di Piero Purich
Per anni il conflitto è stato sottratto ad analisi obiettive ed è stato letto solo attraverso la lente deformante dell’eroismo, dell’onore, della patria, della propaganda bellica. In Italia la letteratura ne ha affrontato i tabù, spesso con fastidiose conseguenze per gli autori: Emilio Lussu fu accusato di disfattismo e antipatriottismo per Un anno sull’Altipiano, mentre La rivolta dei santi maledetti di Curzio Malaparte incappò nella censura e fu sequestrato. Negli anni settanta sono stati pubblicati saggi critici e analisi storiche rigorose e obiettive, come quelli di Mario Isnenghi, Giorgio Rochat, Enzo Forcella, Alberto Monticone e Piero Melograni.
Tuttavia, con la ricorrenza del centenario della fine della grande guerra e le celebrazioni previste per il 4 novembre, il velo di retorica che con tanta fatica era stato sollevato è tornato ad avvolgere quegli anni. Ci sono state iniziative storicamente accurate, ma la propaganda nazionalista e militare nel tempo si è riappropriata dell’evento. Mentre fiction tv semplicistiche come Il confine e Fango e gloria – andate in onda su Rai1 – hanno favorito il ritorno di una visione patriottica della storia.
Da questa visione sono stati cancellati episodi sgraditi alla retorica ufficiale come le renitenze, il pacifismo, le fraternizzazioni tra nemici, le diserzioni, gli ammutinamenti, le rivolte. Pagine che però sono fondamentali per capire meglio quell’immensa carneficina che fu la prima guerra mondiale, a cent’anni dalla sua fine.
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