Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 24 gennaio 2017

India: laboratorio mondiale per la demonetizzazione forzata

In India centinaia di milioni di persone impoverite drasticamente con un brutale esperimento monetario. La prova generale di una nuova spoliazione

di Piero Pagliani

In un reportage dall'India di due mesi fa, descrivevo alcuni elementi essenziali della grande manovra di demonetizzazione che sta avvenendo in quel Paese asiatico. Ora, io pensavo che un esperimento del genere compiuto nel corpo vivo di una nazione di 1.276 milioni di abitanti, con oltre 3 milioni di chilometri quadrati, con la con la bomba atomica e situata in una posizione strategica (sia geopoliticamente che economicamente e finanziariamente), avrebbe richiamato l'interesse di qualche guru dell'economia, specialmente di sinistra. Invece, niente. La pubblicistica cartacea e online di sinistra nemmeno si è accorta di quello che stava avvenendo. Solo brevissimi post su qualche blog o al più una pura descrizione di quanto avveniva senza nessun reale tentativo di analisi, spesso limitandosi alle motivazioni addotte dal governo (lotta alla corruzione e al sommerso - e, ovviamente, anche al terrorismo: boh!).

Interessante invece che il magnate statunitense Steve Forbes abbia definito la demonetizzazione indiana «nauseante e immorale, una rapina di massa», paragonandola alla politica di sterilizzazione forzata voluta da Indira Gandhi.

L'unica analisi di sostanza è venuta da Maurizio Blondet ed è, giustamente, stata ripresa da Megachip. Maurizio Blondet è dichiaratamente un cattolico tradizionalista di destra. Io sono su posizioni politiche, ideologiche - e religiose - diametralmente opposte. E tuttavia devo riconoscere che non è la prima volta che lui e altri osservatori di destra su specifici argomenti bagnano clamorosamente il naso a quelli di sinistra. Questo è un invito, a sinistra, a riflettere. Perché è storico che se in una crisi sistemica la sinistra si incanta come un disco sulle litanie di sempre, adotta il senso comune delle élite all'attacco, si lascia ipnotizzare dai pifferai magici e disarma, la destra riempie il vuoto.

Detto questo, non senza rammarico e preoccupazione, e dopo aver invitato a leggere l'articolo appena menzionato, cercherò di far capire l'importanza di ciò che sta avvenendo in India.

Innanzitutto ricordo di cosa si tratta. Con una mossa a sorpresa, l'8 novembre dell'anno appena trascorso il governo nazionalista indù retto da Narendra Modi (e dietro di lui vedremo chi manovra e come) ha dichiarato fuori corso tutte le banconote da 500 e 1.000 rupie (ovvero 7 e, rispettivamente, 14 euro). Questo è equivalso a mettere fuori corso circa l'80% del denaro circolante.

Gli Indiani avevano due settimane di tempo per cambiare le loro banconote ormai "illegali" con quelle da 500 e 2.000 rupie, facendo esasperanti code agli sportelli bancari dove sono morte decine di persone per infarto o collasso, o prelevare ai bancomat. E anche in questo caso solo fino a uno striminzito tetto massimo di 2.000 rupie poi elevato a 4.000. Io stesso all'aeroporto di Calcutta potei cambiare i miei euro solo fino a un massimo di 9.000 rupie (circa 125 euro), trovandomi così in grossi pasticci.

Leggendo i commenti e le analisi dei media indiani e vedendo di persona gli effetti di questa violenta demonetizzazione sui milioni di piccoli operatori economici che costituiscono il fitto tessuto economico indiano, vedendo gli effetti sulla classe lavoratrice del settore informale ma anche di quello formale, e persino sugli strati più bassi della classe media, scrissi una cosa che avrebbe dovuto allarmare chi si reputa di sinistra e, come si suol dire, dovrebbe "stare dalla parte degli umiliati e offesi". Dicevo che era «un enorme regalo alle banche che ha aspetti di sadismo sociale in una nazione di milioni di piccoli operatori economici».

