Anno IX - Numero 11
La morte è il limite di ogni cosa.
Orazio

martedì 8 gennaio 2019

Spread, il costo degli interessi

La fine dell’anno è spesso tempo di bilanci. Si tirano le fila di quello che è avvenuto nell’anno e si valuta il modo con il quale gli anni futuri evolveranno. Con l’arrivo del nuovo anno, attenuandosi il rischio di convertibilità e lo spread, la speranza è che lo Stato possa ritornare verso condizioni di finanziamento più favorevoli che liberino risorse per altri, più utili, impieghi

di Francesco Lenzi 

Tra gli avvenimenti finanziari salienti del 2018 non può non esserci ai primi posti il ritorno alle cronache dello spread, della differenza di rendimento tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi. Se n’è parlato diffusamente in questi mesi e sono state fornite stime più o meno approfondite di come abbia potuto incidere. Pochi giorni fa, utilizzando i dati recentemente diffusi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ho stimato approssimativamente in 1,5 miliardi la maggiore spesa per interessi che lo Stato dovrà sostenere in un anno, a causa del rialzo dei tassi d’interesse.


La stima prendeva in considerazione il rendimento medio del debito emesso nel 2018 (la media ponderata dei tassi d’interesse delle varie tipologie di titoli di Stato sottoscritti nel 2018) e lo comparava con l’analogo tasso calcolato per l’anno 2017. In pratica, se nel 2018 lo Stato avesse emesso titoli obbligazionari allo stesso tasso medio del 2017, avrebbe risparmiato in un anno 1,5 miliardi di euro, circa lo 0,1% del Pil.

Ma questa stima può esser corretta e migliorata tenendo conto di due principali suggerimenti che mi sono stati dati per appurare l’effetto complessivo del rialzo dello spread. Un primo suggerimento si riferisce alla necessità di considerare che il rialzo dei tassi d’interesse non ha interessato tutto il 2018. Complice la gestione un po’ movimentata del processo di formazione del Governo e la “credibilità” no-euro più volte riaffermata dalla Lega, il rischio di convertibilità si è ripresentato solo dal mese di maggio in poi, amplificandosi dopo che lo scontro con la commissione europea sembrava rientrare nella strategia del cosiddetto piano B. Un secondo suggerimento riguarda l’orizzonte temporale da prendere in considerazione, visto che gli effetti di maggiore spesa per interessi non si esauriscono in un anno, ma riguarderanno anche gli anni a venire.

Tenendo conto di questi suggerimenti possiamo utilizzare i dati del MEF per l’anno 2018 per calcolare l’extra-rendimento (rispetto a quello mediamente pagato fino ad aprile) riconosciuto al mercato dal nostro Stato solo da maggio in poi, e poi estendere il calcolo dei maggiori interessi che dovranno esser pagati fino alla scadenza di ogni singola emissione.

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