Anno IX - Numero 12
La guerra non è mai un atto isolato.
Carl von Clausewitz

martedì 19 settembre 2017

Le migrazioni dall’Africa si fermano creando opportunità

Non basta concedere fondi ad alcuni stati africani per fermare l’immigrazione irregolare. È una politica che potrebbe persino rafforzare i trafficanti di uomini se non è accompagnata dalla creazione di opportunità economiche alternative per i migranti

di Mariapia Mendola

Il recente vertice di Parigi fra i principali paesi europei e tre stati africani (Libia, Ciad e Niger) ha sancito il nuovo approccio alle migrazioni internazionali che prevede una stretta “cooperazione con i paesi di origine”. Questa si basa essenzialmente sul contrasto dell’immigrazione irregolare, in primo luogo attraverso le misure messe in atto dal governo italiano (gli accordi con la Guardia costiera libica e il codice di condotta per le Ong) per controllare i flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Comprende inoltre il sostegno a Ciad e Niger – paesi di transito – per il rafforzamento dei controlli delle loro frontiere verso Nord.

Concretamente, gli accordi si basano sull’uso dei fondi del Trust Fund dell’UE per l’Africa, il fondo fiduciario di poco più di 3 miliardi di euro stanziato nel 2015 per sostenere lo sviluppo economico in Africa e affrontare le cause profonde dell’emigrazione.

Non c’è chiarezza sull’allocazione dei fondi ai governi africani, ma sembra che le uniche condizioni imposte siano legate al contrasto dell’immigrazione illegale e alla lotta ai trafficanti di uomini. Leggi e sistemi di controllo che mirano a bloccare in modo diretto un’attività criminale o un mercato illecito in economie arretrate, però, possono avere effetti collaterali indesiderati o essere controproducenti.

Il paradosso del lavoro minorile
Un esempio emblematico dei paradossi delle politiche di sviluppo è dato dai tentativi di ridurre il lavoro minorile nei paesi poveri. Qualche anno fa c’è stato un acceso dibattito sull’opportunità o meno di applicare leggi internazionali e nazionali che lo vietassero. Nessuno può dirsi favorevole al lavoro dei minori, ma diversi studi hanno mostrato che l’inasprimento delle leggi contro il fenomeno può avere effetti negativi sulla popolazione povera o addirittura aumentarne la dimensione. Il problema sta nelle alternative che i bambini hanno in quei contesti, che possono essere anche peggiori del lavoro. In più leggi come queste, tra l’altro difficilmente applicabili, possono avere conseguenze molto negative sul mercato del lavoro nei paesi poveri: il pericolo di incappare in sanzioni legali per lavoro minorile, infatti, induce gli imprenditori ad assumere comunque i bambini, pagandoli però ancora meno.

Esempi di fallimento di politiche di sviluppo che hanno effetti opposti a quelli che si prefiggono sono molteplici in contesti poveri. Nel caso dei flussi migratori, e in particolare del mercato dei migranti che ne è scaturito, nessuno può dirsi favorevole al fenomeno dei barconi e alla strage di vite umane che si consuma nel Mediterraneo. Politiche mirate a bloccare in modo diretto questo mercato, però, potrebbero rafforzare, invece di indebolire, i trafficanti di uomini se non sono accompagnate dalla creazione di opportunità economiche alternative per i migranti. In assenza di tali politiche, si corre il rischio non solo di lasciare migliaia di persone in balia di organizzazioni che non si rispettano i diritti umani, ma, da un punto di vista economico, di lasciare che masse di lavoratori giovani e produttivi vengano assorbiti dalla categoria degli inattivi o impiegati da settori informali, illeciti o criminali (con ripercussioni negative sul loro salario, sullo sviluppo e sulla pressione migratoria).

L’Africa ha vissuto un significativo aumento dei livelli di istruzione negli ultimi anni – favorito anche da elevati investimenti internazionali e multilaterali sotto forma di aiuti allo sviluppo – non accompagnato però da un cambiamento strutturale e da un aumento della produttività. Milioni di giovani africani sono, quindi, relativamente istruiti, ma senza (la prospettiva di) un’occupazione decente (figura 1 – fonte: African Economic Outlook 2017).

È necessario che la “cooperazione con i paesi di origine” comprenda fin da subito sia opportunità di emigrazione regolare sia alternative produttive in Africa. È diffusa una visione “romantica” dello sviluppo economico che lo confonde sistematicamente con gli aiuti umanitari oppure adotta una concezione paternalistica.

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