Si sta parlando di centinaia e centinaia di milioni di persone danneggiate e a volte minacciate fin nella loro esistenza fisica e in quella dei loro familiari. Almeno 800 milioni di persone totalmente fuori dal radar delle prefiche di sinistra italiane, perché qui da noi si è molto sofistici, evidentemente, e ci si preoccupa di più se il cattivone Trump decide di tagliare le tasse o fa lo screanzato con le donne.

Queste centinaia di milioni di persone gettate nella difficoltà e a volte nella disperazione, oltretutto, sono solo un'avanguardia, una prima tranche. Infatti, la mossa di Narendra Modi è un esperimento in grandissimo stile di un piano ben più generale portato avanti da potenti interessi radicati negli Stati Uniti e con vaste diramazioni internazionali. Essa è parte della politica di partnership strategica tra USA e India, fortemente voluta dal presidente uscente Barack Obama. Più precisamente costituisce uno dei protocolli di cooperazione firmati tra il ministero indiano delle Finanze e l'agenzia governativa statunitense USAID. La manovra fa capo alle linee di azione della Better Than Cash Alliance, di cui fanno parte Mastercard, Visa, la Fondazione Ford e la Fondazione Gates, che agiscono anche individualmente, ad esempio proprio nell'iniziativa che ha colpito l'India. Non a caso Bill Gates era in visita in quel Paese proprio in quei giorni e rilasciava dichiarazioni di sostegno alla demonetizzazione: «La moneta di plastica è il futuro in India».

Ma uno dei padrini nascosti di questa manovra è Raghuram Rajan che era governatore della Reserve Bank indiana fino al due mesi prima dell'annuncio a sorpresa che ha scioccato gli Indiani.

Questo signore ha un passato come Economista Capo all'FMI, è professore di Economia all'Università di Chicago (culla accademica del neoliberismo) ed è membro del Gruppo dei Trenta dove, spiega Norbert Haering, «rappresentanti di alto livello delle maggiori istituzioni commerciali finanziarie a livello mondiale condividono opinioni e piani coi presidenti delle più importanti banche centrali, a porte chiuse e senza nessun verbale».

Raghuram Rajan è considerato un possibile successore di Christine Lagarde alla guida dell'FMI. Si sta conquistando il merito sul campo.

Se consideriamo il tessuto produttivo e commerciale indiano, il fatto che il 97% delle transazioni sono eseguite in contante e che solo il 55% degli indiani ha un conto in banca (e ci sono aree dove le banche sono lontanissime fisicamente) e che quei conti sono pochissimo movimentati, si capisce la misura del disastro indotto-voluto da questa manovra. Un disastro mistificato da slogan come "inclusione finanziaria" e "inclusione digitale". Insomma, il solito "nuovo che avanza", il progresso, come ai tempi di Enrico VIII ed Elisabetta I lo erano le enclosure che gettavano nella miseria e nella disperazione i contadini inglesi che potevano solo andare a mendicare nelle città per farsi impiccare a schiere per via delle draconiane leggi contro l'accattonaggio e il vagabondaggio.

È proprio vero che la cosiddetta "accumulazione originaria" del capitale si ripete ciclicamente, come al solito «grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro» (Karl Marx).

Il perspicace Hindustan Times titolava: «Modi è come la regina Antonietta che diceva: Se non avete il pane mangiate le brioches».

Per concludere, quali sono i vantaggi che le élite mondializzate intendono trarre dalla demonetizzazione forzata che per ora vediamo in opera in India? Almeno tre:

1) Ogni cittadino, almeno nelle intenzioni, sarà costretto a imprestare il grosso del denaro che possiede e che guadagna alle banche. Semplicemente perché per poter usare la "moneta di plastica" deve avere un conto in banca, e ogni volta che versa sul conto in banca fa un prestito alla banca stessa. Un drenaggio di ricchezza verso i soliti noti che già posseggono la quasi totalità del pianeta Terra.

2) La tracciabilità. Ovvero il controllo capillare. Praticamente su tutto. Un potere immenso di sorveglianza.

3) Il controllo tecnico-politico delle transazioni e quindi delle grandi istituzioni finanziarie e di conseguenza un controllo politico dei governi che fanno loro riferimento.

Povera Maria Antonietta, in fondo per meno le tagliarono la testa.