di Thomas Mayer
Questo squilibrio spinse il presidente francese François Mitterrand a negoziare duramente con il cancelliere Helmut Kohl. Come prezzo per il consenso alla riunificazione tedesca dopo la caduta del Muro di Berlino, la Francia ottenne l’introduzione dell’euro, un’arma politica e simbolica per spezzare il dominio del Marco tedesco. Tuttavia, il cammino verso l’unione monetaria fu tutt’altro che lineare.
Gli ostacoli iniziali
Nel 1992, crisi valutarie e attacchi speculativi destabilizzarono il Sistema Monetario Europeo: la Lira italiana fu svalutata e la sterlina britannica fu costretta a uscirne. Il Franco francese riuscì a resistere solo grazie a una linea di credito concessa dalla Bundesbank alla Banca di Francia. Nonostante le difficoltà, l’euro fu finalmente introdotto nel 1999 e godette di un’infanzia stabile, ma la sua adolescenza fu segnata dalla crisi dell’euro tra il 2010 e il 2012.
In quel periodo, fu l’intervento decisivo di Mario Draghi, allora presidente della Bce, a salvare la moneta unica con la storica promessa di fare “tutto il necessario” per preservarla. La crisi rivelò anche l’importanza dell’appartenenza dell’Italia all’unione monetaria, un obiettivo che la Francia aveva strenuamente perseguito contro la volontà della Bundesbank.
Il dominio Francese sulla Politica Monetaria Europea
Con il passare degli anni, la Francia consolidò il suo controllo sulla politica monetaria europea. Il Patto di Stabilità, voluto dalla Germania per contenere i deficit di bilancio, fu aggirato dalla Francia senza gravi conseguenze. Come disse l’allora presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, “Perché è la Francia”. Questo atteggiamento segnò l’affermazione del dominio fiscale francese sull’unione monetaria.
Ma questo trionfo si è rivelato una vittoria di Pirro. Con il tempo, le condizioni economiche e politiche europee sono mutate radicalmente, e l’eccessivo statalismo della burocrazia Ue è diventato un boomerang per la crescita economica. La Francia si è ritrovata a fronteggiare difficoltà interne, mentre la sua forza militare e politica perdeva rilevanza sulla scena mondiale.
Le conseguenze economiche: un equilibrio fragile
L’euro, un tempo simbolo di stabilità e progresso, si è trasformato in una moneta che riflette le debolezze strutturali di Francia e Italia. La Bce, con politiche sempre più accomodanti, si è fatta carico di sostenere i debiti statali, rendendo la Francia meno preoccupata del proprio debito pubblico.
Il vero problema risiede nella Germania. Le politiche verdi e socialdemocratiche sotto i governi di Angela Merkel e Olaf Scholz hanno compromesso la competitività economica tedesca, che tradizionalmente rappresentava il motore dell’economia europea. Se la Germania non riuscirà a invertire la rotta con una riforma strutturale, sia Francia che Germania rischiano di trascinare l’intera Europa verso un declino economico e politico.
Il futuro dell’euro: declino o scissione?
La prospettiva di una crisi dell’euro è tutt’altro che remota. Se la Germania tornasse a essere competitiva, il divario economico tra Francia e Germania potrebbe crescere, rendendo il sistema insostenibile. Al contrario, un’inerzia politica tedesca potrebbe portare entrambe le nazioni a un declino comune. In entrambi i casi, la stabilità dell’euro è a rischio.
In uno scenario estremo, una scissione del nucleo centrale dell’eurozona non sarebbe più impensabile. Gli speculatori potrebbero preferire vendere l’euro piuttosto che i titoli di stato francesi, minando ulteriormente la fiducia nella moneta unica.
Il prezzo dell’euro, ottenuto come compromesso politico tra Francia e Germania, ha trasformato profondamente l’Europa, ma non senza conseguenze. Oggi, l’equilibrio economico e politico dell’Eurozona è più fragile che mai. Senza una strategia chiara per il rilancio economico, l’Europa rischia di perdere il suo ruolo nel panorama globale, con l’euro che potrebbe diventare il simbolo di un’occasione mancata.
