Anno IX - Numero 10
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Eleanor Roosevelt

martedì 27 agosto 2019

Scenario da incubo per il petrolio: Pechino potrebbe spingere prezzi a 30$

Secondo i dati elaborati da S&P Global Platts, nel mese di giugno, l’Iran ha messo sul mercato circa 550 mila barili giornalieri di petrolio, contro gli 875 mila di maggio ed i circa 2,5 milioni del giugno 2018. La Cina potrebbe far crollare i prezzi del greggio: a dirlo sono gli analisti di BofA e gli analisti di S&P che stimano che circa la metà dell’export stia finendo nel Celeste Impero

di Luca Fiore

La decisione cinese di far ripartire gli acquisti di petrolio iraniano potrebbe portare a un crollo dei prezzi del greggio. È quanto si legge in un report elaborato da BofA Merrill Lynch Global Research.
BofA, che per l’anno prossimo stima prezzi sostanzialmente in linea con i livelli attuali a 60 dollari il barile, ritiene che “la decisione cinese di riavviare gli acquisti di petrolio iraniano potrebbe innescare un forte calo dei prezzi”.

Petrolio: possibile crollo di 20-30 dollari
In rosso dello 0,8% a 61,38 dollari il barile dopo il nuovo incremento della tensione sul fronte commerciale, il petrolio potrebbe perdere 20-30 dollari il barile nel caso in cui Pechino decidesse di “bilanciare” le misure statunitensi riprendendo in grande stile gli acquisti di petrolio da Teheran.

Negli ultimi tre mesi, secondo quanto riportato dal New York Times, sono numerosi i carichi di petrolio partiti dall’Iran in direzione dei porti cinesi(le rilevazioni della testata sono iniziate il 2 maggio).

“Le sanzioni statunitensi non hanno fermato le consegne di petrolio iraniano nel Mediterraneo ed in Asia”, ha detto Noam Raydan, analista di ClipperData, società che si occupa di monitorare i flussi di prodotti energetici.

Petrolio: in arrivo crollo dei prezzi?
“Se da un lato confermiamo la view a 60 dollari il barile per il 2020, dall’altro riteniamo che la decisione cinese di riprendere gli acquisti di petrolio iraniano possa innescare un crollo dei prezzi”. Quella dello shopping da Teheran potrebbe far parte delle misure di ritorsione annunciate dal Ministero del Commercio cinese dopo che Trump ha minacciato tariffe di 10 punti percentuali su 300 miliardi di “made in China”.

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