di Ambrose Evans-Pritchard
Un rapporto della banca italiana Mediobanca è piombato con una forza esplosiva sulle scrivanie a Roma, Milano e Torino. Il rapporto delinea dettagliatamente il motivo per il quale alla fine l’Italia non ha più possibilità, dopo diciotto anni di depressione economica e di cattiva gestione dell’eurozona. La terribile prospettiva di uno scoppio totale della crisi del debito in un paese “too big to save” (“troppo grande per essere salvato”) – e, al punto a cui siamo arrivati, anche troppo arrabbiato per subire prevaricazioni – deve essere affrontata apertamente.
“La nostra conclusione è che una ristrutturazione volontaria del debito, uno scenario di Italexit, o una loro combinazione, sarà inevitabilmente presa in considerazione dagli investitori” dice il report. Il report dice poi che il momento ottimale per uscire dall’euro è già passato, almeno in termini strettamente finanziari, e che col passare degli anni farlo diventerà sempre più costoso. Nel corso dei prossimi quattro anni diventerà proibitivo.
Il messaggio che alcuni ne hanno tratto è che l’Italia dovrebbe agire immediatamente – o al più presto – se intende liberarsi dell’unione monetaria. “Fare presto” è il verdetto, piuttosto eloquente, del leader del Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo.
Ad oggi l’Italia può ancora ridenominare in lire la metà dei 1.900 miliardi di euro di debito pubblico, secondo le disposizioni legali della Lex Monetae a condizioni neutre, ma il punto è che questo dato potrebbe cambiare nel momento in cui il nuovo debito contratto con le clausole di azione collettiva (Cac) andrà a sostituire i vecchi bond.
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