Nel 1992, crisi valutarie e attacchi speculativi destabilizzarono il Sistema Monetario Europeo: la Lira italiana fu svalutata e la sterlina britannica fu costretta a uscirne. Il Franco francese riuscì a resistere solo grazie a una linea di credito concessa dalla Bundesbank alla Banca di Francia. Nonostante le difficoltà, l’euro fu finalmente introdotto nel 1999 e godette di un’infanzia stabile, ma la sua adolescenza fu segnata dalla crisi dell’euro tra il 2010 e il 2012.
In quel periodo, fu l’intervento decisivo di Mario Draghi, allora presidente della Bce, a salvare la moneta unica con la storica promessa di fare “tutto il necessario” per preservarla. La crisi rivelò anche l’importanza dell’appartenenza dell’Italia all’unione monetaria, un obiettivo che la Francia aveva strenuamente perseguito contro la volontà della Bundesbank.
Il dominio Francese sulla Politica Monetaria Europea
Con il passare degli anni, la Francia consolidò il suo controllo sulla politica monetaria europea. Il Patto di Stabilità, voluto dalla Germania per contenere i deficit di bilancio, fu aggirato dalla Francia senza gravi conseguenze. Come disse l’allora presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, “Perché è la Francia”. Questo atteggiamento segnò l’affermazione del dominio fiscale francese sull’unione monetaria.
Ma questo trionfo si è rivelato una vittoria di Pirro. Con il tempo, le condizioni economiche e politiche europee sono mutate radicalmente, e l’eccessivo statalismo della burocrazia Ue è diventato un boomerang per la crescita economica. La Francia si è ritrovata a fronteggiare difficoltà interne, mentre la sua forza militare e politica perdeva rilevanza sulla scena mondiale.
Le conseguenze economiche: un equilibrio fragile
L’euro, un tempo simbolo di stabilità e progresso, si è trasformato in una moneta che riflette le debolezze strutturali di Francia e Italia. La Bce, con politiche sempre più accomodanti, si è fatta carico di sostenere i debiti statali, rendendo la Francia meno preoccupata del proprio debito pubblico.
Il vero problema risiede nella Germania. Le politiche verdi e socialdemocratiche sotto i governi di Angela Merkel e Olaf Scholz hanno compromesso la competitività economica tedesca, che tradizionalmente rappresentava il motore dell’economia europea. Se la Germania non riuscirà a invertire la rotta con una riforma strutturale, sia Francia che Germania rischiano di trascinare l’intera Europa verso un declino economico e politico.
Il futuro dell’euro: declino o scissione?
La prospettiva di una crisi dell’euro è tutt’altro che remota. Se la Germania tornasse a essere competitiva, il divario economico tra Francia e Germania potrebbe crescere, rendendo il sistema insostenibile. Al contrario, un’inerzia politica tedesca potrebbe portare entrambe le nazioni a un declino comune. In entrambi i casi, la stabilità dell’euro è a rischio.
In uno scenario estremo, una scissione del nucleo centrale dell’eurozona non sarebbe più impensabile. Gli speculatori potrebbero preferire vendere l’euro piuttosto che i titoli di stato francesi, minando ulteriormente la fiducia nella moneta unica.
Il prezzo dell’euro, ottenuto come compromesso politico tra Francia e Germania, ha trasformato profondamente l’Europa, ma non senza conseguenze. Oggi, l’equilibrio economico e politico dell’Eurozona è più fragile che mai. Senza una strategia chiara per il rilancio economico, l’Europa rischia di perdere il suo ruolo nel panorama globale, con l’euro che potrebbe diventare il simbolo di un’occasione mancata.
Thomas Mayer per Die Welt. Traduzione italiana a cura di Voci dalla Germania
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