di Giovanni Caprio
La perdita dei servizi ecosistemici legata al consumo di suolo non è solo un problema ambientale, ma anche economico: nel 2023 la riduzione dell’”effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa caro al Paese, un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima.
È quanto certifica l’ultimo rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – Snpa “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, che in questa edizione pubblica le stime per tutte le regioni, le province e i comuni italiani relative al 2023. Ad accompagnare il report, l’EcoAtlante il quale, oltre a rappresentare un vero e proprio viaggio nell’ambiente italiano, consente di consultare e scaricare le mappe dettagliate del consumo di suolo e di personalizzarle in base alle proprie esigenze.
Complessivamente il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, anche se con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, ricoprendo nuovi 72,5 km2 (una superficie estesa come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze). Una crescita inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che risulta sempre al di sopra della media decennale di 68,7 km2 (2012-2022) e solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (poco più di 8 km2, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere). Cambia la classifica dei comuni “Risparmia suolo”, quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (MI) e Massa Fermana (FM).
Nel 2023 risultano cementificati più di 21.500 km2, dei quali l’88% su suolo utile. In aumento la cancellazione del suolo ormai irreversibile con nuove impermeabilizzazioni permanenti pari a 26 km2 in più rispetto all’anno precedente. Il 70% del nuovo consumo di suolo avviene nei comuni classificati come urbani secondo il recente regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law). Nelle aree, dove il nuovo regolamento europeo prevede di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024, si trovano nuovi cantieri (+663 ettari), edifici (+146 ettari) e piazzali asfaltati (+97ettari). In calo costante quindi la disponibilità di aree verdi: meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi. Proseguono le trasformazioni nelle aree a pericolosità idraulica media, dove la superficie artificiale avanza di oltre 1.100 ettari, mentre si sfiorano i 530 ettari nelle zone a pericolosità da frana, dei quali quasi 38 si trovano in aree a pericolosità molto elevata.
La Valle d’Aosta e la Liguria sono le uniche regioni sotto i 50 ettari: la Valle d’Aosta, con +17 ettari, è la regione che consuma meno suolo, seguita dalla Liguria (+28) che si contiene al di sotto di 50 ettari. Gli incrementi maggiori per l’ultimo anno si sono verificati in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521). Escludendo le aree ripristinate (operazione da cui si ricava il consumo di suolo netto) segnano gli aumenti maggiori Emilia-Romagna (+735 ettari), Lombardia (+728), Campania (+616), Veneto (+609), Piemonte (+533) e Sicilia (+483). La capitale perde meno suolo: a livello comunale per la prima volta Roma (+71 ettari) registra una significativa riduzione dell’incremento rispetto ai dodici mesi precedenti (+124 ettari), ma si conferma tra i comuni con il consumo di suolo più alto (tenuto conto che si tratta del comune con la maggiore superficie in Italia), insieme a Uta (+106 ettari), comune della città metropolitana di Cagliari e Ravenna (secondo comune per superficie totale in Italia, +89 ettari).
Nel 2023 la logistica ricopre altri 504 ettari in un solo anno, una crescita attribuibile principalmente all’espansione dell’indotto produttivo e industriale (63%), mentre la grande distribuzione e le strutture legate all’e-commerce contribuiscono rispettivamente per il 20% e il 17%. Il fenomeno si concentra prevalentemente nelle regioni del Nord Italia, con un massimo di superfici consumate in Emilia-Romagna (101 ettari), Piemonte (91 ettari) e Veneto (80 ettari). Altri impatti economici della perdita di servizi ecosistemici: se si considera la perdita del suolo avvenuta non solo nell’ultimo anno, ma nel periodo tra il 2006 e il 2023, l’impatto economico viene stimato tra 7 miliardi e 9 miliardi di euro annui. Il valore perso di stock (ossia la perdita assoluta di capitale naturale) dello stesso periodo varia tra 19 e 25 miliardi di euro.
Giovanni Caprio per Pressenza
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