Anno IX - Numero 31
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Soren Kierkegaard

giovedì 7 novembre 2024

La Georgia nel limbo post elettorale

Dopo le elezioni politiche dello scorso 26 ottobre, segnate dalla contestata vittoria del Sogno georgiano, la Georgia si ritrova in un vero e proprio limbo internazionale, con molti degli attori regionali restii a riconoscere i risultati ufficiali del voto

di Marilisa Lorusso

Non ci sono certo i presupposti perché la nuova legislatura prenda forma in Georgia, dopo le elezioni politiche dello scorso 26 ottobre. L’opposizione ha aperto la settimana chiamando a raccolta la popolazione a riprendersi i propri diritti politici, dopo le reiterate accuse di brogli elettorali da parte del Sogno georgiano al governo.

Non solo l’opposizione boicotterà il parlamento, ma Nika Melia – presidente del Movimento Nazionale Unito - ha esortato a impedire che venga inaugurata la prima sessione. Una manifestazione tenuta il 4 novembre dovrebbe aprire una nuova mobilitazione della piazza. Questo vischioso limbo non riguarda però solo il quadro interno.
A una decina di giorni dal voto, la Georgia si trova nell’angolo sulla scena internazionale. Stati Uniti ed Unione Europea non hanno apertamente disconosciuto le elezioni, ma dopo un’estrema cautela iniziale, si comincia a sottolineare che le elezioni non sono state riconosciute come libere e corrette. È molto difficile immaginare un futuro riconoscimento senza ombre, necessario per una collaborazione proficua.

Ma l’isolamento georgiano si spinge ben oltre i confini degli ex alleati, di quell’Occidente a cui la costituzione georgiana guardava, con l’impegno di divenirne parte, prima che l’ultimo mandato del Sogno georgiano mettesse fine a un processo integrativo che aveva richiesto due decadi di impegno e dialogo.

Finora, ma forse a una decina di giorni dal voto si può dire ormai, solo un pugno di paesi si sono apertamente dichiarati disposti a lavorare con il governo che è uscito dalle urne, ed è un elenco che si fa notare per le sue assenze.

A livello regionale: i presenti…
Si sono pragmaticamente schierate sulla legittimità del voto Armenia e Azerbaijan, anche se per motivi differenti. L’Armenia dipende molto dal transito del proprio import ed export dal territorio georgiano, ed è uno dei pochi paesi con cui ha buoni rapporti nella regione, nonché i confini aperti, per cui Yerevan sicuramente non ha ritenuto opportuno seguire le indicazioni di alcuni suoi osservatori del voto, che hanno segnalato notevoli irregolarità .

Vice versa la missione di monitoraggio elettorale azera è stata anche oggetto di meme: proprio mentre un suo parlamentare e osservatore sosteneva che le elezioni si stavano svolgendo nella piena regolarità, una votante sullo sfondo stava fotografando il voto , che è illegale.

Baku si è subito complimentata con il Sogno, e Aliyev ha applaudito la scelta di proteggere i valori tradizionali. Ha quindi invitato il Primo ministro uscente , nonché prima linea della campagna elettorale, Irakli Kobakhidze a recarsi presto in Azerbaijan in visita diplomatica.

La continuità di potere piace a Baku, che ha costruito un rapporto bilaterale con Tbilisi fatto anche di qualche dossier grigio, come il rimpatrio o rapimento in territorio georgiano di giornalisti non graditi a Baku. Il permanere del Sogno al governo si inserisce poi bene nel rapporto di alleanza strategica firmato con la Russia nel 2022.

Compiaciuto dei risultati elettorali è il Cremlino che però non può certo mandare complimenti diretti, mentre questi sono arrivati dalla Turchia .

…e l’assente
A livello regionale si fa notare un notevole assente: l’Iran. Ai funerali di Ebrahim Raisi, il presidente iraniano morto in un incidente nel maggio 2024, per la Georgia aveva partecipato il Primo ministro Kobakhidze, e non erano numerosi i paesi ad aver partecipato con il massimo rappresentante politico.

Di nuovo, Kobakhidze aveva partecipato all’inaugurazione di mandato del nuovo presidente Masoud Pezeshkian, con il quale aveva in quell’occasione avuto anche un bilaterale. All’elezione di Pezeshkian, le congratulazioni erano arrivate anche dalla Presidente Salomè Zourabishvili , cosa che adesso chiaramente l’Iran non può reciprocare, visto che la Presidente ritiene le elezioni illegittime. Ma è difficile che sia solo questo quello che ha trattenuto Teheran.

Fra i paesi che sono o si affacciano sul Caucaso l’Iran è quello più conservatore dello status quo. Mentre Russia, Turchia e Azerbaijan paiono molto propensi agli azzardi, anche sulla ridefinizione di confini, Teheran appare ancorata a una dimensione regionale in cui le territorialità e le influenze non devono essere alterate.

A Teheran insomma può non piacere questo affondo russo nel Caucaso, verso la Georgia, come osteggia l’affondo turco-azero verso l’Armenia. E pare non essere l’unico paese che sta seguendo con un certo fastidio la situazione georgiana, anche fuori dall’immediata regione.

E gli altri...
Si è felicitato del voto il segretario della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) Sergej Lebedev che ha rinnovato tutto il suo entusiasmo per le dichiarazioni e le politiche del Sogno Georgiano e ha aggiunto: «La cooperazione con i vicini della regione del Caucaso meridionale e del nord, in primo luogo con la Federazione Russa, risponde agli interessi del popolo georgiano. […] Sono d'accordo con le osservazioni del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, il quale ha affermato di essere fiducioso che tutto tornerà presto alla normalità, con il ritorno della Georgia, dell’Ucraina e della Moldova alla partecipazione al Csi».

Peccato che di questi tre paesi, nessuno si sia congratulato con il Sogno georgiano. Moldova e Ucraina hanno anzi chiaramente sposato la linea della presidente Zourabishvili.

Sarebbero invece state largamente prevedibili le congratulazioni di Lukashenko, che invece ha fatto orecchie da mercante: alla seconda Conferenza internazionale di Minsk sulla sicurezza eurasiatica il 31 ottobre, il presidente bielorusso non ha fatto alcun accenno all’esito elettorale, per poi proporre esternazioni sulle leggi sugli agenti stranieri e la propaganda omosessuale .

«Durante l’incontro con gli stati confinanti della Georgia all’ultimo vertice Brics, eravamo davvero preoccupati per i georgiani. […] volevano imporre una sorta di ideologia Lgbt ai georgiani. I georgiani, che erano i ragazzi più cool, veri uomini, nell’Unione Sovietica. E stanno imponendo loro una sorta di agenda LGBT. Ma i georgiani non lo accettano: sono abituati a guardare le donne per tutta la vita, a partire dalla prima infanzia. Ma no, dicono loro, diventate Lgbt! Lgbt nel Caucaso!».

Insomma, appoggio al Sogno, ma il giochetto di non complimentarsi lo ha fatto. Se uno degli scenari delle elezioni georgiane poteva essere la bielorussificazione del paese, pare che per il momento il processo sia in corso senza nemmeno il plauso della Bielorussia.

E il silenzio si estende a tutti gli altri Csi. E internazionalmente, a parte Cina, Venezuela e Ungheria, tutti tacciono. Eccetto appunto chi solleva remore sulla legittimità delle elezioni.

Marilisa Lorusso peer Osservatorio Balcani Caucaso

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