Anno IX - Numero 12
La guerra non è mai un atto isolato.
Carl von Clausewitz

martedì 27 agosto 2019

In Africa la più grande discarica del mondo

Il nostro ciclo produttivo va avanti grazie a una serie di escamotage legislativi che rendono più o meno “legale” lo smaltimento di scarti e rifiuti. Se dovessimo smaltire da soli i nostri rifiuti e tutto quel che produciamo, ormai saremmo soffocati dai nostri stessi rifiuti. Occidente ed Europa vanno avanti con leggi sulla gestione dei rifiuti che, di fatto, sono escamotage affinché siano altri a dover pagare il prezzo del nostro stile di vita e della nostra condotta senza nessun criterio

di Luca Cellini

Se state leggendo questo articolo un giorno il computer o il telefonino che state utilizzando potrebbero andare a finire in questa enorme discarica di rifiuti elettronici, la più grande del mondo.
Siamo ad Agbogbloshie, ai sobborghi di Accra, capitale del Ghana.
Qui, decine di migliaia di persone sopravvivono guadagnandosi la giornata bruciando ogni tipo di spazzatura elettronica.
Ragazzi, persino bambini si aggirano tra fumi tossici, immondizia e baracche improvvisate ad Agbogbloshie.
Fra quell’enorme distesa di rifiuti di provenienza occidentale, ci si imbatte in cellulari, condizionatori, trattori, lettori mp3, macchine rottamate, monitor, schermi, ogni genere di oggetto dal quale le persone che lavorano nella discarica possano estrarre ferro, rame, alluminio e altri metalli di valore.
Queste persone rappresentano l’ultimo anello della catena del libero mercato e del nostro sistema di produzione industriale.

Il primo anello della catena
L’Africa rappresenta al tempo stesso uno dei più grandi giacimenti di risorse naturali del mondo, Nigeria, Angola, Algeria e Libia producono una buona parte di tutto il petrolio greggio del mondo. Il Congo, la Sierra Leone hanno le maggiori risorse a di tutto il mondo d’oro e diamanti, cromo, coltano, bauxite, manganese, il mercato delle terre rare fondamentali per l’elettronica, in Namibia c’è l’uranio. In tanti paesi africani si esporta buona parte di tutto il legname che noi utilizziamo, stesso discorso per il cacao, il caffè, e molti altri prodotti dell’agricoltura, ma 18 dei 20 paesi più poveri in tutto il mondo sono africani. Un continente con’area tre volte quella dell’Europa ma con il PIL che è la meta’ di quello della Spagna.

In Africa ci sono tutte le potenze mondiali, siano esse con i rappresentanti ufficiali dei loro governi o con le loro multinazionali, spesso anche con le loro armi e i loro eserciti, ufficiali o per procura, poco cambia perchè è attraverso il controllo militare e delle armi, oppure tramite la corruzione, il finanziamento e l’appoggio a dittatori sanguinari, oppure ancora attraverso bande paramilitari di mercenari che si diffondono la puara e le forme di controllo nei paesi africani, arrivando anche a imporre a molti paesi, il cambio con monete che debbono passare per forza dalle nostre banche in Europa, vedi franco CFA. Di fatto da tanto tempo, prima con il colonialismo, adesso con il controllo coatto dell’economia e delle risorse, s’impedisce lo sviluppo di questo enorme continente.

I Paesi industrializzati occidentali per oltre 300 anni, in Africa hanno praticato il colonialismo. Adesso da decenni nel periodo postcoloniale, per avere a basso costo le enormi risorse del contiente nero, hanno alimentato ristrette oligarchie compiacenti, realizzato spesso opere inutili, a volte con lo scopo più o meno recondito di mantenere la partnership e forme di controllo. I vari dittatori corrotti, molto spesso sono stati tenuti in piedi dalle ingenti risorse ricevute dalla cooperazione internazionale e dalle grandi compagnie commerciali, come in Congo per l’estrazione dei diamanti e delle terre rare. Anche le guerre tra le etnie spesso sono innescate dall’esterno, la storia ce lo insegna.

Nella grande “torta Africana”, in questo preciso periodo storico sono presenti tutti, europei, statunitensi, cinesi, russi, e ognuno ambisce ad esercitare il predominio su una fetta più o meno grande delle sue immense risorse, non solo, ne sfruttano anche la manodopera a bassissimo costo.

Le ricette politiche ed economiche liberiste portate avanti all’interno dei paesi africani, a partire dagli anni ’80 hanno promosso una concentrazione delle risorse nelle mani di una ristretta oligarchia politico-economica, indebolendo così il sostegno popolare alle istituzioni democratiche e creando le basi per continue guerre civili.

L’Africa per l’Occidente è anche il primo anello della catena del suo sviluppo industriale, rappresenta un’enorme miniera di risorse a cielo aperto, fa comodo rimanga indietro. Come spiega l’attivista e poeta Soumalia Diawara, la soluzione per l’Africa e tutti gli africani, non è “Aiutiamoli a casa loro, bensì: Lasciate casa nostra”, espressione parafrasata poi dal calciatore Mario Balotelli che di recente ha giustamente dichiarato “lasciate l’Africa agli africani”.


Presenza potenze occidentali europee in Africa durante il colonialismo

L’Africa perciò è sia il ventre molle da cui si estraggono materie prime e risorse energetiche per la produzione industriale, ma come detto all’inizio, è anche il secchio di raccolta finale per gran parte dei nostri rifiuti al termine della catena del ciclo di produzione industriale.
L’80% dei nostri rifiuti provenienti da una dubbia raccolta differenziata elettronica, arrivano in Africa, nel Ghana e in Nigeria che sono ad oggi i principali paesi importatori di Raee a livello mondiale.
Il Ghana da solo importa oltre 40mila tonnellate di “e-waste” all’anno e Agbogbloshie negli ultimi venti anni è diventato il più grande sito di riciclo informale del mondo, la discarica a cielo aperto dei prodotti elettrici di fabbricazione occidentale.
Questo ammasso di spazzatura di potenziale valore attrae migranti dal Nord del Ghana e da paesi vicini che poi finiscono per vivere, dormire, coltivare e allevare bestiame attorno all’inesauribile fonte di attività. Come racconta Mamadou Malick, un amico ghanese in Italia da diversi anni, “Li puoi vedere tutti i giorni, vagare per ore e ore su quella maleodorante poltiglia nera che infetta la terra, in condizioni igienico sanitarie terribili, respirano quei fumi, toccano a mani nude quei rifiuti che spesso sversano liquidi tossici, se arrivano a 40 anni senza morire prima è un vero miracolo”
“Scrap dealers” sono chiamate così le migliaia di persone che lavorano nella discarica, che preferiscono non chiamarla in questo modo. Per loro Agbogbloshie è un posto di lavoro dove poter guadagnare 2 forse 3 dollari al giorno.
Negli stessi anni in cui lo slum di Agbogbloshie cominciava ad affollarsi, la comunità internazionale metteva a punto la Convenzione di Basilea per regolamentare il trasporto di rifiuti pericolosi tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo. La Convenzione arrivò nel 1989, (l’anno successivo della scoperta della discarica di rifiuti tossici provenienti dall’Italia a Koko, in Nigeria 1988), e venne ratificata da 185 Paesi con l’eccezione dagli Stati Uniti.

Continua la lettura su Pressenza

Nessun commento:

Posta un commento