha iniziato a sfaldarsi, contribuendo a un deciso calo di popolarità.
L’opposizione ha così trovato terreno fertile e ha ottenuto una netta vittoria nelle elezioni provinciali di Buenos Aires a inizio settembre – con un margine di 13 punti percentuali. Il risultato elettorale è un importante campanello d’allarme in quanto nella provincia della capitale vive circa il 40 per cento della popolazione argentina.
La sconfitta ha aperto scenari inediti in vista delle elezioni nazionali di metà mandato del 26 ottobre, decisive per un presidente che governa senza maggioranza parlamentare e con un implicito appoggio esterno dei partiti di centro e centrodestra.
Risale il rischio paese
Sotto il profilo economico, gli ultimi tempi sono state caratterizzati da un’estrema volatilità. Lo spread sovrano, da sempre considerato una buona approssimazione del rischio paese, dopo essere sceso sensibilmente nel primo anno di presidenza Milei, è tornato a salire oltre i 1.400 punti base, per il timore di un ritorno al passato. Il dato è poi sceso di nuovo a 1.000 punti base dopo che il segretario al Tesoro americano – Scott Bessent – ha affermato che gli Stati Uniti sono pronti a valutare tutte le opzioni disponibili per garantire la stabilità finanziaria argentina.
Continua la lettura su Lavoce.info
Nessun commento:
Posta un commento